Rapporto principale del Gruppo della Banca Mondiale RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE CAMBIAMENTI NEL MONDO DEL LAVORO GRUPPO DELLA BANCA MONDIALE 2019 RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE CAMBIAMENTI NEL MONDO DEL LAVORO Rapporto principale del Gruppo della Banca Mondiale 2019 RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE CAMBIAMENTI NEL MONDO DEL LAVORO GRUPPO DELLA BANCA MONDIALE © 2019 Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo / La Banca Mondiale 1818 H Street NW, Washington, DC 20433 Telefono: 202-473-1000; Internet: www.worldbank.org Alcuni diritti riservati 1 2 3 4 21 20 19 18 Il presente rapporto è stato realizzato dallo staff della Banca Mondiale con l’ausilio di contributi esterni. Le risultanze, le interpretazioni e le conclusioni espresse in questo documento non riflettono necessariamente le opinioni della Banca Mondiale, del suo Consiglio di Amministrazione né dei paesi rappresentati dai Direttori Esecutivi. 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Rapporto sullo sviluppo mondiale 2019: Cambiamenti nel mondo del lavoro. Washington, DC: Banca Mondiale. Licenza: Creative Commons CC BY 3.0 IGO. Traduzioni—Nel caso si proceda con la traduzione del presente documento, la citazione della fonte dovrà essere accompagnata dalla seguente dichiarazione di non responsabilità: La presente traduzione non è stata creata dalla Banca Mondiale e non può essere considerata una traduzione ufficiale. La Banca Mondiale non sarà ritenuta, pertanto, responsabile del contenuto né di eventuali errori della traduzione. Adattamenti—Nel caso si proceda con un adattamento del presente documento, la citazione della fonte dovrà essere accompagnata dalla seguente dichiarazione di non responsabilità: Questo è un adattamento del documento originale della Banca Mondiale. Opinioni e considerazioni espresse nel presente adattamento ricadono nella responsabilità dell’autore o degli autori dell’adattamento e non sono approvate dalla Banca Mondiale. 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Opera in copertina: Diego Rivera, La realizzazione di un affresco che mostra la costruzione di una città, 1931, affresco, 271 per 357 pollici, commissionato da William Gerstle. Copyright sull’immagine © San Francisco Art Institute. Utilizzo autorizzato; in caso di ri-utlizzo è necessaria un’ulteriore autorizzazione. Design di copertina: Weight Creative, Vancouver, British Columbia, Canada. Interior design: Debra Naylor, Naylor Design, Inc., Washington, DC. Indice Prefazione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . vii Premesse . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 La trasformazione del mondo del lavoro su scala globale. . . . . . . . . . . . . . . . 6 Cosa possono fare i governi? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10 Suddivisione dello studio. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12 1. La trasformazione del lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 La tecnologia crea posti di lavoro. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20 Come cambia il lavoro. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 Un modello semplice di evoluzione del lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28 2. La natura mutevole delle imprese . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35 Le aziende superstar. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37 Mercati competitivi. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41 Elusione fiscale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42 3. Creare il capitale umano. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49 L’importanza della partecipazione dello Stato. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52 L’utilità delle misurazioni. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54 Il progetto sul capitale umano. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56 4. Formazione continua e permanente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69 L’apprendimento nella prima infanzia. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73 Istruzione terziaria. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77 Formazione degli adulti al di fuori del lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81 5. I ritorni economici del lavoro. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91 L’economia informale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 94 Donne lavoratrici. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96 Il lavoro nel settore agricolo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99 6. Consolidare la protezione sociale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 105 Assistenza sociale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 107 Previdenza sociale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113 Regolamentazione del lavoro. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115 7. Idee di inclusione sociale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 123 Un “New Deal” mondiale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 125 Riformulazione del contratto sociale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 127 Finanziare l’inclusione sociale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 130 v Prefazione In un’epoca in cui l’economia globale sta crescendo e il tasso di povertà tocca il suo minimo storico, sarebbe stato troppo riduttivo ritenersi soddisfatti e sottovalutare le sfide che incombono. Una delle più cruciali è il futuro del lavoro, l’argomento cardine del Rapporto sullo sviluppo mondiale del 2019. “Le macchine si sostituiranno all’uomo nel lavoro”, un presagio che incute timore da centinaia di anni, sin dagli inizi del XVIII secolo, da quando l’industrializzazione ha aumentato la produttività e suscitato nei lavoratori la paura di perdere il proprio posto di lavoro. Innovazione e progresso tec- nologico hanno causato turbamento, ma al contempo hanno generato più prosperità di quanto non ne abbiano compromessa. Eppure oggi, mentre il ritmo dell’innovazione continua ad accelerare e la tecnologia influenza ogni aspetto delle nostre vite, dilaga una nuova sensazione di incertezza Sappiamo bene che sia nelle economie avanzate sia nei paesi in via di sviluppo, i robot stanno sostituendo l’uomo in migliaia di lavori di routine e che presto le occupazioni che implicano bassi livelli di competenze scompa- riranno. Tuttavia al contempo, la tecnologia sta creando nuove opportunità, aprendo la strada a nuove e diverse professioni, aumentando la produttività e migliorando l’efficienza dei servizi pubblici. Per affrontare la sfida che il futuro del mondo del lavoro ci pone, è essenziale sapere che la maggior parte dei bambini, che oggi frequenta la scuola primaria, svolgerà un lavoro in età adulta che attualmente non esiste. Per questo motivo, il presente rapporto mette in luce l’importanza del capitale umano per far fronte a una sfida, che per definizione, non accetta soluzioni semplicistiche e prescrittive. Molti lavori oggi e molti altri nel pros- simo futuro, richiederanno competenze specifiche che combinano abilità tecnologiche, capacità di risoluzione dei problemi e pensiero critico, con competenze trasversali quali la perseveranza, la collaborazione e l’empa- tia. I tempi in cui si faceva lo stesso lavoro per la medesima azienda per anni saranno presto solo un ricordo. Nella gig economy, i lavoratori, pro- babilmente, svolgeranno molte mansioni diverse durante tutto l’arco della carriera, il che implica un costante e duraturo processo di apprendimento continuo. Il ritmo dell’innovazione continuerà ad accelerare, ma i paesi in via di sviluppo dovranno agire in fretta per poter competere nell’economia del futuro. Dovranno investire nelle persone con interventi tempestivi e radicali soprattutto nell’ambito della sanità e dell’istruzione, i due pilastri del capi- tale umano, senza i quali non sarà possibile trarre beneficio dalla tecnologia e mitigare i suoi effetti nefasti. Tuttavia, all’ora attuale, sono ancora troppi i paesi che non scelgono di attuare tali politiche di investimento. Il progetto sul “Capitale Umano” della Banca Mondiale mira a invertire tale tendenza. Nello studio si presenta il nuovo Indice del Capitale Umano, uno strumento di misurazione delle eventuali conseguenze derivanti dai mancati investimenti in capitale umano, in termini di perdita di produttività vii viii | Prefazione della prossima generazione di lavoratori. Nei paesi con i più bassi tassi di investimento in capitale umano, si calcola infatti che la forza lavoro del futuro avrà una produttività di un terzo o di un quinto rispetto a quanto potrebbe avere se la popolazione godesse di buona salute e avesse ricevuto una istruzione di elevata qualità. Per adeguarsi ai cambiamenti nel mondo del lavoro, il contratto sociale deve essere riformulato, adottando nuove strategie per investire nelle per- sone e tutelarle, a dispetto del loro status occupazionale. Eppure nei paesi in via di sviluppo, 4 persone su 5 non sanno cosa significhi avere una prote- zione sociale. Con 2 miliardi di lavoratori nel settore informale, privi di una retribuzione stabile, senza assistenza sociale e senza i benefici dell’istruzione, i nuovi orizzonti lavorativi pesano su un dilemma che precede le più recenti innovazioni. Il presente Rapporto esorta i governi a prendersi cura dei propri popoli e auspica un livello minimo garantito e universale di protezione sociale, che può essere raggiunto con un adeguato processo di riforme, mettendo fine a sussidi infruttuosi, migliorando la normativa del mercato del lavoro e aggior- nando, a livello globale, le politiche tributarie. Investire in capitale umano non richiede l’intervento soltanto dei ministri della sanità e dell’istruzione, ma dovrebbe essere una priorità dei capi di stato e dei ministri dell’economia e delle finanze. Il Progetto sul Capitale Umano evidenzierà tali necessità ai poteri politici decisionali e l’indice non potrà essere ignorato. Il Rapporto sullo Sviluppo Mondiale del 2019 è unico nella sua trasparenza. Per la prima volta dalla sua prima pubblicazione nel 1978, durante tutto il processo di stesura, la Banca Mondiale ha settimanalmente pubblicato on line una versione preliminare e aggiornata. Per oltre sette mesi, abbiamo ricevuto migliaia di commenti e idee di professionisti dello sviluppo, funzio- nari governativi, accademici e lettori da ogni parte del mondo. Mi auguro che molti di voi lo abbiano già letto, ma dopo oltre 400.000 download, sono lieto di presentare la versione finale del Rapporto sullo Sviluppo Mondiale del 2019. Jim Yong Kim Presidente Gruppo della Banca Mondiale Premesse L ’evoluzione tecnologica da sempre seduce e spaventa l’uomo. Nel XIX secolo, Karl Marx affermava che la “macchina non agisce soltanto come concorrente strapotente, sempre pronto a rendere «superfluo» l’operaio salariato. È l’arma più potente per reprimere gli scioperi.”1 Nel 1930 John Maynard Keynes parlava di “disoccupazione tecnologica”.2 Eppure l’innovazione ha migliorato le condizioni di benessere dell’uomo; l’aspettativa di vita è aumentata, così come l’accesso all’assistenza sanitaria e all’istruzione e in molte aree del mondo, si registrano livelli di reddito più elevati. Secondo un recente sondaggio di Eurobarometro, tre quarti dei cittadini dell'Unione europea, la superpotenza mondiale in fatto di stile di vita, ritengono che l’attività lavorativa benefici della tecnologia. Due terzi degli intervistati affermano che la tecnologia rappresenterà un’opportunità per la società e migliorerà ulteriormente la qualità della vita (figura O.1). Nonostante questo ottimismo, permangono le preoccupazioni per il futuro. Nelle economie avanzate, si temono le eventuali conseguenze che la tecnologia potrà avere sull’occupazione, in particolar modo si paventa un peggioramento nelle condizioni di lavoro, inasprite dall’ascesa della gig economy (in cui le aziende si servono di lavoratori autonomi per attività temporanee o incarichi a breve termine) e da una percezione di crescente disuguaglianza. Questo allarmismo appare, tuttavia, ingiustificato. Seppur in alcune economie avanzate e paesi a medio reddito, l’avvento dei robot stia causando la perdita di posti di lavoro nel settore manifatturiero, e le professioni che si basano su mansioni di routine facilmente “codificabili” siano più soggette all’automazione, la tecnologia offre opportunità per creare nuovi posti di lavoro, aumentare la produttività e fornire servizi pubblici più efficienti. Attraverso l'innovazione, la tecnologia genera nuovi settori, lavori e aree di competenza. FIGURA O.1 Gli intervistati ritengono che la tecnologia stia migliorando l'economia, la società e la qualità della vita in Europa L’impatto delle più recenti tecnologie digitali su: economia 23 52 10 3 12 società 15 49 20 5 11 qualità della vita 17 50 14 4 15 0 20 40 60 80 100 % degli intervistati Impatto molto positivo Impatto abbastanza positivo Impatto abbastanza negativo Impatto molto negativo Dipende/non so Fonte: team World Development Report (WDR) 2019, sulla base di Eurobarometro Speciale n. 460, “Attitudini verso l’impatto della digitalizzazione e automazione sulla vita quotidiana,” Domanda 1, Commissione Europea, 2017. 2 Premesse | 3 FIGURA O.2 I recenti progressi tecnologici accelerano la crescita delle imprese 9 milioni di commercianti online in 220 paesi 800 9 milioni 700 600 Crescita (US$, miliardi) 4263 negozi in 500 15 paesi 11,718 11.718 negozi Walmart diventa globale 400 4,263 in 28 paesi Primo negozio IKEA La versione 300 internazionale fuori dalla Scandinavia di Taobao.com 200 415 negozi in 49 paesi 100 415 0 1943 …. 1962 …. 1973 …. 1991 2003 2010 2017 Fatturato annuo di Walmart Volume lordo annuo di prodotti di Alibaba (Taobao.com) Fatturato annuo di Ikea Fonte: team WDR 2019, sulla base dei rapporti annuali di Walmart; Statista.com; IKEA.com; NetEase.com. I vantaggi dell’attuale progresso tecnologico sono già evidenti; ad esempio grazie alle tecnologie digitali, le aziende possono espandere rapidamente le proprie attività, ben oltre i confini territoriali, rivoluzionando così i tradizionali assetti produttivi. Nuovi modelli imprenditoriali, quali le piattaforme digitali, si trasformano rapidamente da start-up locali a colossi globali, avvalendosi spesso di pochi dipendenti e capitale (figura 0.2). Le imprese digitali, proprio per la loro natura virtuale, pongono tuttavia nuove sfide per i governi in termini di privacy, concorrenza e tassazione. L’ascesa dei mercati delle piattaforme consente agli effetti della tecnologia di raggiungere più rapidamente sempre più persone rispetto al passato. Per scambiare beni e servizi su piattaforme online, lavoratori e imprese necessitano principalmente di una connessione internet a banda larga. Questa “scala senza massa” offre opportunità economiche a milioni di persone che non vivono in paesi industrializzati né in aree industriali.3 Tra gli effetti della tecnologia, c’è anche una maggiore domanda di competenze cognitive, che attraverso i nuovi mercati delle piattaforme digitali raggiunge un numero maggiore di lavoratori. Per sfruttare le opportunità economiche offerte dalla digitalizzazione, è prioritario investire in capitale umano. Tre sono le competenze più richieste dai mercati del lavoro: competenze cognitive avanzate come la risoluzione di problemi, competenze socio-comportamentali come il lavoro di squadra, e una combinazione di competenze, quali il ragionamento logico e l’autoefficacia, che rendono il lavoratore versatile. Il potenziamento di questi requisiti necessita di un capitale umano con solide basi e di un processo di apprendimento continuo (lifelong learning). Pertanto, lo sviluppo del capitale umano, in particolar modo nella prima infanzia (da 0 a 5 anni), è un elemento strategico indispensabile. Tuttavia molti governi, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, non danno priorità alla formazione nella prima infanzia, e i risultati dell'istruzione 4 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 sono subottimali. Il nuovo indice del capitale umano della Banca Mondiale (Human Capital Index), presentato per la prima volta nel presente studio, mette in evidenza il rapporto tra gli investimenti in sanità e istruzione e la produttività dei futuri lavoratori. Il passaggio, ad esempio, dal 25° al 75° percentile dell'indice, genera in 50 anni un’ulteriore crescita annua pari all’1.4%. Per cogliere i benefici del cambiamento tecnologico, si rivela fondamentale creare nuove opportunità occupazionali. In molti paesi in via di sviluppo, la maggior parte dei lavoratori rimane relegata in lavori a bassa produttività, spesso nel settore informale con scarso accesso alla tecnologia. La carenza di opportunità lavorative nel settore privato lascia ai giovani di talento pochi sbocchi verso i lavori formali. Attualmente, i laureati altamente specializzati costituiscono quasi il 30% del bacino di disoccupazione in Medio Oriente e Nord Africa. Migliori opportunità di formazione (rivolte agli adulti) consentono a coloro che hanno abbandonato la scuola di riqualificarsi sulla base dei nuovi requisiti del mercato del lavoro. È, inoltre, necessario investire nelle infrastrutture. Nei paesi in via di sviluppo, ad esempio, sono essenziali quegli investimenti che consentano l’accesso a Internet a tutti coloro che ne sono ancora privi. Altrettanto importanti sono gli investimenti in infrastrutture stradali, portuali e municipali a cui imprese, governi e singoli si affidano per beneficiare al meglio delle tecnologie. Tuttavia, senza un’adeguata protezione sociale è difficile adeguarsi ai cambiamenti del mercato del lavoro, generati dal progresso tecnologico. Nei paesi in via di sviluppo, 8 persone su 10 non ricevono assistenza sociale e 6 su 10 lavorano in modo informale senza previdenza sociale. Persino nelle economie avanzate, il modello previdenziale basato sulle retribuzioni è messo a rischio a causa dei nuovi accordi di lavoro diversi dai tradizionali contratti. Quindi, quali alternative esistono in termini di protezione sociale? Un’opzione è garantire un minimo sociale in grado di fornire supporto indipendentemente dalla tipologia di lavoro, tale modalità, che prevedrebbe una forma di previdenza sociale obbligatoria e volontaria, potrebbe far sì che tutti i lavoratori ne usufruiscano. La protezione sociale può essere consolidata, espandendo la copertura generale e dando priorità a chi ne ha più bisogno. L’offerta pubblica di servizi e personale sanitario di comunità è già un passo nella giusta direzione. Il reddito di base universale rappresenta un’ulteriore possibilità, ma non è ancora stato testato e appare proibitivo per i bilanci delle economie emergenti. Il potenziamento dei sistemi di assistenza sociale e previdenziale ridurrebbe l'onere della gestione del rischio in materia di regolamentazione del lavoro. Laddove la popolazione avesse accesso a tali sistemi, la regolamentazione del lavoro, quando possibile, potrebbe essere resa più flessibile per agevolare la mobilità da un lavoro all’altro. Le società, per poter beneficiare del potenziale offerto dalla tecnologia, necessitano di un nuovo contratto sociale incentrato su maggiori Premesse | 5 FIGURA O.3 Rispondere alla natura mutevole del lavoro E etti della Evoluzione delle Nuovi modelli tecnologia competenze di business Strategia di politica pubblica: gestire la traiettoria e gli e etti del cambiamento Strategia politica Investire in Ra orzare la capitale umano protezione sociale Mobilizzare le risorse Inclusione Erogazione dei servizi e cace, regolamentazione fiscale equa, dar voce ai bisogni sociale Obiettivo Persone preparate, mercati competitivi, nuovo contratto sociale Fonte: team WDR 2019. investimenti in capitale umano e una protezione sociale progressivamente universale (figura O.3). Tuttavia, l’inclusione sociale richiede adeguate finanze pubbliche (spazio fiscale), e molti paesi in via di sviluppo non hanno le risorse sufficienti a causa di basi imponibili incongrue, settori informali estesi e amministrazioni inefficienti. Tuttavia, non mancano le possibilità di miglioramento, ad esempio, mediante la riscossione delle imposte sugli immobili nei comuni urbani o mediante l'introduzione di accise sullo zucchero o sul tabacco; nella fattispecie queste ultime comporterebbero anche benefici diretti sulla salute. Tra le altre possibili fonti di finanziamento, si annoverano l’applicazione di imposte indirette, la riforma delle sovvenzioni (sussidi) e la riduzione dell'elusione fiscale da parte delle multinazionali, in particolare, delle nuove piattaforme digitali. Gli attuali sistemi tributari offrono, infatti, alle società multinazionali opportunità di erosione della base imponibile e di trasferimento degli utili— ovvero, alcune aziende attribuiscono i maggiori profitti a consociate situate in paesi a tassazione bassa o nulla, indipendentemente dal volume d’affari, a volte ridotto, prodotto in quegli stessi paesi. Secondo alcune stime, in media il 60% del reddito totale delle multinazionali viene dichiarato in giurisdizioni con un’aliquota fiscale effettiva inferiore al 5%.4 Le economie emergenti si trovano nel bel mezzo di una rivoluzione tecnologica che sta cambiando la natura del lavoro. A prescindere dai 6 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 risvolti futuri, investire in capitale umano rimane una scelta vincente perché preparerà le future generazioni alle sfide del domani. La trasformazione dell’attuale mondo del lavoro su scala globale Il dibattito sul futuro del lavoro è più acceso che mai ed è incentrato su alcuni “fatti stilizzati”. Tuttavia, nel contesto delle economie emergenti solo alcuni elementi hanno una reale valenza. Innanzitutto, la tecnologia trasforma il modo di fare impresa e di organizzare i processi produttivi, come appare evidente dall’ascesa delle piattaforme digitali. Grazie all’impiego delle tecnologie digitali, gli imprenditori stanno creando aziende globali che operano su piattaforme digitali e che si avvalgono di processi produttivi diversi dai tradizionali, in cui gli input e gli output entrano ed escono ai due estremi della catena. Le aziende digitali generano valore creando un effetto di rete che collega clienti, produttori e fornitori, facilitando al contempo interazioni in un modello multi-faccia su scala globale. Rispetto alle aziende tradizionali, le piattaforme digitali si sviluppano più velocemente e a costi inferiori. IKEA, la società svedese fondata nel 1943, ha atteso quasi 30 anni prima di intraprendere la sua espansione in Europa. Dopo oltre sette decenni, ha raggiunto un fatturato globale annuo pari a 42 miliardi di dollari. Grazie alla tecnologia digitale, il conglomerato cinese Alibaba è stato in grado di raggiungere 1 milione di utenti in due anni e annoverare più di 9 milioni di commercianti online, raggiungendo un fatturato annuo di 700 miliardi di dollari in 15 anni. Nel frattempo, le piattaforme digitali sono in aumento in ogni paese, ad esempio Flipkart in India e Jumia in Nigeria. A livello globale, tuttavia, i mercati virtuali integrati stanno ponendo nuove sfide politiche in materia di privacy, concorrenza e tassazione. In secondo luogo, la tecnologia sta rimodellando le competenze richieste dal mondo del lavoro. Se da un lato la domanda di competenze meno avanzate, ossia che possono essere sostituite dall’automazione è in calo, dall’altro aumenta la richiesta di competenze cognitive avanzate, capacità socio-comportamentali e combinazioni di competenze associate a una maggiore versatilità. Già evidente nelle economie avanzate, questo modello comincia a emergere anche in alcuni paesi in via di sviluppo. In Bolivia, dal 2000 al 2014 Il tasso di occupazione nelle professioni altamente qualificate è aumentato di 8 punti percentuali. In Etiopia, l’aumento è stato addirittura di 13 punti percentuali. Questi cambiamenti si palesano non solo nella nascita di nuovi lavori che sostituiscono i precedenti, ma anche nelle nuove competenze richieste dal mondo del lavoro. In terzo luogo, l'idea che i robot sostituiscano i lavoratori suscita grande pessimismo. Tuttavia, come ci ha ripetutamente insegnato la storia, gli allarmismi per i rischi derivanti da un’eccessiva automazione, risultano infondati. I dati relativi al lavoro nel settore industriale, a livello mondiale, smentiscono questi timori. Le economie avanzate hanno perso posti di Premesse | 7 FIGURA O.4 I posti di lavoro industriali diminuiscono in Occidente e aumentano in Oriente, ma la forza lavoro è aumentata in tutto il mondo a. Occupazione industriale b. Forza lavoro totale Occupazione industriale (% dell’occupazione totale) 4.000 30 Forza lavoro totale (in milioni) 3.000 20 2.000 1.000 10 0 09 05 09 05 01 01 13 93 17 97 13 93 17 97 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20 19 19 19 19 Globale A medio reddito Ad alto reddito Asia orientale in crescita A basso reddito Fonte: team WDR 2019, sulla base degli Indicatori di sviluppo mondiale della Banca Mondiale (base dati). Nota: “L’Asia orientale in crescita” comprende Cambogia, Indonesia, Repubblica Democratica Popolare del Laos, Mongolia, Myanmar, Filippine, Tailandia e Vietnam. lavoro nell'industria, ma l'aumento del settore industriale in Asia orientale ha più che compensato tale perdita (figura O.4). Negli ultimi due decenni, il declino dell'occupazione industriale in molte economie ad alto reddito è un trend ampiamente studiato. Il Portogallo, Singapore, e la Spagna sono tra i paesi in cui a partire dal 1991 la quota di occupazione industriale è diminuita del 10% o più. Questo cambiamento riflette uno spostamento dell'occupazione dal settore manifatturiero ai servizi. Per contro, la quota di occupazione industriale, principalmente manifatturiera, è rimasta stabile nel resto del mondo. Nei paesi a basso reddito, dal 1991 al 2017, la proporzione di forza lavoro totale occupata nell'industria si attestava costantemente al 10% circa. La situazione era stabile anche nei paesi a reddito medio-alto, attestandosi attorno al 23%. Nello stesso periodo, i paesi a reddito medio-basso hanno registrato un aumento della proporzione della forza lavoro occupata nel settore industriale, passando dal 16% nel 1991 al 19% nel 2017. Questo aumento potrebbe essere ascrivibile all'interazione tra commercio aperto e redditi crescenti, che genera più domanda di beni, servizi e tecnologia. In alcuni paesi in via di sviluppo, la quota di occupazione industriale sta aumentando. Ad esempio, in Vietnam è salita dal 9% nel 1991 al 25% nel 2017. Nella Repubblica Democratica Popolare del Laos, nello stesso periodo, la percentuale di occupazione industriale è passata dal 3% al 10%. Questi paesi hanno migliorato il proprio capitale umano, favorendo l’ingresso sul mercato del lavoro di giovani altamente qualificati, i quali, con l’ausilio delle nuove tecnologie, hanno contribuito a potenziare la produzione manifatturiera. Ne 8 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 consegue che, l'occupazione industriale in Asia orientale continua a crescere, mentre in altre economie in via di sviluppo rimane stabile. La domanda di prodotti industriali e conseguentemente la domanda di manodopera nel settore industriale sono in aumento grazie a due fattori. Da un lato, i minori costi di connettività generano un aumento delle esportazioni ad alta intensità di capitale dalle economie avanzate e un incremento delle esportazioni ad alta intensità di manodopera dalle economie emergenti. Dall'altro, i redditi in crescita stanno aumentando il consumo di prodotti esistenti e la domanda di nuovi. In quarto luogo, in molti paesi in via di sviluppo, un gran numero di lavoratori rimane relegato in posti di lavoro a bassa produttività, spesso in imprese del settore informale con scarso accesso alla tecnologia. Nonostante i miglioramenti nel contesto normativo aziendale, negli ultimi due decenni, il livello di informalità è rimasto elevato (figura O.5). In effetti, in alcune economie emergenti, la percentuale di lavoratori informali raggiunge il 90%. Nel complesso, in queste economie circa due terzi della forza lavoro è informale. L'informalità è rimasta notevolmente stabile, nonostante la crescita economica e la natura mutevole del lavoro. Ad esempio, in Perù, malgrado la grande attenzione sull’argomento, negli ultimi 30 anni, l'informalità è rimasta costante al 75% circa. Nell'Africa sub-sahariana, dal 2000 al 2016, l'informalità è rimasta, in media, attorno al 75% dell'occupazione totale. In Asia meridionale, è passata da una media del 50% negli anni 2000 al 60% nel periodo 2010-2016. La questione dell’informalità e l’assenza di protezione sociale per i lavoratori continuano a rappresentare, per le economie emergenti, delle sfide ancora da affrontare. In quinto luogo, in molti paesi la tecnologia, in particolare i social media, influisce sulla percezione della crescente disuguaglianza. Da sempre, l’uomo ambisce a una migliore qualità della vita e desidera essere parte integrante della crescita economica che lo circonda. I social media e altri mezzi di comunicazione digitale, che veicolano una maggiore esposizione verso diversi stili di vita e opportunità divergenti, non fanno che accentuare questo sentimento. Laddove le ambizioni incontrano le opportunità, le condizioni per uno sviluppo economico inclusivo e sostenibile possono dirsi ottimali. Ma in caso di disuguaglianza di opportunità o discrepanza tra posti di lavoro disponibili e competenze, la frustrazione può condurre alla migrazione o alla frammentazione della società. Le crisi dei rifugiati in Europa, i migranti spinti dalla guerra nella Repubblica araba siriana e la Primavera Araba sono manifestazioni importanti di questa tendenza. Questa percezione non è, tuttavia, confermata, dai dati sulla disparità di reddito nei paesi in via di sviluppo. Nella maggior parte delle economie emergenti, nell'ultimo decennio, la disuguaglianza è diminuita o è rimasta invariata. Dal 2007 al 2015, 37 su 41 di queste economie hanno registrato un declino o nessun cambiamento nella disuguaglianza, come misurato dal coefficiente di Gini. Le quattro economie emergenti in cui la disuguaglianza è aumentata sono state Armenia, Bulgaria, Camerun e Turchia. Nella Federazione Russa, tra il 2007 e il 2015, la misura della disuguaglianza in base al coefficiente Gini è scesa da 42 a 38. Tra il 2008 e il 2015, la quota di Premesse | 9 FIGURA O.5 L'informalità persiste nella maggior parte delle economie emergenti, nonostante i miglioramenti nel contesto normativo a. Lavoro informale per gruppo di reddito Nepal: 98 100 Costa d’Avorio: 91 Senegal: 89 Media 80 (Ciad): 81 Vietnam: 75 Paraguay: 71 Lavoro informale (%) Media (Pakistan): 68 Togo: 63 60 Repubblica Kirghiza: 57 Messico: 57 Media (Turchia): 46 40 Kossovo: 40 Etiopia: 36 Brasile: 36 20 Bulgaria: 19 Medio reddito Reddito medio Reddito medio basso alto b. Avviare un’impresa, tempi e costi 60 140 120 Costi (% di reddito pro-capite) 50 100 Tempo (giorni) 40 80 60 30 40 20 20 2005 2007 2009 2011 2013 2015 2017 Tempo (giorni) Costi (% di reddito pro-capite) Fonti: team WDR 2019, sulla base dei dati dell’indagine sui nuclei familiari e la forza lavoro tratti dall’International Income Distribution Data Set della Banca Mondiale (riquadro a); Djankov et al. (2002); Indicatori del rapporto della Banca Mondiale “Doing Business” (riquadro b). Nota: il riquadro a presenta le ultime stime disponibili sulle quote di occupazione informale nelle economie emergenti. Nel campione, un individuo rientra nella categoria di lavoratore informale se non ha un contratto, non ha accesso alla previdenza sociale e a un’assicurazione sanitaria e non appartiene a un sindacato. Il campione nel riquadro a è composto da 68 economie emergenti, tutte classificate come economie a reddito basso e medio. Il riquadro b mostra tempi e costi stimati di avviamento di un’impresa in 103 economie emergenti. reddito della popolazione inserita nel 10% più alto (basata sul reddito ante imposte) è scesa dal 52 al 46%. Nello stesso periodo, è cresciuta la quota di occupazione nelle piccole imprese, portando a incrementi salariali pari a quelli delle grandi imprese. 10 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 Eppure non è certo un dato positivo che la disuguaglianza di reddito, a dispetto della percezione, non sia in aumento se si considera che nel mondo 2 miliardi di persone lavorano nell'economia informale, in totale assenza di tutele sociali. Nei paesi a basso reddito, la previdenza sociale è praticamente inesistente e nei paesi a reddito medio-alto raggiunge solo il 28% della popolazione più indigente. Cosa possono fare i governi? L'analisi suggerisce tre ambiti di interventi politici: Investire in capitale umano, in particolare nell'istruzione della prima •  infanzia, per sviluppare competenze cognitive e socio-comportamentali avanzate oltre alle competenze fondamentali. Migliorare la protezione sociale. In alcune economie emergenti, un •  minimo sociale garantito e una previdenza sociale consolidata, corredati da riforme del mercato del lavoro, consentirebbero di raggiungere l’obiettivo. Disporre di risorse pubbliche in grado di finanziare lo sviluppo del capitale •  umano e della protezione sociale. Le imposte sugli immobili nelle grandi città, le accise sullo zucchero o sul tabacco e la tassazione sul biossido di carbonio sono alcune delle opzioni disponibili per aumentare le entrate del governo, unitamente alla lotta all’elusione fiscale perpetuata da molte aziende per aumentare i profitti. I governi possono ottimizzare la loro politica fiscale e migliorarne l'amministrazione per aumentare le entrate, senza ricorrere all'aumento delle aliquote. Per stare al passo con i cambiamenti nel mondo del lavoro, l'investimento più sicuro per persone, imprese e governi rimane il capitale umano. La stessa sopravvivenza economica dipende dalle competenze di base, ossia alfabetiche e matematiche, dell’uomo. Il ruolo preponderante della tecnologia nella vita professionale e privata esige competenze cognitive sempre più avanzate in tutte le tipologie di lavoro (anche in quelli poco qualificati). Il ruolo del capitale umano è oggi più importante che mai, anche grazie alla domanda crescente di competenze e capacità socio-comportamentali. Le professioni che richiedono interazione interpersonale non saranno facilmente sostituite dalle macchine. Tuttavia, per avere accesso a tali professioni, occorrono solide competenze socio-comportamentali che si acquisiscono nella prima infanzia e che vengono poi modellate nel corso della vita. Il capitale umano è fondamentale, perché oggi le esigenze in termini di versatilità sono maggiori. Fortunatamente, le soluzioni non mancano. Per prepararsi all’evoluzione della natura del lavoro, i paesi dovrebbero iniziare a investire maggiormente nello sviluppo della prima infanzia, in quanto rappresenta una strategia efficace per costruire competenze preziose indispensabili sui futuri mercati del lavoro. È possibile anche promuovere il capitale umano facendo in modo che l’istruzione dia risultati in termini di apprendimento. Per soddisfare le esigenze evolutive del lavoro, in modo più ampio, saranno, probabilmente, necessari degli adeguamenti delle competenze al di fuori dell’istruzione Premesse | 11 obbligatoria e dell’occupazione formale. È possibile, pertanto, ricorrere all'istruzione terziaria e alla formazione destinata agli adulti in modo efficace. Fra gli ostacoli all’investimento nel capitale umano, vi è la carenza di incentivi politici. Sono pochi i dati disponibili relativi alla capacità dei sistemi sanitari ed educativi di generare capitale umano. Questa carenza osteggia la formulazione di soluzioni efficaci, la ricerca del miglioramento, e la capacità dei cittadini di porre i governi di fronte alle loro responsabilità. Il progetto della Banca Mondiale sul capitale umano, descritto nel presente studio, è stato elaborato per affrontare le lacune degli incentivi politici e imprimere l’impulso necessario a investire in capitale umano. Anche l'assistenza sociale e i sistemi previdenziali dovrebbero essere adattati alla natura mutevole del lavoro. Il concetto di universalismo progressivo potrebbe essere un principio guida verso una copertura più estesa, soprattutto nell’economia informale. Una volta istituita la protezione sociale, il passaggio da un lavoro all’altro diventa più agevole grazie a norme flessibili in materia di lavoro. L’attuale contratto sociale ha perso valore nella maggior parte delle economie emergenti, e sembra essere sempre più obsoleto anche in alcune economie avanzate. Un nuovo contratto sociale dovrebbe includere investimenti in capitale umano, affinché i lavoratori beneficino di maggiori opportunità occupazionali. Tutto ciò ottimizzerebbe le prospettive di lavoro dei neonati o dei bambini in età scolare. Come faranno i governi a reperire le risorse aggiuntive necessarie per investire in capitale umano e potenziare l’inclusione sociale? La quota del gettito fiscale nei paesi a basso reddito è pari alla metà di quella dei paesi ad alto reddito (figura O.6). Gli investimenti in capitale umano, protezione sociale di base (inclusi gli operatori sanitari in alcuni paesi in via di sviluppo), e offerta di opportunità produttive per i giovani potrebbero pesare sul bilancio dal 6–8% del prodotto interno lordo (PIL). Si tratta di un obiettivo ambizioso. L’aumento del gettito fiscale, tuttavia, dovrebbe andare di pari passo con una migliore erogazione dei servizi pubblici. Se così non fosse, l’aumento delle aliquote fiscali non farebbe altro che alimentare ulteriormente il malcontento tra la popolazione. Una più efficace amministrazione fiscale e nuove politiche, in particolare in materia di imposte sul valore aggiunto e ampliamento della base fiscale, potrebbero generare le necessarie risorse fiscali. I paesi dell'Africa sub-sahariana potrebbero assicurarsi entrate aggiuntive, in media tra il 3 e il 5% del PIL attraverso riforme volte a rendere gli attuali ordinamenti fiscali più efficienti.5 L’abolizione delle esenzioni fiscali e la convergenza verso un'aliquota fiscale uniforme in materia di imposta sul valore aggiunto potrebbero generare ulteriori entrate che in paesi come il Costa Rica e l’Uruguay potrebbero ammontare a oltre il 3% del PIL. Anche altre imposte e risparmi potrebbero contribuire al finanziamento del capitale umano. Nel 2017, l'Arabia Saudita ha introdotto le accise: il 50% sulle bevande analcoliche e il 100% su bevande energetiche, tabacco e prodotti derivati dal tabacco. Si stima che politiche efficaci di tariffazione del biossido di carbonio a livello nazionale rappresenterebbero oltre il 6% del PIL in Cina, Repubblica Islamica dell'Iran, Russia e Arabia Saudita.6 12 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 FIGURA O.6 Le entrate fiscali sono più Le imposte sui beni immobili basse nei paesi in via di sviluppo rappresenterebbero un ulteriore 3% del PIL nei paesi a medio Gettito fiscale totale non proveniente 25 reddito e l'1% nei paesi poveri.7 Occorre, altresì, affrontare dalle risorse (%del PIL) 20 l’annosa questione dei meccanismi finalizzati all’elusione fiscale messi in atto da parte di aziende e 15 singoli. Quattro aziende su cinque nella lista di Fortune 500 operano 10 attraverso una o più consociate in paesi generalmente considerati 5 a regime fiscale privilegiato in materia di imposte sul reddito delle 18 80 85 90 95 00 05 10 15 20 20 20 19 19 20 19 19 20 società, spesso definiti “paradisi Alto reddito fiscali.” Di conseguenza, le stime Medio reddito Basso reddito evidenziano che i governi di tutto il mondo potrebbero perdere da Fonti: team WDR 2019, sulla base del Government Revenue Data- set di UNU-WIDER, 2017; dati della Banca Mondiale. 100 a 240 miliardi di dollari di Nota: PIL= prodotto interno lordo gettito annuo, pari al 4–10% delle entrate provenienti dalle imposte sul reddito delle società. La natura sempre più digitale delle imprese crea maggiori opportunità di elusione fiscale. Il reddito generato da nuovi tipi di attività, come i dati degli utenti, suscita sempre più dubbi e incognite circa le modalità e i confini entro cui si crei valore a fini fiscali. Suddivisione dello studio Il primo capitolo del presente studio esamina l'impatto della tecnologia sull’occupazione. In alcuni settori, le macchine stanno sostituendo alcuni lavori, in altri stanno migliorando la produttività dei lavoratori mentre in altri ancora, la tecnologia sta creando nuova occupazione, determinando la domanda di nuovi beni e servizi. Questi effetti così discordanti tra loro vanificano le previsioni economiche sulla eventuale perdita di posti di lavoro indotta dal progresso. L’impatto della tecnologia alimenta timori e paure, soprattutto tra lavoratori mediamente qualificati impegnati in attività di routine. In realtà, la tecnologia cambia la domanda di competenze. Dal 2001, la percentuale di occupati in professioni in cui sono necessarie competenze cognitive, non di routine e socio-comportamentali è passata dal 19% al 23% nelle economie emergenti e dal 33% al 41% nelle economie avanzate. I benefici derivanti da tali competenze, come pure dalla combinazione di vari tipi di competenze, stanno aumentando anche in queste economie. Ma sarà il ritmo dell'innovazione e il progressivo calo dei costi della tecnologia a determinare se i nuovi settori e le nuove aree di competenza riusciranno a emergere per compensare il declino dei vecchi settori e delle attività di routine, nel frattempo, nelle economie emergenti il fattore determinate Premesse | 13 secondo cui le imprese sceglieranno di automatizzare la produzione o spostarsi altrove, resta il basso costo del lavoro in relazione al capitale. Il Capitolo 1 definisce un modello per illustrare la natura mutevole del lavoro. Una caratteristica del progresso tecnologico è aver reso i confini delle imprese più permeabili e accelerato l’ascesa di imprese superstar, le quali hanno un effetto benefico sulla domanda di manodopera poiché incentivano la produzione e l'occupazione, integrano su vasta scala aziende giovani e innovative, e spesso favoriscono le piccole imprese collegandole a mercati più vasti. Ma le grandi imprese, in particolare quelle dell'economia digitale, comportano anche dei rischi. Spesso, le normative non rispondono alle sfide poste in essere da queste nuove tipologie di imprese dell'economia digitale. I sistemi antitrust sono chiamati ad adattarsi all’impatto degli effetti di rete sulla concorrenza. Anche i sistemi fiscali sono ormai per lo più inadeguati. Il capitolo 2 esamina le modalità secondo cui l’evoluzione tecnologica condiziona la natura dell'azienda. Sul piano economico in generale, il capitale umano è positivamente correlato con il grado complessivo di adozione di tecnologie avanzate. Le aziende con una percentuale maggiore di lavoratori istruiti hanno più successo nel campo dell’innovazione. Gli individui con un capitale umano più solido traggono maggiori vantaggi dalle nuove tecnologie. Diversamente, affrontare una rivoluzione tecnologica senza un capitale umano adeguato, potrebbe compromettere l’ordine sociale esistente. Il Capitolo 3 mette in luce il rapporto tra l'accumulazione di capitale umano e il futuro del lavoro, ed esamina più attentamente le ragioni per cui i governi dovrebbero investire in capitale umano e i motivi per cui non lo fanno. Il Capitolo 3 presenta, pertanto, il nuovo progetto sul capitale umano della Banca Mondiale. Per garantire una definizione e un’attuazione efficace delle politiche, sono necessarie maggiori informazioni e una valida misurazione del capitale umano, anche quando un governo si dichiara favorevole a investire in capitale umano. Il progetto ha tre componenti: un parametro di riferimento mondiale—l’Indice del Capitale Umano; uno strumento di misura e programma di ricerca volto a guidare l’azione politica e un programma a sostegno delle strategie nazionali teso ad accelerare gli investimenti in capitale umano. L'indice è misurato in termini di quantità di capitale umano che un bambino nato nel 2018 può aspettarsi di raggiungere entro la fine della scuola secondaria, tenendo conto dei rischi derivanti da cattive condizioni di salute e da un basso livello di istruzione che prevalgono nel paese in cui il bambino è nato durante quello stesso anno. In altri termini, viene misurata la produttività della generazione successiva di lavoratori rispetto a un parametro di riferimento di istruzione completa in un contesto di buona salute. Ad esempio, in molti sistemi educativi un anno di scolarizzazione produce solo una frazione dell'apprendimento che è possibile raggiungere (figura O.7). Il Capitolo 3 propone analisi comparative tra paesi su 157 economie a livello mondiale. Parte del continuo riadeguamento delle competenze sta avvenendo al di fuori dell'istruzione obbligatoria e del lavoro formale. Ma dove? Il Capitolo 4 risponde a questa domanda esplorando tre ambiti —la prima 14 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 FIGURA O.7 La variazione dell’apprendi- infanzia, l’istruzione terziaria mento tra le economie emergenti e la formazione degli adulti al di fuori del posto di lavoro — Costa Rica in cui le persone acquisiscono Filippine competenze specifiche richieste Indonesia dalla natura mutevole del lavoro. Sudafrica Algeria Investire nella prima infanzia, Tunisia ma anche in nutrizione, sanità, Panama protezione e istruzione, vuol dire Repubblica Kirghiza Paraguay gettare solide basi per l’acquisizione El Salvador futura di competenze cognitive Repubblica Dominicana e socio-comportamentali di Ghana Camerun livello superiore. Dal periodo Malawi prenatale fino all'età di 5 anni, la Lesotho capacità cerebrale di apprendere Burundi Repubblica dello Yemen dall’esperienza è massima. I Benin soggetti che acquisiscono tali Togo capacità nella prima infanzia Costa d’Avorio saranno più idonei ad adattarsi 2 6 10 14 alle eventuali incertezze della Anni vita. L'istruzione terziaria Anno di apprendimento + Anni di scolarizzazione rappresenta per gli individui un'altra opportunità di acquisire competenze cognitive avanzate Fonti: team WDR 2019, sulla base di Kim (2018); Filmer et al. (2018). —come la risoluzione di problemi complessi, il pensiero critico e la comunicazione avanzata —che pur essendo fondamentali rispetto alla natura mutevole del lavoro non possono essere acquisite solo attraverso l’istruzione scolastica. Per quanto riguarda l'attuale stock di lavoratori, specialmente quelli che non possono tornare a scuola o all’università, la riqualificazione e il perfezionamento professionale di coloro che non studiano o non lavorano nell’economia formale deve fare parte della strategia di risposta al cambiamento rivoluzionario del mercato del lavoro indotto dalla tecnologia. Ma solo raramente i programmi di formazione per adulti ottengono i risultati desiderati. Gli adulti devono affrontare limiti e vincoli che osteggiano l'efficacia degli approcci tradizionali all'apprendimento. Sono necessarie pertanto, una migliore diagnosi e valutazione dei programmi di formazione per adulti, oltre a una migliore elaborazione e attuazione degli stessi. Il Capitolo 4 esplora tali argomenti in maggior dettaglio. Dopo la scuola, il lavoro è il luogo in cui accumulare capitale umano. Il Capitolo 5 esamina in che misura le economie siano riuscite a realizzare la creazione di capitale umano sul lavoro. Le economie avanzate hanno ritorni più elevati rispetto alle economie emergenti. Un lavoratore in un'economia emergente ha più probabilità di un lavoratore in un'economia avanzata di trovarsi a svolgere mansioni manuali e pertanto fisiche. Un anno aggiuntivo Premesse | 15 di lavoro nelle professioni di tipo cognitive comporta un aumento salariale pari al 3%, contro il 2% dei mestieri manuali. Il lavoro rappresenta il contesto in cui acquisire competenze dopo l’istruzione scolastica— ma nelle economie emergenti tali opportunità sono relativamente rare. I governi possono aumentare i ritorni economici del lavoro, creando occupazione formale per la fascia più indigente di popolazione. Possono farlo promuovendo un clima favorevole allo sviluppo delle imprese, investendo nella formazione imprenditoriale per gli adulti e aumentando l'accesso alla tecnologia. Il vantaggio per le donne in termini di partecipazione alla forza lavoro è sensibilmente inferiore rispetto a quello degli uomini—in altri termini, le donne traggono dal lavoro un capitale umano decisamente inferiore a quello degli uomini. Per colmare questo divario, i governi dovrebbero eliminare i limiti riguardanti la tipologia o la natura di lavoro disponibile per le donne, nonché abolire le norme che vincolano i diritti di proprietà delle donne. I lavoratori, nelle aree rurali, affrontano sfide simili quando si tratta di accumulare capitale umano dopo il percorso scolastico. È possibile migliorare i ritorni economici del lavoro trasferendo la forza lavoro dai villaggi alle città. Tuttavia, nelle aree rurali è possibile sfruttare la tecnologia per incrementare i benefici, aumentando la produttività agricola. I mercati del lavoro incerti richiedono il rafforzamento della protezione sociale. Questo argomento è analizzato nel capitolo 6. Le disposizioni tradizionali in materia di protezione sociale basate su un lavoro retribuito stabile, una chiara definizione del concetto di datore di lavoro e dipendente, e una data certa di pensionamento stanno diventando realtà sempre più obsolete. Nei paesi in via di sviluppo, dove l'informalità è la norma, questo è in gran parte un modello a cui ambire. La spesa per l'assistenza sociale dovrebbe essere integrata da una previdenza che non dipenda esclusivamente dal lavoro formale retribuito. Lo scopo di questo approccio è espandere la copertura dando priorità alle fasce più povere. Da un lato le persone riceverebbero una migliore protezione attraverso una maggiore assistenza sociale e previdenziale, dall’altro la regolamentazione del lavoro potrebbe essere riequilibrata per facilitare la mobilità da un lavoro all’altro. I cambiamenti nella natura del lavoro, a cui si aggiungono crescenti ambizioni, rendono essenziale favorire l'inclusione sociale. A tal fine, il contratto sociale dovrebbe vertere sull’uguaglianza di opportunità. Il Capitolo 7 espone i potenziali elementi di un contratto sociale che include investimenti precoci in capitale umano, tassazione delle imprese, estensione della protezione sociale e incremento delle opportunità produttive per i giovani. Per ottenere l'inclusione sociale, alcuni governi delle economie emergenti dovranno aumentare le entrate. Il Capitolo 7 descrive le modalità secondo cui i governi potrebbero disporre di maggiori finanze pubbliche attraverso una combinazione di entrate aggiuntive da fonti di finanziamento nuove ed esistenti. Possono costituire potenziali fonti di reddito: il prelievo delle imposte sul valore aggiunto, le accise e la tassazione sul biossido di carbonio; 16 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 l'assoggettamento delle piattaforme digitali a una tassazione analoga a quella applicata alle altre società; una revisione dei sussidi energetici. *** Il team World Development Report 2019 è stato diretto da Simeon Djankov e Federica Saliola. Il core team è composto da Ciro Avitabile, Rong Chen, Davida Connon, Ana Paula Cusolito, Roberta Gatti, Ugo Gentilini, Asif Mohammed Islam, Aart Kraay, Shwetlena Sabarwal, Indhira Vanessa Santos, David Sharrock, Consuelo Jurado Tan e Yucheng Zheng. Paul Romer, precedente Chief Economist; Michal Rutkowski, Senior Director of the Social Protection and Jobs Global Practice, e Shantayanan Devarajan, Acting Chief Economist, hanno svolto un ruolo di guida. Premesse | 17 Note 1.  Marx (1867). 2.  Keynes ([1930] 1963). 3.  Brynjolfsson et al. (2008). 4.  Clausing (2016). 5.  FMI (2017). 6.  Parry, Veung, e Heine (2014). 7.  Norregaard (2013). Riferimenti bibliografici Brynjolfsson, Erik, Andrew McAfee, Michael Sorell, and Feng Zhu. 2008. “Scale without Mass: Business Process Replication and Industry Dynamics.” Harvard Business School Technology and Operations Management Unit Research Paper No. 07-016, Cambridge, MA. Clausing, Kimberly A. 2016. “The Effect of Profit Shifting on the Corporate Tax Base in the United States and Beyond.” National Tax Journal 69 (4): 905–34. Djankov, Simeon, Rafael la Porta, Florencio Lopez-de-Silanes, and Andrei Shleifer. 2002. “The Regulation of Entry.” Quarterly Journal of Economics 118 (1): 1–37. Filmer, Deon, Halsey Rogers, Noam Angrist, and Shwetlena Sabarwal. 2018. “Learning-Adjusted Years of Schooling (LAYS): Defining a New Macro Measure of Education.” Policy Research Working Paper 8591, World Bank, Washington, DC. IMF (International Monetary Fund). 2017. “Tackling Inequality.” Fiscal Monitor, World Economic and Financial Surveys, IMF, Washington, DC, October. Keynes, John Maynard. [1930] 1963. “Economic Possibilities for Our Grandchil- dren.” In Essays in Persuasion, 358–73. New York: W. W. Norton. http://www.econ .yale.edu/smith/econ116a/keynes1.pdf. Kim, Jim Yong. 2018. “The Human Capital Gap: Getting Governments to Invest in People.” Foreign Affairs (July/August). https://www.foreignaffairs.com/articles /2018-06-14/human-capital-gap. Marx, Karl. 1867. Das Kapital: Kritik der politischen Ökonomie. Hamburg: Verlag von Otto Meissner. Norregaard, John. 2013. “Taxing Immovable Property: Revenue Potential and Implementation Challenges.” IMF Working Paper WP/13/129, International Monetary Fund, Washington, DC, May 29. Parry, Ian W. H., Chandara Veung, and Dirk Heine. 2014. “How Much Carbon Pricing Is in Countries’ Own Interests? The Critical Role of Co-benefits.” IMF Working Paper WP/14/174, International Monetary Fund, Washington, DC, September 17. La trasformazione CAPITOLO 1 del lavoro F in dal principio, il destino dei robot è stato quello di sostituire l’essere umano nel lavoro ed effettivamente, lo scrittore ceco Karel Cˇapek, che nel 1920 coniò la parola robot, vocabolo derivato dalla lingua slava robota, ovvero lavoro, intendeva chiarire sin da subito a cosa sarebbero serviti questi automi. Nel corso dell'ultimo secolo, le macchine hanno sostituito l’uomo in molte mansioni, tuttavia resta il fatto che la tecnologia abbia creato più posti di lavoro di quanti ne abbia sottratti, perché è stata in grado di aumentare in molti settori la produttività del lavoro riducendo, al contempo, la domanda di personale destinato a mansioni di routine. Grazie alla tecnologia sono, inoltre, nati nuovi settori un tempo inimmaginabili se non nei romanzi di fantascienza. Sotto l’impulso dell’evoluzione digitale, le aziende adottano nuovi processi produttivi, i mercati si espandono e le società si evolvono. Le imprese sfruttano le nuove tecnologie per un miglior impiego del capitale, superare le barriere dell’informazione, esternalizzare e innovare, riuscendo a gestire in maniera più efficiente la loro operatività: possono, a titolo esemplificativo, assumere mano- dopera nei segmenti di produzione, assemblaggio e vendita dislocati in diverse aree territoriali, riuscendo a garantire ai consumatori una gamma più ampia di prodotti a prezzi contenuti. Oggi, le opportunità di mercato sono in crescita per tutti gli attori economici, alcune piattaforme1 stanno creando nuovi mercati per la vendita di beni o servizi e persino le piccole imprese crescono rapidamente al punto da diventare globali. Le aziende che operano su eBay in Cile, Giordania, Perù e Sud Africa sono aziende giovani rispetto alle aziende dei mercati offline,2 mentre in Cina, sulla piattaforma Alibaba3, dominano le start-up. Le società traggono un grande beneficio da questi cambiamenti poiché la tecnologia aumenta le possibilità di erogazione dei servizi e offre ai cittadini l’opportunità di porre i governi di fronte alle loro responsabilità. I continui cambiamenti evolutivi aumentano i vantaggi comparativi per lavo- ratori, imprese e governi. Ad esempio negli anni 2000, le aziende danesi hanno adottato per prime le tecnologie in 3-D, consolidando la loro posizione sul mer- cato mondiale degli apparecchi acustici.4 Il governo indiano ha investito nelle università a indirizzo tecnico in tutto il paese, portando l’India a diventare lea- der mondiale nei settori ad alta tecnologia, invece, grazie all’integrazione nelle global supply chain, i lavoratori vietnamiti hanno sviluppato le loro competenze comunicative in lingue straniere, acquisendo un capitale umano aggiuntivo che ha favorito il loro ingresso in altri mercati. Le opportunità si accompagnano, tuttavia, a fattori distortivi: nella fattispecie, la diminuzione dei costi delle macchine rappresenta un fattore di rischio per i lavoratori poco qualificati e occupati in mansioni di routine, ossia in mansioni più esposte all’automazione. I lavoratori sostituiti dall’automazione si trove- ranno a competere con (altri) lavoratori poco qualificati per posti di lavoro mal retribuiti e anche in un contesto di maggiore occupazione, aggiornarsi e riqua- lificarsi sarà molto costoso e spesso impossibile. È, pertanto, evidente che oggi come in passato l’automazione rimanga motivo di preoccupazione. Nel 1589, la regina Elisabetta I d’Inghilterra manifestò il suo scettiscismo al pastore William Lee quando questi fece richiesta di un brevetto reale per una macchina da maglieria: “Pensi alle conseguenze che avrà questa invenzione sui miei poveri sudditi,” puntualizzò la sovrana; “li porterebbe senza dubbio alla rovina privandoli di un lavoro.”5 Intorno al 1880, la dinastia Qing si oppose strenuamente alla costruzione della ferrovia in Cina, sostenendo che la perdita di posti di lavoro nel trasporto dei bagagli avrebbe potuto provocare agitazioni 18 La trasformazione del lavoro | 19 sociali6 e in Inghilterra, agli inizi del XIX secolo, nonostante la crescita economica generata dall'energia a vapore, i Luddisti sabotarono le macchine industriali per difendere i posti di lavoro. I timori della disoccupazione provocata dall’avvento dei robot dominano i dibattiti sul futuro del lavoro e in nessun altro settore sono così evidenti come in quello industriale. Negli ultimi vent’anni, il declino dell'occupazione industriale in alcune economie ad alto reddito è diventato ormai una tendenza consolidata. Nella Repubblica di Corea, a Singapore, in Spagna e nel Regno Unito la quota di occupazione industriale è scesa di oltre 10 punti percentuali, sebbene la cre- scita stabile di questi paesi suggerisca che vi sia stato piuttosto un dislocamento dell'occupazione dalla produzione ai servizi. Al contrario, nei paesi in via di svi- luppo, a partire dalla fine degli anni '80 sono stati creati milioni di posti di lavoro industriali come testimonia, in effetti, l’aumento significativo dell’occupazione in questo settore in alcuni mercati emergenti quali la Cambogia e il Vietnam. Nei paesi in via di sviluppo, pertanto, la quota di occupazione industriale è rimasta mediamente stabile, a dispetto delle previsioni sulla possibile scomparsa di posti di lavoro a causa della tecnologia. L’evoluzione tecnologica sta, tuttavia, stravolgendo la domanda di competenze. A livello mondiale, nonostante la significativa espansione dell’offerta di mano- dopera qualificata, i tassi di ritorno privato dell’istruzione—circa il 9% annuo— rimangono elevati, mentre i ritorni dell’istruzione terziaria si attestano attorno al 15% annuo. Le persone che possiedono competenze più avanzate sfruttano meglio le nuove tecnologie e si adattano più facilmente ai cambiamenti del mondo del lavoro. Ad esempio, in India durante la Rivoluzione Verde degli anni '60 e '70 sono aumentati i ritorni dell’istruzione primaria, facendo registrare un aumento del numero di agricoltori istruiti in grado di adottare nuove tecnologie. Tutto ciò significa che la tecnologia ha il potenziale per migliorare il tenore di vita, ma i suoi effetti si manifestano con modalità diverse in ogni parte del mondo. La creazione di occupazione è un vantaggio per l’intera società- e non per pochi individui -soltanto quando le regole del gioco sono eque. In alcuni settori, i lavoratori traggono lauti benefici dal progresso tecnologico, mentre in altri vengono sostituiti e devono riqualificarsi per sopravvivere, perché è vero che le piattaforme digitali creano enorme ricchezza, ma è altrettanto vero che questa ricchezza è appannaggio di pochi. Ma indipendentemente dal progresso tecnologico, la più grande sfida per le economie emergenti è rappresentata da sempre dal radicamento dell'informa- lità. L'occupazione informale supera il 70% in Africa subsahariana, il 60% in Asia meridionale e oltre il 50% in America Latina, mentre in India, si attesta attorno al 90%, nonostante la rapida crescita economica e il progresso tecno- logico. Nel settore informale, sia i salari sia la produttività sono decisamente più bassi e i lavoratori non beneficiano né di un’assicurazione sanitaria né di protezione sociale. La tecnologia potrebbe, pertanto, impedire all'Africa e all'A- sia meridionale di industrializzarsi in modo tale da consentire ai lavoratori di entrare nell’economia formale. Alla luce dei cambiamenti nel mondo del lavoro, occorre riesaminare i progressi compiuti nel contesto della tradizionale dicotomia lavoratori formali-informali. La crescita economica dipende dall'accumulazione di capitale umano e da infrastrut- ture in grado di soddisfare i fabbisogni di un paese in materia di istruzione, sanità e attività economiche. Pertanto, a prescindere dalla tipologia del contratto di lavoro, è giunto il momento di considerare una migliore protezione sociale. 20 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 La tecnologia crea posti di lavoro “Sempre educate, producono più del previsto, non si prendono mai ferie, non fanno ritardo, non presentano richieste di risarcimento in caso di incidente sul lavoro e non generano controversie per discriminazioni di età, genere o razza,” così affermava Andrew Puzder, all’epoca amministratore delegato della Hardee’s Food Systems Inc., una catena di ristoranti con sede principale in Tennessee, rife- rendosi alla possibilità di sostituire i dipendenti con le macchine.7 Non v’è dubbio che affermazioni del genere sono motivo di preoccupazione per i lavoratori. L’avvento di un’economia jobless, ossia senza lavoro, suscita timori poiché alcune mansioni tradizionalmente svolte e gestite dagli esseri umani stanno per—o rischiano di—essere affidate alle macchine, soprattutto a quelle dotate di intelligenza artificiale come dimostra il rapido aumento di robot già in uso in tutto il mondo. Entro il 2019, saranno operativi 1,4 milioni di nuovi robot indu- striali, per un totale di 2,6 milioni nel mondo.8 Nel 2018, la Germania, la Corea e Singapore registrano la più alta densità di robot per lavoratore, eppure nono- stante l'alta prevalenza di macchine, il tasso di occupazione rimane elevato. I giovani lavoratori potrebbero risentire maggiormente delle conseguenze dell’automazione rispetto ai lavoratori più anziani; in effetti, in Germania, seb- bene l’impiego dei robot non abbia avuto alcun effetto netto sostanziale sull'oc- cupazione, ha tuttavia ridotto il numero di assunzioni tra i giovani.9 Questo spiega la diversità degli effetti prodotti dall'automazione nei paesi con un alto tasso di invecchiamento rispetto ai paesi che hanno popolazioni giovani e pre- vedono molti nuovi ingressi nel mercato del lavoro. Ebbene sì, i robot stanno sostituendo i lavoratori, ma non è ancora chiaro in che misura, sebbene in Europa le stime indichino che complessivamente, tra il 1999 e il 2016, l’evoluzione tecnologica, che ha comportato l’automazione dei lavori di routine, abbia creato oltre 23 milioni di posti di lavoro, ovvero quasi la metà dell’aumento totale dell’occupazione riferito allo stesso periodo; inoltre, dati recenti rivelano che nei paesi europei, nonostante l’effetto-sostituzione di alcune mansioni, la tecnologia nel complesso aumenti la domanda di lavoro.10 Ad esempio, invece di assumere funzionari tradizionali preposti alle operazioni di credito, JD Finance, la piattaforma fintech leader in Cina, ha creato più di 3.000 posti di lavoro in gestione del rischio e analisi dei dati, allo scopo di affi- nare gli algoritmi necessari alle attività di finanziamento online. Il progresso tecnologico porta alla creazione diretta di posti di lavoro nel settore tecnologico stesso, in virtù del fatto che le persone utilizzano sempre più frequentemente smartphone, tablet e altri dispositivi elettronici portatili per lavorare, gestire le proprie finanze, proteggere e riscaldare le proprie abitazioni, ma anche come fonte di attività ludiche. Sono gli stessi lavoratori a creare le interfacce online che sostengono questa crescita e la velocità con cui gli interessi dei consumatori cambiano genera maggiori opportunità di lavoro e di carriera nello sviluppo di app per dispositivi mobili e nella progettazione di realtà virtuale. La tecnologia ha, inoltre, facilitato la creazione di posti di lavoro attraverso il telelavoro o la partecipazione alla cosiddetta gig economy. Andela, una società statunitense specializzata nella formazione di sviluppatori di software, ha costru- ito il proprio modello imprenditoriale sulla digitalizzazione dell'Africa dove ha formato 20.000 programmatori di software utilizzando strumenti di e-learning gratuiti. Una volta ottenuta la qualifica, i programmatori lavorano direttamente per Andela o per altri clienti di Andela nel mondo e l’azienda, entro il 2024, mira a formare 100.000 sviluppatori di software africani. Attualmente, il 90% La trasformazione del lavoro | 21 dei programmatori che lavora per questa società si trova a Lagos, in Nigeria, ma anche nelle altre sedi di Nairobi, Kenya, e Kampala, Uganda. La tecnologia aumenta la vicinanza ai mercati, facilitando la creazione di nuove ed efficienti value chain. Farmerline, in Ghana, è una piattaforma online che comunica con una rete di oltre 200.000 agricoltori nella propria madrelin- gua tramite cellulare, fornendo informazioni sul meteo e sui prezzi di mercato, raccogliendo dati per acquirenti, governi e partner di sviluppo. Nei piani futuri della società è prevista anche l’erogazione di servizi finanziari. L’adozione di nuove tecnologie produrrà il cosiddetto effetto-sostituzione a discapito di lavoratori più vulnerabili, in quanto occupati in mansioni di routine "codificabili" come già avviene in numerosi casi. Ad esempio, nei settori auto- mobilistico, elettrico / elettronico, meccanico e metallurgico sono impiegati oltre due terzi dei robot. Foxconn Technology Group, il gigante dell’assemblaggio di componenti elettroniche con sede in Cina, ha ridotto la propria forza lavoro del 30% contestualmente all’adozione di impianti automatizzati nel processo pro- duttivo. Inoltre, i costi contenuti dell’automazione spinge le aziende a trasferire la produzione in prossimità dei mercati dei beni consumo, come è accaduto nel 2017 all’azienda tedesca Adidas, che si è avvalsa delle tecnologie di stampa in 3-D per lanciare le “Speedfactories”, ovvero due fabbriche completamente auto- matizzate per la produzione di scarpe: una ad Ansbach, in Germania, e l’altra ad Atlanta negli Stati Uniti, sopprimendo oltre 1.000 posti di lavoro in Vietnam. Nel 2012 la Philips Electronics, multinazionale olandese del settore delle tecnologie, ha riportato dalla Cina la propria produzione nei Paesi Bassi. Anche nel settore dei servizi esistono mansioni che non sono immuni all’auto- mazione, come evidenziano i progressi registrati dall’azienda israeliana Mobileye, impegnata nella messa a punto di sistemi di navigazione per veicoli senza condu- cente o dal colosso hitech cinese Baidu, che in collaborazione con il gruppo cinese King Long Motor Group, lavora all’introduzione di bus autonomi nei parchi indu- striali. Tagli all’occupazione si registrano anche tra gli analisti finanziari, la cui funzione principale è la ricerca e l’analisi sistematica di formule: Sberbank, la più grande banca della Federazione Russa, si affida all’intelligenza artificiale nel 35% delle decisioni in merito all’erogazione di un finanziamento e prevede di raggiun- gere il 70% in meno di cinque anni.11 Gli “avvocati-robot” hanno già sostituito 3.000 dipendenti nell'ufficio legale di Sberbank, mentre il numero di impiegati di back-office si ridurrà a 1.000 entro il 2021, rispetto ai 59.000 del 2011. La fintech cinese Ant Financial, utilizza i big data per valutare i contratti di finanziamento, piuttosto che assumere migliaia di funzionari del settore o avvocati. Tuttavia, è impossibile quantificare il grado complessivo di sostituzione occu- pazionale, persino gli economisti più rinomati non sono riusciti a farlo. Nel 1930 John Maynard Keynes dichiarò che nell'arco di cento anni la tecnologia avrebbe inaugurato un'era di svago e abbondanza, ritenendo che tutti avrebbero dovuto svolgere comunque un lavoro se volevano sentirsi appagati, ma che tre ore al giorno sarebbero state più che sufficienti.12 Nel 2018, il mondo è ben lontano da questo tipo di realtà e sebbene gli economisti non riescano a stabilire esattamente in che misura il progresso tecnologico sia responsabile della scomparsa di posti di lavoro, le stime, seppur estremamente variabili, non mancano (figura 1.1). Per la Bolivia, i dati sull’automazione del lavoro vanno dal 2% al 41%; in altri termini, in Bolivia, nel 2018 l’automazione potrebbe ipoteticamente far scom- parire tra i 100.000 e i 2 milioni di posti di lavoro. I numeri nelle economie avanzate sono anche maggiori, ad esempio la Lituania, potrebbe perdere tra il 22 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 FIGURA 1.1 Le stime della percentuale di posti di lavoro a rischio di automazione variano considerevolmente % di posti di lavoro a rischio di automazione 70 61 55 56 (forbice delle previsioni) 50 47 41 40 30 10 7 6 5 5 5 2 Stati Uniti Giappone Lituania Cipro Ucraina Bolivia Fonti: team WDR 2019, sulla base dei dati della Banca Mondiale (2016); Arntz, Gregory, e Zierahn (2016); David (2017); Hallward-Driemeier e Nayyar (2018). Nota: le cifre rappresentano le stime maggiori e minori della percentuale di posti di lavoro a rischio di automazione in eco- nomie per le quali è stata elaborata più di una stima da studi diversi. Un lavoro è a rischio se la probabilità di automazione di quel lavoro è superiore a 0,7. 5% e il 56% dei posti di lavoro e in Giappone, si ritiene siano a rischio tra il 6% e il 55% dei posti di lavoro. La moltitudine di previsioni illustra quanto sia difficile stimare le conseguenze della tecnologia sull’occupazione, considerato che la maggior parte delle stime si basa su probabilità di automazione calcolate da esperti di apprendimento automatico presso l'Università di Oxford, ai quali è stato chiesto di classificare un campione di 70 professioni selezionate dal database online O*NET utilizzato dal Dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti, qualificabili come estremamente automatizzabili o meno (1-0).13 Sulla base di queste probabilità, le stime ini- ziali ponevano a rischio di automazione il 47% delle professioni statunitensi; occorre, tuttavia, segnalare che una stima delle probabilità fondata sull'opinione di esperti è senz’altro un esercizio significativo, ma non ha un valore definitivo, poiché avvalersi di categorie professionali di un paese per stimare altrove un eventuale processo di automazione con conseguente perdita occupazionale si rivela un’attività infruttuosa. Le previsioni sulla perdita occupazionale non includono in modo esaustivo le capacità di assorbimento dell’innovazione tecnologica, che richiede spesso molto tempo e si manifesta con modalità diverse non solo tra singoli paesi, ma anche tra imprese all’interno del paese stesso. Pertanto, la capacità di assorbimento (di innovazione tecnologica) influisce sul rischio potenziale della tecnologia di erodere posti di lavoro. L'uso della telefonia mobile, ad esempio si diffonde più velocemente rispetto alle tecnologie di prima generazione, ma se lo si confronta con Internet si osserva che in molti casi, soprattutto tra le aziende dell’economia informale, l’uso di Internet si è affermato più lentamente. Analogo è il caso della meccanizzazione agraria che rimane limitata nei paesi a basso reddito e in alcuni paesi a medio reddito in ragione della persistenza di barriere commerciali, del costo del lavoro relativamente basso rispetto a quello delle macchine agricole e della scarsa informazione; così come nell’industria tessile, il costo relativa- mente basso del lavoro ritardò l’introduzione della macchina filatrice in Francia e in India; infatti, nel 1790 in Francia ne esistevano solo 900 contro le circa La trasformazione del lavoro | 23 20.000 in Gran Bretagna.14 La prevalenza dell'automazione rispetto al lavoro umano varia continuamente non solo a seconda del contesto e da una paese rispetto all’altro, ma anche all'interno di uno stesso paese. Come cambia il lavoro È più facile valutare in che modo la tecnologia orienti la domanda di compe- tenze e cambi i processi produttivi piuttosto che stimarne le conseguenze sulle perdite di posti di lavoro. In virtù della tecnologia, il mercato del lavoro premia, infatti, quelle competenze che non possono essere sostituite dall’automazione: ovvero competenze cognitive generiche come il ragionamento critico e capacità socio-comportamentali come la gestione e il riconoscimento delle emozioni che ottimizzano il lavoro di squadra. I lavoratori che possiedono tali competenze sono più versatili e si adattano meglio ai mercati del lavoro, ma non solo, la tec- nologia sta rivoluzionando anche i processi produttivi mettendo in discussione i tradizionali confini delle imprese, espandendo le global value chain e modificando la distribuzione geografica del lavoro. Infine, la tecnologia sta cambiando il modo di lavorare delle persone, dando origine alla gig economy in cui le aziende si ser- vono di lavoratori in proprio per attività temporanee o incarichi a breve termine. La tecnologia sta rivoluzionando la domanda di tre tipi di competenze pro- fessionali: innanzitutto, sia nelle economie avanzate che in quelle emergenti è apparentemente in crescita la domanda di competenze cognitive e di capacità socio-comportamentali non di routine. In secondo luogo, si assiste al declino di competenze di routine specifiche di determinate mansioni e in terzo luogo, aumentano i vantaggi legati alla combinazione di varie tipologie di competenze. FIGURA 1.2 Cresce l’importanza delle capacità socio-comportamentali Job Requisiti richiesti requirements per of la posizione di Hilton Hotel stagista management in gestione trainee alberghiera inl’Hilton presso Shanghai, China Hotel di Shanghai, Cina 1986 2018 上海静安希尔顿酒店招聘启事 Stagista in gestione alberghiera 本五星级酒店是国际希尔顿公司在中国管理的第一个企业,属全独资外资合作 Il personale di Front O ce della catena Hilton lavora sempre 经营。楼高 43 层,客房 800 间,中外餐厅酒吧 8 个,设备极其豪华,位于上 per il Cliente e collabora con gli altri membri del team. Per 海静安区。将在明年年中以后开始营业,届时将成为国际希尔顿公司在世界 50 多个国家,超过 100 个酒店的大家庭中的一员。现在招聘受训管理人员,条件 svolgere con successo questo ruolo il candidato/a dovrà 如下: possedere i seguenti valori, competenze e attitudini: 一、 素质:品质优秀,态度良好,勤奋好学。 二、 年龄:20 岁至 26 岁(1959 年-1966 年出生)。 • Precedente esperienza in un settore di servizi orientati 三、 文化程度:大学或大专毕业。 alla clientela 四、 外语程度:英语“新概念”第二册以上,会话流利;同时能操其他外语者,优先考虑。 五、 健康状况:优良。 • Mentalità positiva e buone capacità comunicative 六、 其他:住处最好在静安区附近。 • Impegno a fornire un servizio di alto livello alla clientela 如具备上述条件,并有意尝试在我酒店取得发展者,请在八月二十、二十一、二十二日三天上午 • Livelli eccellenti di igiene e cura della persona 9:00-11:00,下午 2:00-5:00,带学历证明, 本人近期照片一张和五元报名费, 到茂名北路 • Capacità di lavorare individualmente e in gruppo 40 号新群中学报名, 如为在职者,应持所属单位许可证明。 • Competenze informatiche avanzate • Carattere eccellente, desiderio • Mentalità positiva e buone capacità di apprendere comunicative • Età compresa tra 20 e 26 anni • Capacità di lavorare individualmente e • Laurea o diploma universitario in gruppo • Ottima conoscenza della lingua inglese • Competenze informatiche avanzate • Buone condizioni di salute • Laurea quadriennale e almeno due anni • Domiciliato/a in prossimità dell’hotel di esperienza Fonti: 1986: Wenhui News, 17 agosto 1986, http://www.sohu.com/a/194532378_99909679; 2018: https://www.hosco.com/ en/job/waldorf-astoria-shanghai-on-the-bund/management-trainee-front-office. Nota: IT = tecnologia dell’informazione. 24 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 Questi cambiamenti si manifestano non solo attraverso la nascita di nuove pro- fessioni che sostituiscono le precedenti, ma anche attraverso l’evoluzione del profilo delle competenze richieste per posti di lavoro già esistenti (figura 1.2). Dal 2001, la percentuale di occupati in professioni ad alto tasso di compe- tenze cognitive e socio-comportamentali non di routine è aumentata passando dal 19% al 23% nelle economie emergenti e dal 33% al 41% nelle economie avanzate. In Vietnam, all'interno di un determinato settore industriale, i lavo- ratori che svolgono compiti analitici non di routine guadagnano il 23% in più di coloro che svolgono mansioni non analitiche, non interattive e automatiche/ non intellettuali (nonmanual); i lavoratori le cui mansioni richiedono capacità interpersonali guadagnano il 13% in più.15 In Armenia e in Georgia, i vantaggi retributivi collegati alla risoluzione di problemi o all’apprendimento di nuove competenze sfiora il 20%.16 Le macchine possono affiancare i lavoratori in mansioni non di routine fon- date su competenze analitiche, interpersonali avanzate ovvero capacità intel- lettuali che richiedono notevoli abilità, quali il lavoro di gruppo, la gestione di relazioni interpersonali, la gestione del personale e la capacità di cura e assi- stenza. Lo svolgimento di queste attività presuppone l’interazione umana sulla base di reciproca e tacita comprensione, ragion per cui ambiti come il design, l’arte, la ricerca, la gestione di team, le professioni infermieristiche e i servizi di pulizia sono settori decisamente difficili da automatizzare, come dimostrano i vani tentativi dei robot di replicare tali competenze. Al contrario, le macchine sostituiscono i lavoratori con maggiore facilità quando si tratta di replicare mansioni di routine codificabili, talune volte persino nell’ambito cognitivo, come nel caso dell’elaborazione delle buste paga e della registrazione contabile. Il più delle volte si tratta, però, di mansioni manuali, come ad esempio nell’impiego di saldatrici, nell’assemblaggio di prodotti o nella conduzione di carrelli elevatori, tutte mansioni che possono essere facilmente automatizzate. In Norvegia, l'adozione delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione all’interno delle imprese ha agevolato l’attività dei lavoratori qualificati nell'esecuzione di compiti astratti non di routine, ma ha preso il posto dei lavoratori non qualificati.17 Aumentano i vantaggi anche per chi possiede maggiori tipologie di compe- tenze, poiché i cambiamenti in atto nel mondo del lavoro richiedono capacità tali da rendere i lavoratori più versatili e in grado di passare facilmente da un lavoro all’altro. Nei vari paesi, sia le competenze cognitive (tecniche) avanzate sia le capacità socio-comportamentali rientrano tra le competenze sempre più apprezzate dai datori di lavoro. Infatti, in Benin, Liberia, Malawi e Zambia il lavoro di squadra, la comunicazione e le capacità di problem solving rappresen- tano l’insieme di competenze più importanti che un lavoratore deve possedere oltre alle capacità tecniche.18 Anche all’interno di una determinata professione, cambia la modalità con cui la tecnologia influisce sulle competenze necessarie a svolgere un lavoro, ma non sempre con gli esiti che ci si potrebbe aspettare. In Cile, tra il 2007 e il 2013 l'adozione di sofisticati software per la gestione della clientela e per le operazioni commerciali ha ridotto la domanda di lavoratori impegnati in funzioni astratte e ha aumentato, invece, la richiesta di lavoratori per mansioni manuali di routine con una conseguente ridistribuzione del lavoro, passando da lavoratori qualifi- cati a lavoratori amministrativi e senza particolari qualifiche.19 Nelle economie avanzate, il tasso di occupazione è cresciuto più rapida- mente nelle professioni cognitive altamente qualificate e nei mestieri a bassa La trasformazione del lavoro | 25 specializzazione che richiedono manualità, diminuendo invece nei lavori a media specializzazione, quali gli operatori di macchina. Tutto ciò rischia di generare una crescente disuguaglianza dal momento che i lavoratori a media e bassa specializzazione potrebbero veder diminuire i propri salari, i primi a causa dell’automazione; i secondi a causa dell’intensificarsi della concorrenza. Gli studi sulle economie emergenti non sono numerosi, ma da alcuni emerge un quadro simile per quanto concerne i cambiamenti nel mondo del lavoro, ovvero nei paesi europei a medio reddito come la Bulgaria e la Romania, è in aumento la richiesta di lavoratori con competenze cognitive e interpersonali non di rou- tine, mentre è rimasta stabile la domanda di lavoratori per mansioni manuali non di routine, che richiedono minore specializzazione.20 La richiesta di competenze cognitive di routine è aumentata anche in Botswana, Etiopia, Mongolia, Filippine e Vietnam,21 e nel complesso, gli studi rivelano che, la richiesta di competenze cognitive e interpersonali non di routine sta aumentando più rapidamente rispetto alla domanda di altre tipologie di competenze. I lavoratori altamente qualificati traggono notevoli benefici dal cambiamento tecnologico, che sembra, invece, pena- lizzare i meno qualificati, soprattutto quelli relegati a svolgere mansioni manuali. Altri studi mostrano che i cambiamenti nel mondo del lavoro hanno avuto esiti positivi in paesi come l’Argentina, dove l'adozione delle tecnologie dell'in- formazione e della comunicazione nel settore manifatturiero ha aumentato il turnover occupazionale, per cui alcuni lavoratori sono stati sostituiti, alcune professioni sono state eliminate, altre sono state create e la percentuale di lavo- ratori non qualificati si è ridotta; ciò nonostante, i livelli occupazionali sono aumentati in tutte le categorie di competenze.22 La tecnologia sta rivoluzionando anche i processi produttivi, mettendo in discussione i confini tradizionali delle imprese e ampliando le global value chain. Così facendo, la tecnologia cambia l’assetto geografico del lavoro, come già acca- duto in passato in precedenti fasi di innovazione tecnologica. La Rivoluzione Industriale, che ha meccanizzato la produzione agricola, automatizzato la pro- duzione e ampliato le esportazioni, ha portato alla migrazione di massa della manodopera dalle campagne alle città. L’era dell’aviazione civile per il trasporto passeggeri ha ampliato l’offerta turistica dalle località del Nord Europa ai resort internazionali sulle coste del Mediterraneo, creando così migliaia di nuovi posti di lavoro in nuove destinazioni. Il flusso transcontinentale delle moderne telecomunicazioni e in generale dell’ICT, unitamente al calo dei costi dei trasporti, ha portato all’espansione delle global value chain verso l'Asia orientale. Ma dietro al fenomeno dell’esternalizza- zione non c’è solo la tecnologia, concorrono, infatti, anche altri fattori come spiega il caso delle Filippine che nel 2017, hanno superato l'India in termini di quote di mercato nel business dei call center, anche grazie a una tassazione più favorevole. A ciò si aggiunga che la tecnologia consente la formazione di cluster di imprese in zone rurali povere (sottosviluppate) come è avvenuto in Cina, nel 2009 quando piccoli commercianti al dettaglio hanno iniziato a convergere sul sito Taobao.com Marketplace, una delle maggiori piattaforme cinesi di piccole imprese e singoli imprenditori di proprietà di Alibaba. Questi cluster, — i “Tao- bao Villages” —si sono diffusi rapidamente passando da appena 3 nel 2009 a 2.118 nel 2017 sparsi in 28 provincie e già nel 2017 esistevano ben 490.000 negozi online. Nonostante la maggiore crescita del volume d’affari nella vendita di prodotti tradizionali come abbigliamento, mobili, calzature, valigeria, pellet- teria e accessori auto, i rivenditori iniziano a diversificare l’offerta includendo anche prodotti high-tech quali i droni. 26 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 Le piattaforme online stanno eliminando molte delle barriere geografiche precedentemente associate a determinati lavori al punto che il Bangladesh, con i suoi 650.000 lavoratori freelance, contribuisce con una percentuale pari al 15% al bacino di manodopera mondiale.23 Indiez, fondata in India nel 2016, adotta un approccio fondato sul lavoro di squadra coniugato con l’online freelancing, riunendo una comunità di professionisti di talento geograficamente distribuiti in varie parti del mondo, soprattutto India, Sud Est asiatico e Europa dell’Est che collaborano su progetti tecnologici per clienti provenienti da tutto il mondo. Indiez annovera tra i suoi clienti la catena di ristoranti-pizzeria Domino's India e il colosso industriale indiano Aditya Birla Group. Anche Wonderlabs in Indo- nesia segue un modello analogo. Infine, la tecnologia sta cambiando le modalità e le condizioni di lavoro. In luogo dei tradizionali contratti a lungo termine, l’avvento delle tecnologie digitali ha fatto crescere il numero di lavori a tempo determinato, spesso attraverso le piattaforme online, i cosiddetti “lavoretti” ovvero una tipologia di lavoro che si presta a una maggiore flessibilità. Inoltre, la diffusione capillare dell’accesso all'in- frastruttura digitale, tramite laptop, tablet e smartphone, crea un terreno fertile all’espansione dei servizi on-demand , che spaziano dalla consegna a domicilio di generi alimentari ai servizi di trasporto fino a settori più sofisticati come contabi- lità, editing e produzione musicale come nel caso di Asuqu in Nigeria, una piatta- forma che mette in contatto artisti, professionisti e aziende in tutta l’Africa o Crew Pencil in Sudafrica che opera nell'industria cinematografica o ancora Tutorama, con sede nella Repubblica Araba d'Egitto, che mette in contatto studenti e tutor privati locali. In Russia, gli studenti lavorano come autisti per Yandex, conciliando l’attività lavorativa e i corsi universitari, sfruttando le ore di punta in luoghi diversi della città per raggiungere il più alto livello di turnover di passeggeri. È difficile stimare la dimensione della gig economy e i relativi dati, quando disponibili, mostrano che questa modalità di lavoro non è ancora molto diffusa. In Germania e nei Paesi Bassi solo lo 0,4% della forza lavoro è attiva nella gig economy mentre a livello mondiale, la popolazione totale dei freelance è stimata a circa 84 milioni di persone, ovvero meno del 3% della forza lavoro mondiale pari a 3.5 miliardi.24 Un lavoratore freelance può, comunque, avere un lavoro tradizionale come per esempio negli Stati Uniti, dove oltre i due terzi dei 57,3 milioni di freelance svolgono anche un lavoro tradizionale, utilizzando il freelan- cing (o: questa opzione lavorativa) per integrare il proprio reddito.25 La stima più accurata indica che a livello mondiale meno dello 0,5% della popolazione attiva partecipa alla gig economy, di cui meno dello 0,3% nei paesi in via di sviluppo. I cambiamenti nella natura del lavoro sono in qualche modo più evidenti nelle economie avanzate in cui la tecnologia è diffusa e i mercati del lavoro partono da livelli più elevati di formalizzazione. Tuttavia, anche le economie emergenti cercano da decenni di stare al passo con questi cambiamenti ma, come è stato evidenziato precedentemente, nonostante il progresso tecnologico, l'informalità è ampiamente diffusa e in alcuni paesi a basso e medio reddito raggiunge anche il 90%, pertanto, salvo alcune rare eccezioni degne di nota riscontrate in Europa dell’Est, la lotta all’informalità è un’impresa difficile. In paesi come El Salvador, il Marocco e la Tanzania solo un lavoratore su cinque è occupato nel settore formale perché, in media, nelle economie emergenti due lavoratori su tre sono lavoratori informali (figura 1.3). L’informalità era già profondamente radicata in alcuni paesi ancor prima che il flusso del cambiamento tecnologico del nuovo millennio travolgesse le econo- mie. Purtroppo i vari programmi di riduzione dell’informalità, ispirati all’opera La trasformazione del lavoro | 27 FIGURA 1.3 Nelle economie emergenti due lavoratori su tre sono lavoratori informali (paesi selezionati) 100 % percentuale dei lavoratori informali 64.7 60 Media, economie emergenti 20 l r io a iti co as ia go ia sia rù a pa ge gu vi liv en or Ha Pe ur oc To ni da Ne Ni ra Av Bo m nd Tu or ol ca Ar d’ Ho M M Ni a st Co Fonte: team WDR 2019, dati tratti dall’indagine sui nuclei familiari e sulla forza lavoro dell’International Income Distribution Data Set della Banca Mondiale. Nota: la figura mostra alcuni paesi selezionati con i più alti tassi di occupazione informale. Si rientra nella categoria di lavoratore informale se non si ha un contratto di lavoro, non si hanno tutele in materia di previdenza sociale e assicurazione sanitaria e non si appartiene a un sindacato. Le stime si riferiscono all'ultimo anno disponibile per ciascun paese, nel periodo compreso tra il 2010 e il 2016. di Hernando de Soto “Povertà e Terrorismo; L’Altro Sentiero” (2002), non hanno prodotto grandi risultati a causa di normative onerose, nonché di regimi fiscali e previdenziali che disincentivano la crescita delle imprese. Alla luce dei recenti sviluppi tecnologici, la linea di demarcazione tra lavoro formale e informale diventa meno netta e si assiste a una sorta di convergenza nella natura del lavoro tra economie avanzate ed emergenti. Nelle economie avanzate i mercati del lavoro diventano più fluidi, mentre nelle economie emer- genti persiste l'informalità e le sfide che devono affrontare i lavoratori a tempo determinato o i lavoratori temporanei, anche nelle economie avanzate, sono le stesse con cui si confrontano i lavoratori del settore informale. Nella mag- gior parte dei paesi in via di sviluppo il lavoro autonomo, il lavoro dipendente informale senza contratti scritti né tutele, e più in generale, i lavori a bassa pro- duttività rappresentano la norma. Questi lavoratori operano in una zona grigia di incertezza normativa, in cui nella maggior parte dei casi la legislazione del lavoro non fa chiarezza circa le responsabilità del datore di lavoro nei confronti del dipendente. Questa categoria di lavoratori spesso non ha accesso ad alcuna prestazione: non ha diritto alla pensione, né alle indennità per malattia, o disoc- cupazione, né tantomeno a nessuna delle tutele garantite ai lavoratori formali. Non è certo questo il tipo di convergenza che ci si aspettava di raggiungere nel XXI secolo, in quanto da sempre, lo sviluppo economico è stato sinonimo di formalizzazione, come testimonia l’impianto della protezione sociale e della normazione del lavoro. Un contratto di lavoro formale retribuito è ancora oggi la base più comune per accedere alle tutele garantite dai regimi di previdenza sociale e dalle normative che disciplinano, ad esempio, il salario minimo o il trattamento di fine rapporto. I cambiamenti nella natura del lavoro indotti dalla 28 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 tecnologia cambiano a loro volta il modello di accesso alle prestazioni assicura- tive e assistenziali che dal datore di lavoro transitano nella sfera di competenza diretta dello Stato, generando interrogativi circa la pertinenza dell’attuale nor- mativa in materia di lavoro. Un modello semplice di evoluzione del lavoro Riusciranno i robot a far avverare gli antichi presagi dei Luddisti, preoccupati che un giorno le macchine avrebbero sostituito i lavoratori? L’automazione di massa indica forse che le dinamiche del passato, come quelle di Cina, Giappone e Regno Unito alla conquista della prosperità per mezzo dell’industrializzazione, siano solo un lontano ricordo? Quale strategia politica potrà garantire che l'evo- luzione del lavoro conduca a un mondo più prospero e più equo?26 Gli alti costi del lavoro rispetto al capitale, oltre una determinata soglia, spin- gono le aziende ad automatizzare la produzione o a trasferire le attività nei paesi i cui i costi del lavoro sono minori (figura 1.4). Questa riduzione dei costi può essere attuata esplicitamente all’interno di un’azienda oppure implicitamente all’interno di un mercato attraverso la concorrenza. L’accento viene posto sul costo relativo del lavoro, non sul reddito, perché in alcuni paesi il costo del lavoro può non essere in linea con il livello di reddito. È il caso, ad esempio, di quei paesi in cui i bassi livelli di capitale umano rendono i lavoratori impro- duttivi, riducendo il potenziale di esportazione oppure di quei paesi in cui le normative aumentano significativamente i costi del lavoro per i datori di lavoro del settore formale. In risposta alla globalizzazione, le aziende hanno cominciato a delocaliz- zare il lavoro nelle città dei paesi in via di sviluppo, riducendone i costi relativi complessivi (e facendo spostare la curva nella figura 1.4 a sinistra). Del resto l'automazione riduce la domanda di lavoratori del settore manifatturiero ovun- que (spostando la curva verso il basso) e modifica anche, nel suo complesso, il rapporto tra occupazione industriale e costo del lavoro, in quanto si realizza più rapidamente proprio dove i FIGURA 1.4 L'influenza dell’automazione costi del lavoro sono maggiori, e della globalizzazione sull'occupazione posto che l’incentivo a ridurre il industriale costo del lavoro prevalga su altre differenze tra un luogo e l’altro Livelli di occupazione industriale (la forma delle curve cambia nella figura 1.4 da disallineata a sinistra Automazione a disallineata a destra). (settori storici) Globalizzazione Keynes aveva intuito che nel XX secolo l'occupazione nei set- tori tradizionali, in particolare l'agricoltura, sarebbe diminuita enormemente, ma non riuscì a prevedere l'esplosione dei nuovi Costo relativo del lavoro in un paese prodotti che i lavoratori del XXI secolo avrebbero ideato e consu- Fonte: Glaeser 2018. mato, ma soprattutto, non riuscì Nota: Le curve sono a forma di U rovesciata al fine di riflettere la regolarità empirica secondo la quale una quota più ampia di occu- a prevedere la vasta economia dei pazione nei paesi a medio reddito è rappresentata dal lavoro nel servizi che avrebbe impiegato i settore manifatturiero; invece i paesi a reddito più alto tendono a specializzarsi nei servizi; mentre nei paesi a basso reddito l’occupa- lavoratori nella maggior parte delle zione nel settore agricolo incide con una percentuale più alta. La trasformazione del lavoro | 29 economie avanzate. Le tecnologie FIGURA 1.5 Il lavoro del futuro sarà il digitali consentono alle aziende di prodotto delle forze dell'automazione automatizzare, sostituire all’interno e dell'innovazione dei processi produttivi la manodo- pera con le macchine, e innovare Occupazione in ciascun settore aumentando il numero di man- sioni e prodotti. Il futuro del lavoro dipenderà dalla lotta tra automa- Automazione Occupazione persa Innovazione zione e innovazione (figura 1.5) e nei settori storici se da un lato in risposta all'automa- zione, diminuisce l'occupazione nei settori storici, dall’altro, in risposta all’innovazione, emergono nuovi Occupazione mantenuta Nuova occupazione settori o attività. Pertanto, il futuro nei settori storici in nuovi settori del lavoro, nel suo complesso, non dipenderà solo da queste variabili, Settori (in ordine di suscettibilità all’automazione) ma anche dall’intensità di mano- dopera e competenze richieste Fonte: Glaeser 2018. dai nuovi settori e attività. Queste Nota: l’ordine dei settori nella figura dovrebbe essere inteso a partire dal più automatizzabile fino al meno automatizzabile, forze, a loro volta, determineranno o dai lavori scarsamente e mediamente qualificati fino ai lavori i salari. altamente qualificati in cui si osserva una diminuzione della domanda relativa per alcuni lavoratori meno istruiti. Nel corso degli ultimi 40 anni o quasi, il capitale umano è stato un baluardo contro l'automazione, in virtù anche della minore capacità delle macchine di riprodurre mansioni complesse; i lavoratori, però, scarsamente o mediamente qualificati hanno tratto minor beneficio dall’evoluzione tecnolo- gica, sia perché le loro mansioni sono più suscettibili di automazione sia perché sono meno complementari con la tecnologia.27 Qual è il risultato di tutto ciò? L'automazione ha ridotto sproporzionata- mente la domanda di lavoratori meno qualificati, e il processo di innovazione ha generalmente favorito i più istruiti. Ma la grande incognita è: i lavoratori sostituiti dall’automazione avranno le competenze richieste per i nuovi posti di lavoro che la stessa innovazione creerà? Questo studio evidenzia la grande importanza del capitale umano per la forza lavoro del futuro, tuttavia, è giusto ricordare che molte innovazioni, così come le catene di montaggio di Henry Ford, hanno aumentato la domanda di lavoratori meno qualificati, mentre altre, come gli orologi al quarzo, hanno eroso, in modo sproporzionato, posti di lavoro che richiedevano maggiori qualifiche. L'automazione e l'innovazione sono in gran parte l’esito inaspettato di una singola scoperta rivoluzionaria, come la diffusione di Internet, o il risultato di investimenti più mirati da parte delle aziende che cercano di ridurre il costo del lavoro o aumentare i profitti in nuovi mercati. Tuttavia se l’innovazione rimarrà imbrigliata nella fitta rete delle regolamentazioni, con ogni probabilità il lavoro subirà una battuta d’arresto. Verso la metà del XX secolo, l’automazione che ha creato lavastoviglie e lava- trici ha rivoluzionato le attività casalinghe, consentendo a milioni di donne di lavorare fuori casa. Le donne spesso trovavano lavoro nell’economia dei servizi, che si è sviluppata fornendo sempre più prodotti e servizi, dal cappuccino ai mutui, fino a una categorizzazione sempre più delineata di alcune figure profes- sionali, quali personal trainer e operatori del mercato finanziario. Ora resta da capire se in questo secolo sarà possibile vendere un numero sempre maggiore di 30 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 servizi di questo tipo e se i lavoratori del settore si troveranno nella stessa area metropolitana dei propri clienti. La battaglia tra innovazione e automazione imperversa non solo nella “Rust Belt” americana e nei siti analoghi europei, poiché sebbene i paesi con bassi livelli salariali non siano in grado di investire nelle innovazioni che consentano un minore impiego di manodopera, adottano comunque le idee dalle economie avanzate. La meccanizzazione agraria nelle economie emergenti è, infatti, l’e- sempio più evidente di sostituzione del lavoro a livello mondiale, che obbliga i centri urbani alla creazione di nuova occupazione al fine di impiegare gli agri- coltori scalzati dall’industrializzazione dell’agricoltura. La diminuzione dei costi di trasporto e di collegamento (la cosiddetta globalizzazione) facilita l’espansione di questi mercati del lavoro urbani, a condizione che questi collegamenti (o: la globalizzazione si diffonda) si diffondano più rapidamente della produzione automatizzata. Quindi, sebbene nelle economie emergenti la crescita dell'occu- pazione sia sostenuta dalle global value chain, nel caso dei paesi africani l’auto- mazione potrebbe impedire loro di raggiungere l’industrializzazione di massa. L’impressionante crescita economica vissuta dalla Cina, dal Giappone, dalla Corea e dal Vietnam ha avuto inizio grazie alla globalizzazione: il basso costo della manodopera ha reso le esportazioni di prodotti manifatturieri molto com- petitivi sui mercati e non solo, questi paesi hanno scelto di investire in infra- strutture, zone economiche speciali e, soprattutto, capitale umano, che ha dato vita a una forza lavoro di alta qualità connessa con il mondo esterno. La transizione di Shenzhen, in Cina, dalla produzione a basso costo e ad alta intensità di manodopera alla produzione altamente specializzata e tecnologica illustra la sfida che devono affrontare i paesi a industrializzazione tardiva. Questi dovranno competere non solo con l'alto costo del lavoro e con le produzioni ad alta intensità di capitale del ricco Occidente, ma anche con le produzioni tecnologicamente avanzate e il costo del lavoro moderato dell’Asia e dell’Eu- ropa dell’Est. Se la spinta della globalizzazione raggiungerà l’Africa troppo len- tamente, allora l’industrializzazione potrebbe non essere più un percorso valido per la creazione occupazionale. Questo possibile rischio avvalora le ragioni a favore di investimenti immediati nei prerequisiti della globalizza- FIGURA 1.6 Il capitale umano determina zione: istruzione e infrastrutture la produttività e i salari nelle di trasporto.28 economie emergenti Se le città africane conserve- ranno il modello attuale, l'occupa- Numero di potenziali lavoratori zione rimarrà concentrata nel set- Regolamentazione tore informale mal retribuito dei servizi e non sarà possibile uscire Globalizzazione e automazione da questo modello economico a meno che non si investa in modo significativo in capitale umano (figura 1.6). In tal caso, l’Africa potrebbe urbanizzarsi, abban- Produttività del lavoro nel settore formale donando il modello economico basato sui proventi delle esporta- Fonte: Glaeser 2018. zioni di risorse naturali e prodotti Nota: le linee verticali indicano il livello minimo di produttività a agricoli e diventando un'economia cui le imprese trovano ottimale assumere formalmente i lavora- tori prima di procedere verso la globalizzazione. in grado di produrre servizi. La trasformazione del lavoro | 31 La globalizzazione aumenta i ritorni degli investimenti in capitale umano attraverso una maggiore produttività del lavoro; alcuni lavoratori operano nel settore delle esportazioni, e lo spostamento dei lavoratori verso tale settore aumenta la domanda per tutti i tipi di lavoro (figura 1.6). Questa transizione positiva intende fotografare l’esperienza di una nazione povera che ha improv- visamente accesso a ingenti investimenti esteri diretti, fermo restando, natural- mente, che la globalizzazione potrebbe non aumentare sempre la produttività in maniera trasversale. Allo stesso modo, i benefici della globalizzazione non matureranno in modo uniforme, poiché è vero che la globalizzazione fa aumentare la variabilità nella produttività del lavoro, ma la produttività degli agricoltori di sussistenza rimane bassa e relativamente omogenea, ragion per cui i vantaggi della partecipazione a un’economia globalizzata sono molto più incerti. Investendo ingentemente sul capitale umano dei propri cittadini, i governi aumentano le possibilità di successo che gli stessi possono avere sui mercati globali. Le linee verticali nel grafico della figura 1.6 indicano il livello minimo di produttività raggiunto a cui le imprese trovano ottimale assumere formalmente i lavoratori prima di procedere verso la globalizzazione. In un contesto antece- dente allo sviluppo economico, il salario minimo, le prestazioni obbligatorie e altre imposte e regolamentazioni rendono l’informalità un’allettante alternativa per tutti, ad eccezione dei lavoratori più produttivi. Ma se le normative rimanes- sero immutate, la globalizzazione e l'automazione attirerebbero in molti casi più lavoratori nel settore formale, aumentando la loro produttività. Tuttavia, questa spinta verso l’occupazione formale potrebbe essere smorzata qualora i paesi, in ragione di un più sostenuto sviluppo, imponessero maggiori vincoli alle aziende. La globalizzazione comporta un aumento dei redditi, ma potrebbe non riuscire a ridurre del tutto l'informalità se a un incremento delle interconnessioni globali corrispondesse anche una maggiore ambizione normativa dei governi. In effetti, l'informalità potrebbe addirittura aumentare, qualora la globalizzazione fosse accompagnata da un corrispondente aumento della regolamentazione. Infine, le autorità politiche devono riflettere sulla gestione del rischio dato il prevalere dell’informalità nei paesi in via di sviluppo e una maggiore incertezza associata ai cambiamenti nel mondo del lavoro. Il persistere di un vasto settore informale dei servizi mette alla prova i sistemi di gestione del rischio attuati attraverso i datori di lavoro. Il finanziamento delle pensioni e di altre forme di previdenza attraverso le imposte sui salari percepiti dai lavoratori formali fa ben poco, laddove questi lavoratori rappresentano solo una piccola parte della forza lavoro. Infine, l’imposizione di requisiti severi scoraggia la formalizzazione. Questo studio avvalora anche l'importanza dell'inclusione sociale per tutti i lavoratori, indipendentemente da come o dove lavorano. I governi potrebbero rafforzare la protezione sociale e ridurre la disuguaglianza attraverso disposizioni oppure contributi a forme di sostegno datoriali come salario minimo, assistenza sanitaria o tutela contro il licenziamento. In alternativa, potrebbero perseguire gli stessi obiettivi mediante il sostegno statale diretto, tramite programmi di assi- stenza sociale e previdenza sociale universale sovvenzionata oppure lavori di pubblica utilità, ad esempio, per operatori sanitari di comunità. Entrambe le tipologie di politica sociale promuovono l'equità ed entrambe implicano dei costi. Dalla prospettiva dello Stato, diverse combinazioni di norme e sostegni pubblici producono il medesimo livello di equità. Gli aiuti pubblici diretti generano costi di attuazione e implicano a volte sprechi e aliquote fiscali più elevate. Gli obblighi a carico del datore di lavoro scoraggiano le assunzioni e 32 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 potrebbero, se troppo stringenti, ampliare la forbice delle disuguaglianze facendo aumentare la quota di lavoratori disoccupati o nel settore informale. Inizialmente, molti paesi in via di sviluppo hanno optato per la redistribuzione, prima di tutto attraverso la regolamentazione del mercato del lavoro, poiché i costi di eventuali effetti distortivi erano esigui rispetto alla limitata capacità dello Stato di finanziare i programmi sociali. Se l’automazione farà aumentare il costo di un’eventuale distorsione dei mercati del lavoro e lo sviluppo migliorerà l’effi- cienza del settore pubblico, il governo dovrà abbandonare il modello della redi- stribuzione di matrice normativa per passare a politiche di sostegno sociale diretto. Il futuro del lavoro appare incerto, l’innovazione potrebbe superare l’auto- mazione e la globalizzazione potrebbe diffondersi così velocemente da consen- tire all’Africa di industrializzarsi, crescere e prosperare. Eppure, vista la notevole incertezza sul futuro del lavoro, i governi dovrebbero ripensare le politiche che impediscono la creazione di posti di lavoro e puntare su strategie in grado di tutelare i più deboli stimolando, al contempo, l’occupazione. Note   1. Molte imprese o servizi online utilizzano una piattaforma o modello di “mercato a due versanti”. Le piattaforme consentono ad acquirenti e venditori o a fornitori di servizi e utenti di entrare in contatto. Vedasi Banca Mondiale (2016).   2.  eBay Inc. (2013).   3.  Chen e Xu (2015).   4.  Freund, Mulabdic, e Ruta (2018).  5. McKinley (1958).  6. Zeng (1973).  7. Taylor (2016).   8.  International Federation of Robotics, Francoforte, https://ifr.org/.   9.  Dauth et al. (2017). 10.  Gregory, Salomons, e Zierahn (2016). 11.  TASS (2017). 12.  Keynes ([1930] 1963). 13.  All’epoca venne usato un algoritmo per estendere il campione al fine di catalogare il resto delle 632 categorie professionali statunitensi sulla base dell’insieme delle man- sioni. Laddove la probabilità di automazione era maggiore di 0,7, quella mansione era considerata a rischio (Frey e Osborne 2017). 14.  Aspin (1964). 15.  Banca Mondiale (2014). 16.  Banca Mondiale (2015a, 2015b). 17.  Akerman, Gaarder, e Mogstad (2015). 18.  Arias, Santos, e Evans (2018). 19.  Almeida, Fernandes, e Viollaz (2017). 20.  Hardy, Keister, e Lewandowski (2018). 21.  Per i paesi dell’Asia orientale, vedasi Mason, Kehayova, e Yang (2018). Per gli altri, vedasi Banca Mondiale (2016). 22.  Brambrilla e Tortarolo (2018). 23.  Aowsaf (2018). 24.  Trattasi della somma delle varie statistiche disponibili: 57,3 milioni, Stati Uniti; 2 milioni, Regno Unito; 10 milioni, Unione Europea; 15 milioni, India. In questi paesi o regioni si osserva un vero e proprio boom del lavoro freelance. Il dato aggregato rappresenta con ogni probabilità una porzione cospicua di tutti i lavoratori freelance a livello globale. 25.  Upwork (2017). 26.  La presente sezione si basa su Glaeser (2018). La trasformazione del lavoro | 33 Acemoglu e Autor (2011). Nelle economie avanzate, la sostituzione dei lavoratori 27.  a seguito dell’automazione sembra concentrarsi nelle attività mediamente qualifi- cate, conducendo alla polarizzazione dei mercati del lavoro. Il Rapporto rivela, che almeno finora, esiste una notevole variazione nei paesi in via di sviluppo nella cre- scita relativa dell’occupazione in varie attività. In molti paesi, diventano sempre più importanti le attività mediamente qualificate. L’istruzione migliora la capacità dei paesi di trarre vantaggio dalla globalizzazione. 28.  Per esempio, gli esportatori di successo in paesi in via di sviluppo tendono ad espor- tare prodotti di maggiore qualità e richiedono competenze più avanzate. (Brambrilla, Lederman, e Porto 2012; Verhoogen 2008). Riferimenti bibliografici Acemoglu, Daron, and David H. Autor. 2011. “Skills, Tasks, and Technologies: Implications for Employment and Earnings.” In Handbook of Labor Economics, Vol. 4, Part B, edito da Orley C. Ashenfelter and David Card, 1043–1171. San Diego, CA: North-Holland. Akerman, Anders, Ingvil Gaarder, and Magne Mogstad. 2015. “The Skill Complementa- rity of Broadband Internet.” Quarterly Journal of Economics 130 (4): 1781–1824. Almeida, Rita K., Ana M. Fernandes, and Mariana Viollaz. 2017. “Does the Adoption of Complex Software Impact Employment Composition and the Skill Content of Occu- pations? 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La natura mutevole CAPITOLO 2 delle imprese I n passato, le imprese hanno sempre operato all'interno dei propri confini e tale dinamica fu spiegata nel 1937 dall'economista britannico Ronald Coase nell’ar- ticolo intitolato “La natura dell’impresa.”1 Coase capì che le imprese di Detroit crescevano solo quando ritenevano più vantaggioso completare i segmenti del ciclo produttivo internamente, piuttosto che spingersi sul mercato aperto. Nel 2018 le imprese operano entro confini molto più ampi. Gli accordi di libero scambio e il potenziamento delle infrastrutture hanno ridotto gli oneri dell’interscambio transfrontaliero, favorendo intese commerciali ovunque i costi siano inferiori.2 Inoltre, le nuove tecnologie hanno ridotto i costi di comunica- zione. Di conseguenza, le imprese ricorrono meno alla strategia di integrazione verticale e tendono a esternalizzare un numero maggior di attività sul mercato. Si assiste, persino, alla creazione di nuovi mercati da parte di talune aziende. Ad esempio, JD.com, la seconda azienda di e-commerce più importante della Cina, vanta oltre 170.000 commercianti online sulla propria piattaforma, molti dei quali in aree rurali. Le aziende hanno ampliato i propri confini in modo graduale. Basta confron- tare la Ford Motor Company degli anni '30 con il Gruppo Inter IKEA del 2018 per capire come i rigidi confini delle imprese si siano ampliati nel tempo. Henry Ford possedeva gli allevamenti di pecore che fornivano la lana per i rivestimenti dei sedili delle automobili della sua azienda. Possedeva, persino, una miniera di ferro e una flotta per il trasporto del carbone necessario ad alimentare l’esteso complesso industriale di River Rouge nei pressi di Detroit. L’azienda gestiva internamente la maggior parte delle fasi produttive, poiché trovare un fornitore esterno in grado di produrre e personalizzare i vari componenti tecnici compor- tava costi maggiori. Ben diversa è l’evoluzione di IKEA. Negli anni '80 e '90, l'integrazione ver- ticale in Svezia ha dato il via alla globalizzazione. L'espansione internazionale di IKEA, fondata nel 1943 in Svezia, è iniziata con l’apertura di piccoli negozi nel 1963 in Norvegia e poi nel 1969 in Danimarca. La riduzione delle barriere tariffarie e delle barriere non tariffarie ha permesso a IKEA di creare catene globali del valore. L'avvento di Internet ha trasformato queste catene in reti globali: IKEA acquista molti dei suoi prodotti mediante offerte online. Ed è così che aziende, da ogni parte del mondo, entrano nella rete dei suoi fornitori. Aziende come IKEA avrebbero reso orgoglioso l'economista austriaco Joseph Schumpeter. Il capitalismo si nutre della “perenne tempesta di distruzione cre- ativa,” scriveva Schumpeter nel 1942.3 Egli, contrariamente ai governi, non si preoccupava della perdita dei posti di lavoro che tale processo implica. Con l’espandersi dei confini delle imprese, tra il 1975 e il 20124, il tasso di occupazione nelle aziende è diminuito rispettivamente del 75% nei paesi avan- zati e del 59% nelle economie emergenti. Avvalendosi dei dati delle Penn World Tables sui tassi di occupazione totale, che includono i lavoratori del settore auto- nomo e della pubblica amministrazione, la Banca Mondiale ha calcolato una flessione pari a due terzi nei 76 paesi in via di sviluppo considerati. I governi tentano di contrastare tale riduzione, che viene spesso attribuita all’espansione delle grandi aziende. La politica cerca di creare nuova occupa- zione, finanziando programmi a favore dello sviluppo delle piccole e medie imprese. Tuttavia, questi programmi, solo in rari casi, presentano vantaggi in termini di costi-efficacia. Si fondano, infatti, sulla convinzione che le piccole e medie imprese creino posti di lavoro a tempo indeterminato, eppure resta il fatto che in molte economie sono le grandi aziende a registrare il numero più elevato di posti di lavoro stabili.5 36 La natura mutevole delle imprese | 37 La soluzione ideale sarebbe, invece, quella di ridurre le barriere per le start-up al fine di promuovere mercati concorrenziali. Le start-up necessitano di un clima imprenditoriale favorevole che non sia appannaggio delle grandi aziende pri- vate già presenti sul mercato da tempo (le cosiddette incumbent) e delle imprese pubbliche o altre imprese gestite da funzionari pubblici, da loro soci o affini. Le start-up, in numero esiguo, sono pertanto destinate a diventare le future aziende superstar. Il cambiamento tecnologico favorisce le imprese più produttive in ogni comparto industriale, incentivando la riallocazione (o: la ripartizione) delle risorse verso que- ste aziende. Le tecnologie digitali favoriscono la rapida scalabilità. Dal 2010 Jama- lon, un rivenditore di libri online ad Amman, in Giordania è stato in grado, con meno di 100 dipendenti, di creare partenariati con oltre 3.000 redattori di lingua araba e 27.000 di lingua inglese, consegnando 10 milioni di libri nella sola regione del Medio Oriente. Le aziende basate sul modello piattaforma sono in aumento in tutto il mondo, e offrono nuove opportunità per lo scambio di beni e servizi. L’ascesa delle grandi aziende è un evento indubbiamente positivo, l’economia digitale ha, infatti, consentito alle aziende di crescere più rapidamente rispetto a 20 anni or sono. Ma ci sono anche delle altre variabili da considerare. In partico- lar modo, i mercati digitali offrono alle imprese nuove opportunità di reprimere la concorrenza. L'economista statunitense Sherwin Rosen, che ha introdotto nel 1981 il concetto di imprese superstar, aveva previsto che la tecnologia avrebbe consentito alle imprese di espandere i propri mercati, ovvero escludere più facil- mente la concorrenza. In molti casi, tale previsione si è rivelata veritiera. La tec- nologia ha permesso ad alcune aziende una rapida ascesa ai vertici dei mercati, impedendo ad altre di decollare del tutto. In secondo luogo, le imprese integrate a livello globale, che fanno "scala senza massa" (scale without mass)6 creano nuove sfide in materia di tassazione. È sempre più difficile determinare dove avvenga la creazione di valore, quando ci si trova di fronte ad aziende che operano attraverso reti transfrontaliere che collegano utenti, idee e processi produttivi. Avvalendosi della possibilità di creare valore su scala internazionale, le imprese riescono più facilmente a trasferire gli utili verso giurisdizioni a bassa tassazione. Per contrastare tale fenomeno occorre un coordinamento a livello globale. Nel frattempo, i singoli paesi potrebbero adottare misure unilaterali, ampliando i regimi dell’imposta sul valore aggiunto o creando nuovi regimi fiscali esclusivamente per l'economia digitale. Tuttavia, la riscossione tributaria su attività immateriali, quali i dati degli utenti ad esempio, si rivela assai difficile. L’economia digitale favorisce, infatti, ancora di più le pratiche elusive tradizionali come il transfer pricing, ossia la fissazione dei prezzi di trasferimento. Le aziende superstar Le grandi aziende dominano l'economia globale: si stima che, a livello mon- diale, il 10% delle aziende generi l’80% dei profitti totali. Le aziende superstar determinano le esportazioni di un paese. Uno studio condotto su 32 paesi in via di sviluppo ha rilevato che, in media, i cinque maggiori esportatori in un dato paese realizzano un terzo delle esportazioni, rappresentando circa la metà della crescita indotta dalle esportazioni e un terzo della crescita prodotta dalla diversificazione delle esportazioni.7 La crescita è particolarmente sostenuta nei mercati soggetti a un’accelera- zione dei progressi tecnologici, ma anche la riduzione delle barriere commerciali spinge le aziende a espandersi, aumentando l’accesso a nuovi fattori produttivi 38 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 FIGURA 2.1 L’1% dei maggiori esportatori rappresenta una quota di esportazioni più ampia nei paesi ricchi rispetto ai paesi più poveri 100 Zambia 80 Cile Svezia 1% dei maggiori esportatori Repubblica Popolare Democratica del Laos Norvegia Tanzania Thailandia Messico 60 Danimarca Turchia Romania 40 Etiopia Bangladesh 20 Cambogia 6 8 10 12 Log PIL Pro Capite (PPA) Fonte: team WDR 2019, sulla base dell’Exporter Dynamics Database, versione 2.0, descritto in Fernandes, Freund, e Pierola (2016). Nota: le esportazioni di petrolio (idrocarburi come petrolio, prodotti petroliferi, gas naturale, e carbone) sono escluse dal calcolo. PIL = prodotto interno lordo; PPA = parità del potere d'acquisto. importati.8 Nei paesi ricchi, l’1% dei maggiori esportatori rappresenta una più ampia quota di mercato delle esportazioni—in media pari al 55%— rispetto alla quota dei paesi più poveri (figura 2.1). Le grandi aziende hanno un effetto positivo sui progressi economici. Nelle economie in via di sviluppo, rappresentano un motore di crescita che trae risorse dall'agricoltura di sussistenza. Le grandi aziende sono in prima linea nell'adozione di nuove tecnologie. Sono in grado di aumentare la produttività aggregata, migliorando le proprie capacità interne al fine di essere più efficienti, estromettere le aziende improduttive, e realizzare economie di scala in grado di ridurre i prezzi al consumo. All’interno del tessuto economico, la maggior parte dell’occupazione formale si concentra nelle grandi aziende. Negli ultimi anni, le aziende con oltre 100 dipendenti hanno rappresentato il 60% del tasso di occupazione totale in Malesia, Myanmar, e Vietnam. In Cambogia si è arrivati al 70%. Una situazione analoga si riscontra anche in altri paesi: in Argentina le grandi imprese hanno rappresen- tato il 53% dell'occupazione totale, in Bolivia il 46%, nella Repubblica Domini- cana il 62% e in Ecuador il 54%.9 In Serbia, i lavoratori occupati nell’1% delle più importanti imprese manifatturiere hanno rappresentato, in media, un quarto dell’occupazione totale; mentre coloro occupati nel 5% delle imprese più impor- tanti hanno rappresentato quasi la metà della forza lavoro totale.10 La situazione è simile in Romania. Le imprese superstar tendono a concentrare la maggior parte dei lavoratori perché sono imprese altamente produttive, nonostante le loro attività a minor intensità di manodopera rispetto alle imprese tradizionali.11 La natura mutevole delle imprese | 39 L'importanza delle grandi imprese nel trainare la crescita economica non è un fatto nuovo. Tuttavia, l'avvento delle piattaforme digitali ha cambiato il modo in cui questo fenomeno si verifica. Le piattaforme digitali stanno sosti- tuendo i centri commerciali tradizionali, collegando gli acquirenti direttamente ai diversi negozi monomarca, creando produttività per i brand e generando al contempo ricavi per i proprietari delle piattaforme. I dati ottenuti attraverso le piattaforme vengono, altresì, utilizzati per migliorare l'efficienza aziendale, a volte su mercati diversi da quelli in cui questi dati sono stati inizialmente rac- colti. JD Finance, una società finanziaria appartenente al gruppo cinese JD.com, incorpora i dati delle transazioni acquisiti attraverso la piattaforma commerciale nel proprio modello di valutazione dei prestiti. Le piattaforme digitali sono in aumento in tutti i paesi. Ad esempio VIPKID, una società cinese leader nel settore della formazione online fondata nel 2013 ha permesso a 200.000 studenti cinesi di trovare 30.000 insegnanti in Nord America per lezioni di inglese individuali completamente online. Jumia, creata nel 2012, è una società di e-commerce nigeriana che si è fatta strada già in 23 paesi africani, vendendo prodotti elettronici, generi alimentari e articoli di moda. Flipkart in India veicola le vendite di elettronica di consumo tra forni- tori e clienti. In pratica si tratta di un grande mercato che sfida i confini delle imprese, originariamente descritti da Ronald Coase. Come già detto, le piattaforme digitali consentono la rapida scalabilità di un’impresa. Sono moltissimi gli esempi di start-up multimilionarie cresciute grazie alle piattaforme. In Cina, il gigante dell’e-commerce JD.com ha avviato la propria attività commerciale in un piccolo stand a Zhongguancun, il distretto tech di Pechino. A luglio 2018 la piattaforma JD aveva 320 milioni di utenti attivi. Ant Financial, parte del Gruppo Alibaba, è la società fintech di maggior valore al mondo. L'azienda è decollata nel giro di pochi anni grazie ai progressi nel settore dell’intelligenza artificiale. Ant utilizza i big data per erogare prestiti in meno di 1 secondo dal momento della richiesta. Il modello di credito “3-1-0” prevede una procedura di richiesta della durata di 3 minuti, un tempo di elabo- razione di 1 secondo e 0 interventi manuali. Dal 2014, oltre 4 milioni di piccole imprese cinesi hanno ricevuto finanziamenti avvalendosi di questa procedura. Le piattaforme digitali offrono agli imprenditori opportunità commerciali immediate, creando al contempo posti di lavoro. Dal 2009, molti cluster di micro rivenditori rurali online hanno aperto le loro attività sulla piattaforma cinese Taobao.com Marketplace, promuovendo i cosiddetti “Taobao Villages”. I commer- cianti del Taobao Village producono beni di consumo, prodotti agricoli e prodotti artigianali sulla base delle proprie competenze di nicchia. I Taobao Villages hanno creato oltre 1,3 milioni di posti di lavoro, riportando i giovani che migravano in aree urbane nei luoghi d’origine per avviare la propria impresa. Per stimolare la crescita di questa tipologia di e-commerce, è indispensabile disporre di una connettività Internet affidabile e di un'elevata diffusione degli smartphone. Le piattaforme ampliano le opportunità di lavoro. Nel 2018 la maggior parte dei posti di lavoro si è concentrata nel settore dei servizi: il tasso di occupazione totale ha superato il 70% in Argentina, Arabia Saudita e Uruguay e l'80% nella RAS di Hong Kong, Cina, in Israele e in Giordania. La proliferazione delle piat- taforme consente ai freelance di avere accesso simultaneo a più piattaforme con costi di ingresso contenuti. I consumatori sono anche più propensi all’utilizzo dei servizi online perché in questi ripongono grande fiducia, potendo contare su marchi certificati, un capitale sociale digitalizzato e sulla verifica da parte di terzi. La fiducia dei consumatori consente alle piattaforme di espandersi rapidamente 40 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 in altri segmenti imprenditoriali. Grab, una start-up di Singapore di trasporto on-demand, è riuscita a conquistare il 95% del mercato del Sud Est asiatico prima di espandersi e offrire servizi aggiuntivi come food delivery e sistemi di pagamento. Grazie a GrabPay circa due terzi della popolazione nella regione, che non possiedono un conto bancario, hanno accesso a pagamenti elettronici. Alcune piattaforme ampliano l'offerta di manodopera, aumentando le oppor- tunità di impiego in tipologie di lavoro nuove e flessibili nella gig economy che vanno ad integrare le forme tradizionali di occupazione. I lavoratori stabiliscono le proprie ore di lavoro nella maggior parte delle piattaforme. Analogamente, per i percettori di un reddito secondario le entrate aggiuntive possono ridurre le fluttuazioni del reddito. La flessibilità tipica del lavoro attraverso le piattaforme consente, inoltre, a un numero maggiore di donne di partecipare alla forza lavoro. Ma queste caratteristiche sfumano la linea di demarcazione tra lavoro formale e lavoro occasionale. Sebbene in certi casi la flessibilità sia un vantaggio, questa desta, tuttavia, timori in materia di instabilità del reddito e tutele intrin- seche al rapporto di lavoro tradizionale tra datore di lavoro e dipendente, che prevede piani pensionistici, assicurazione sanitaria e ferie retribuite. Infine, le piattaforme digitali consentono alle imprese di sfruttare capacità fisiche e materiali sottoutilizzate, trasformando il capitale inattivo in capitale attivo. Ad esempio, le piattaforme di ride-hailing, ovvero trasporto on-demand, consentono a tutti di pubblicizzare il proprio tempo libero e sfruttare la capacità inutilizzata del proprio veicolo per generare reddito, che si tratti di un’auto di lusso, di un motorino o di un tuk-tuk. I siti web di lavoro freelance permettono ai programmatori informatici disoccupati, ubicati in zone remote del mondo, di comprovare la propria esperienza così da trovare lavoro con aziende all’estero. In linea generale, l'ascesa delle aziende delle piattaforme digitali che operano a livello globale, principalmente nel cloud, e che spesso generano reddito dal capitale di altre aziende, segna un cambiamento nella natura potenziale delle imprese. Eppure, la maggior parte delle normative non è ancora adeguata a tali cambiamenti. Queste aziende spesso operano in una zona grigia dal punto di vista normativo, sebbene siano chiamate al rispetto degli standard minimi di qualità, prudenza e sicurezza, nonché di altri vincoli legislativi. In ragione della grande quantità di dati accumulati, impiegati e monetizzati dalle aziende digitali, la privacy e la tutela dei dati sono al centro del dibattito normativo. Ma tra le altre implicazioni vi sono anche le prescrizioni dettate dai regolamenti urbanistici e non solo che vincolano le attività imprenditoriali. Ad esempio, sebbene venga riconosciuta ad Airbnb la capacità di decentralizzare il turismo dai nuclei urbani ed avere un impatto positivo sulle attività commerciali locali, spesso gli alloggi di Airbnb non sono soggetti ai medesimi vincoli urbanistici o ai requisiti per il rilascio di una licenza a cui sono soggette altre strutture ricettive. Peraltro, l’attività di Airbnb potrebbe arrecare disagi ai residenti stabili che non condividono il beneficio del reddito da locazione. Laddove le piattaforme provocano una corsa al ribasso nelle condizioni di lavoro, la regolamentazione si rivela uno strumento importante. In Indone- sia, agli inizi del 2018, i conducenti di Go-Jek e Grab sono scesi in piazza per chiedere migliori condizioni tariffarie. In risposta, il governo indonesiano ha imposto a queste aziende l’obbligo di registrazione come società di trasporti, il rispetto degli standard di sicurezza e la determinazione di una tariffa minima. All'inizio del 2018, i tribunali egiziani hanno sospeso le licenze delle società di ride-hailing Uber e Careem in risposta alle contestazioni dei tassisti. Poco dopo, La natura mutevole delle imprese | 41 nel maggio 2018, il governo egiziano ha approvato una legge per regolamentare tali società, consentendo a Uber e Careem di riprendere l’attività e competere con i taxi tradizionali. Mercati competitivi La presenza fisica non è più un prerequisito per operare in un determinato mercato, in particolare nell'economia digitale in cui i prodotti immateriali sono replicabili a costi ridotti o nulli. L’espansione dei confini offre alle aziende oppor- tunità di crescita, ma spesso aumenta il rischio di concentrazione del mercato. Nell'economia digitale, le condotte anti-competitive sono più difficili da identi- ficare. Gli effetti di rete spesso avvantaggiano coloro che per primi utilizzano la tecnologia, facilitando l'emergere di monopoli. Maggiori start-up significa maggiore concorrenza. In un contesto di condi- zioni commerciali favorevoli, aumentano le probabilità di sviluppo delle start-up e di conseguenza dei posti di lavoro. Di fronte a una nuova concorrenza, le imprese meno produttive, purché non siano a partecipazione statale o abbiano connessioni politiche, sono destinate a uscire dal mercato.12 La creazione di un clima imprenditoriale favorevole consente alle aziende di maggior successo di crescere in modo naturale. Il progetto Doing Business della Banca Mondiale espone i requisiti normativi di base in grado di promuovere le iniziative private. Questi dati sono stati utilizzati dai ricercatori per studiare gli effetti deleteri di una regolamentazione onerosa. I tassi di povertà sono minori nei paesi in cui le regolamentazioni agevolano l’attività di impresa.13 Un paese in grado di creare un contesto adatto alle imprese avrà una maggiore attività in termini di creazione di start-up e posti di lavoro. Allorché il Messico ha semplificato la procedura di registrazione delle imprese, il numero di nuove imprese è aumentato del 5%, e il lavoro salariato del 2,2%.14 I maggiori costi di avviamento possono anche portare a una minore produttività complessiva: in assenza di concorrenza, le imprese che sono già sul mercato continueranno a operare indipendentemente dai livelli di produttività. Mercati competitivi e scambi efficienti richiedono infrastrutture di base, quali strade, ponti, porti e aeroporti. La riduzione dei costi di trasporto, nonché pro- cedure di conformità transfrontaliere più snelle ed economiche, non fanno che aumentare le esportazioni. L'infrastruttura logistica facilita il commercio online di prodotti non digitali. L'accesso a banda larga è un fattore imprescindibile per le imprese dell’era digi- tale, del resto, molte aziende dipendono in parte o addirittura esclusivamente da Internet. L’accesso mediante telefono cellulare non basta; le tecnologie a banda larga riducono ulteriormente i costi di transazione in mercati periferici privi di infrastrutture di trasporto. Le regioni del Medio Oriente e del Nord Africa sono tra le meno servite. Sebbene si contino oltre 120 abbonamenti di telefonia mobile ogni 100 abitanti (uno dei livelli più alti al mondo), ci sono meno di 10 abbona- menti a banda larga ogni 100 abitanti e la larghezza di banda per singolo utente è limitata. Tutto ciò evidenzia la quasi inesistenza della finanza digitale in questi paesi, nonostante la partecipazione attiva dei loro cittadini sui social media. La tecnologia consente alle aziende di aumentare il vantaggio competitivo, rendendo le loro operazioni più efficienti e consentendo loro di creare nuovi modi di fare impresa. Teleroute, una piattaforma belga, utilizza un algoritmo per abbinare spedizionieri e vettori in Europa, riducendo le corse a vuoto fino 42 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 al 25%. Una migliore connettività consente, inoltre, alle start-up di entrare in contatto con tecnici esperti attraverso piattaforme di lavoro freelance online. Upwork, una piattaforma statunitense, dal 2015 ad oggi ha collegato 5 milioni di aziende con oltre 12 milioni di free-lance. La quarta più grande comunità di professionisti si trova in Ucraina. Un tempo, le start-up richiedevano data center, sistemi informatici, software personalizzati e un'infrastruttura di sup- porto per gli utenti che necessitavano di grandi conglomerati. Nell'era digitale, gli imprenditori di tutto il mondo hanno accesso a questi servizi via Internet. Un ulteriore aspetto dell'economia digitale risiede nelle nuove sfide che essa pone in materia di diritto della concorrenza, fusioni e acquisizioni e benessere dei consumatori. L'ascesa delle piattaforme digitali solleva questioni legate al potere di mercato (figura 2.2). Gli effetti di rete associati ad alcuni prodotti online spesso portano vantaggi significativi per chi arriva per primo, agevolando la concentrazione del mercato e facilitando l'emergere di monopoli. Nel 2017, Safaricom, il più grande operatore di telefonia mobile del Kenya, con una quota di mercato pari all'80%, ha lanciato M-Pesa, il primo sistema di pagamento mediante cellulare. Un anno dopo, M-Pesa raggiungeva la stessa quota di mer- cato anche nel servizio dei pagamenti elettronici. Talvolta le piattaforme digitali escludono i concorrenti applicando tariffe mag- giori per l’interconnessione di altre reti. Quando lo Zimbabwe ha imposto l’intero- perabilità e la condivisione infrastrutturale agli operatori di moneta elettronica, il numero di utenti è aumentato del 15%. In Perù, l’ente di regolamentazione delle telecomunicazioni ha obbligato i principali operatori del settore a offrire servizi di messaggistica alle banche impegnate nell’introduzione della moneta elettronica. Nel complesso, l'economia digitale pone delle sfide politiche. Molte imprese di piattaforme digitali operano in mercati adiacenti, multi-faccia, raggruppando o almeno collegando diverse tipo- FIGURA 2.2 Nel 2018 le piattaforme logie di servizi. Quando un’azienda digitali dominano sui concorrenti offline fornisce servizi gratuiti su un seg- mento di mercato in cambio di dati M-Pesa Airbnb Didi Chuxing degli utenti e poi monetizza quei Piattaforme e dimensione dei relativi concorrenti 100 o -line (dimensione della piattaforma=100) dati su un altro segmento nasce un nuovo tipo di potere di mercato. Le 80 indagini antitrust devono adeguarsi a questi nuovi scenari e utilizzare 60 nuovi strumenti di analisi. Marriott e Hilton 40 Elusione fiscale Taxi con In un contesto in cui i confini 20 regolare delle imprese trascendono ormai licenza Gruppo le frontiere geografiche e le attività KCB materiali, è diventato più semplice 0 Numero di Camere Numero di trasferire i profitti in giurisdizioni filiali/agenti (milioni nel conducenti a bassa tassazione (pianificazione (Kenya) mondo) (milioni in Cina) fiscale e elusione fiscale). Ne con- segue che, ogni anno, miliardi di Azienda-piattaforma Concorrente o ine (oppure – piattaforme dollari di profitti aziendali non digitali) vengono tassati. Un aggiornamento Fonti: team WDR 2019 sulla base dei dati di Safaricom; KCB Bank del sistema fiscale internazionale Group; Airbnb; Marriott International Inc.; Financial Times. La natura mutevole delle imprese | 43 sarebbe, pertanto, auspicabile e vantaggioso; Le tematiche oggetto di attuale dibattito sono, infatti, la tassazione delle imprese nell'economia digitale globa- lizzata e le modalità di distribuzione del valore. L' Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) stima che ogni anno vengono sottratti al fisco tra 100 e 240 miliardi di dollari a causa dell’erosione della base imponibile e del trasferimento dei profitti da parte delle multinazionali.15 Tale importo equivale al 4-10% delle entrate derivanti dalle imposte globali sul reddito delle società. Un'altra stima rivela che le multinazio- nali trasferiscono circa il 45% dei propri profitti in paradisi fiscali, con una con- seguente perdita di entrate fiscali derivanti dalle imposte sui redditi delle società pari al 12%.16 Tuttavia, tali perdite variano da un paese all’altro. Si ritiene che l’Australia, il Brasile, la Francia, l'India, il Giappone, il Messico e gli Stati Uniti, così come gran parte dell'Africa, siano tra i paesi maggiormente colpiti dal tra- sferimento degli utili.17 Nelle normative fiscali, esiste una moltitudine di scappatoie, molte delle quali sono state create attraverso attività di lobbying aziendale, che consentirebbero alle aziende di ridurre la pressione fiscale. Tali scappatoie possono essere utiliz- zate dalle grandi aziende per aumentare le detrazioni fiscali e dirottare i profitti altrove, a volte in giurisdizioni con imposte sui redditi societari minime o addi- rittura nulle, i cosiddetti paradisi fiscali o hub per gli investimenti. Tale feno- meno non è né nuovo né illegale, ma si realizza più facilmente nell’economia digitale. Nel 2016 circa il 60% delle società di Fortune 500 avevano almeno una filiale alle Bermude o alle Isole Cayman, dove l’aliquota dell’imposta sui redditi societari è pari allo 0%. Lo stesso gruppo di società detiene, a quanto pare, più di 2,6 trilioni di dollari di profitti accumulati offshore, e sebbene parte di questi potrebbero essere ascrivibili ad attività commerciali attive, altri sono stati quasi certamente trasferiti all’estero con l’intento di eludere il regime fiscale statuni- tense prima delle riforme fiscali del 2017.18 I “Paradise Papers”, trapelati alla fine del 2017, svelano una lunga lista di esempi.19 Le criticità derivano dalle attuali normative che si basano sui principi di fonte e residenza. Con fonte, si intende la posizione geografica delle attività generatrici di reddito (l'idea di "dove viene creato valore" legata alla presenza materiale di lavoro o capitale). Con residenza, ci si riferisce al luogo in cui si ritiene che la società, che percepisce il profitto, abbia la sua sede principale, di solito il luogo in cui la società è costituita o è realmente gestita in virtù dei vincoli del suo titolare con lo Stato (residenza, domicilio, o cittadinanza—presenza fisica). Gli “stati della fonte” hanno potere impositivo primario sugli utili dalle vendite. I paesi di residenza tassano il reddito delle multinazionali proveniente da investimenti di liquidità. In pratica, secondo le norme generalmente applicabili, le multinazionali pagano le tasse nei paesi in cui dislocano le loro attività e le loro consociate. Le imprese organizzano le strutture interne di produzione transfrontaliera tra consociate, dichiarando profitti diversi per consociate diverse, in alcuni casi apparentemente senza considerare la generazione diretta di valore da parte di ciascuna consociata. Spesso è difficile identificare quando tali strutture siano legittime e quando vengano create principalmente per eludere il fisco in giuri- sdizioni dove la tassazione è maggiore. Avendo molteplici possibilità di sottrarsi al fisco, non sorprende che le aziende lo facciano. In effetti, gli utili sono diventati nel tempo molto sensibili ai differenti regimi fiscali applicabili a livello internazionale, il che significa che le imprese riescono a evitare di pagare le tasse. Alcune imprese manipolano i prezzi di 44 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 trasferimento, praticando prezzi inferiori sulle esportazioni vendute da paesi ad alta tassazione a paesi a bassa tassazione, oppure prezzi maggiorati su merci provenienti da paesi a bassa tassazione. L'ubicazione strategica della proprietà intellettuale, la ricollocazione del debito internazionale attraverso finanziamenti intrasocietari, il treaty shopping, e il differimento delle imposte sono altrettanti meccanismi volti a eludere il fisco. Le aliquote fiscali effettive gravanti sulle società hanno un impatto decisivo sull’ubicazione delle consociate. Un differen- ziale di aliquota fiscale maggiore di 1 punto percentuale tra due giurisdizioni riduce l’utile ante-imposte dichiarato di una consociata dell’1%.20 Si calcola che i trattati fiscali abbiano ridotto le entrate tributarie in Africa di circa l’8,5% tra quei paesi che hanno firmato un trattato con un hub di investimento.21 L'economia digitale pone nuove sfide. La natura virtuale delle aziende rende ancora più facile delocalizzare le attività in giurisdizioni a bassa tassazione. La fornitura di beni e servizi dall'estero, senza la presenza materiale nei paesi in cui si trovano i consumatori destinatari dei beni e dei servizi, riesce a eludere la tradizionale imposta sulle società. Le aziende digitali sono in grado di generare profitti da beni immateriali come i dati degli utenti (stranieri). Di conseguenza, è difficile identificare il luogo in cui viene creato il valore. Nel 2016 l'OCSE ha pubblicato un modello per la riscossione dell'imposta sul valore aggiunto dai fornitori stranieri di beni e servizi digitali. Da allora, oltre 50 paesi hanno adottato le linee guida relative alla tassazione delle vendite dirette al consumo di servizi e beni immateriali da parte di fornitori stranieri. Più recentemente, all'inizio del 2018, la Task Force dell'OCSE sull'economia digi- tale (comprendente oltre 110 paesi e giurisdizioni) ha pubblicato una relazione provvisoria sulle sfide fiscali derivanti dalla digitalizzazione e si è impegnata a fornire una soluzione a lungo termine basata sul consenso entro il 2020. Da gennaio 2015, l’Unione Europea impone l’imposta sul valore aggiunto ai fornitori non residenti di servizi elettronici, di telecomunicazione e trasmissione. Le imprese non residenti sono tenute ad applicare l'imposta al tasso vigente nel paese del cliente, eliminando il vantaggio competitivo detenuto dalle imprese digitali ubicate nei paesi con aliquote IVA basse. Questa nuova imposta sul valore aggiunto ha consentito all’Unione Europea di riscuotere oltre 3 miliardi di euro. L'Australia, nel luglio del 2017, ha adottato un approccio simile. A febbraio 2018, Singapore ha annunciato in sede di bilancio che a partire da gennaio 2020 sarà introdotta una tassa sui beni e sui servizi importati, inclusi i servizi digitali come lo streaming di musica e film. Altre economie avanzate che applicano imposte indirette sull'economia digitale sono: Giappone, Repubblica di Corea, Nuova Zelanda, Norvegia, Federazione Russa e Sudafrica. È stato fatto meno invece nelle economie emergenti, dove le entrate fiscali aggiuntive sono maggiormente indispensabili. Nel 2017 Serbia, Taiwan e Cina hanno adottato modelli che estendono il regime dell’IVA ai fornitori digitali. Nel 2018, anche Argentina e Turchia hanno fatto lo stesso, mentre Cina, Malesia e Tailandia stanno revisionando le loro normative fiscali al fine di estendere l’applicazione dell’imposta anche agli utili delle imprese digitali. In alternativa, si potrebbe introdurre una nuova tassa creata ad hoc per i fornitori stranieri di servizi digitali. Questa tassa potrebbe rivelarsi risolutiva, in quanto graverebbe direttamente sui fornitori stranieri piuttosto che sui con- sumatori interni e eviterebbe qualsiasi conflitto con gli accordi esistenti relativi alla doppia imposizione, essendo separata dal sistema tradizionale di imposta sul reddito. Con ogni probabilità, una tassa ad hoc creerebbe condizioni eque tra i fornitori di servizi digitali nazionali e stranieri. Per quanto concerne l'IVA, La natura mutevole delle imprese | 45 la riscossione di questo tipo di imposta è migliorata attraverso un registro dei fornitori di servizi digitali non residenti. Nel 2016 il governo indiano ha introdotto un contributo di perequazione del 6% sulle entrate pubblicitarie online, versate dalle società indiane a società di e-commerce non residenti. Nel marzo 2018 la Commissione Europea ha pro- posto una tassa sui ricavi lordi da attività digitali in cui gli utenti hanno un ruolo nella creazione di valore. La tassa si applicherebbe ai ricavi derivanti dalla vendita di spazi pubblicitari online, da attività di intermediazione che consen- tono agli utenti di interagire e vendere beni e servizi e dalla vendita di dati. La Commissione ha stimato che un’imposta pari al 3% potrebbe tradursi in 5 miliardi di euro all’anno. Tuttavia, gli Stati Membri dell’Unione non hanno ancora raggiunto il consenso sull’opportunità di introdurre tale imposta. Insieme all'adozione di nuove misure per tassare le imprese digitali, la comu- nità internazionale ha adottato provvedimenti volti a contrastare l'erosione della base imponibile e del trasferimento degli utili, nonché altri sistemi di elusione o evasione fiscale, da parte di aziende digitali e tradizionali. Il Global Forum sulla trasparenza e sullo scambio di informazioni ai fini fiscali al quale aderiscono quasi 150 giurisdizioni, mira ad attuare norme concordate a livello internazio- nale in materia di trasparenza e scambio di informazioni a fini fiscali. Inoltre, l’iniziativa promossa dai paesi dell'OCSE e del G-20 nel 2013 sull’erosione della base imponibile e lo spostamento dei profitti riunisce oltre 115 paesi impegnati nella lotta all’elusione fiscale. Il gruppo ha negoziato un pacchetto completo di misure volte a ridurre il trasferimento degli utili, ponendo maggiormente l'ac- cento sul principio di tassazione nello stato della fonte (stato di provenienza del reddito). L’enfasi posta su tale principio contribuisce ad allineare il territorio in cui vengono realizzati gli utili assoggettabili ad imposta con il territorio in cui si crea il valore, nonché a migliorare le informazioni disponibili alle autorità fiscali. Oltre a tali iniziative, ulteriori misure volte a rafforzare l'amministrazione fiscale comprendono l'ampliamento della definizione di " Stabile Organizza- zione” (Permanent Establishment), riconoscendo che le aziende possono con- durre buona parte delle loro attività sul territorio di uno Stato senza un reale presenza; il rafforzamento delle norme che regolano il transfer pricing e delle norme anti-elusione, nonché la capacità di controllo delle economie emergenti; l’adozione di taluni aspetti della formula di ripartizione; e il riferimento a dispo- sizioni anti-elusione come per esempio norme più rigide rispetto alle imprese estere controllate. Molti governi stanno adottando provvedimenti in modo unilaterale. Nel 2015 nel Regno Unito sono entrate in vigore nuove norme contro la distrazione di fondi, che consentono alle imprese di pagare le tasse in anticipo. Queste norme sono state elaborate al fine di incoraggiare la conformità con gli adempimenti fiscali relativi alla tradizionale imposta sul reddito delle società. L’Australia si è dotata di norme simili nel 2016. Tuttavia, questi paesi disponevano già di stru- menti di contrasto al transfer pricing e di una sofisticata serie di misure anti-elu- sione. Per contro, nelle economie emergenti lo scenario è alquanto diverso. La capacità di tali economie di far fronte ai rischi legati al transfer pricing è bassa, il che significa che la legislazione sull’elusione fiscale potrebbe essere inadeguata. Questi paesi potrebbero affrontare più efficacemente il problema dell'elusione fiscale, integrando nel regime ordinario relativo all’imposta sulle società una norma diretta e mirata in materia di distrazione di fondi. Basterebbero alcuni criteri minimi sanciti dalla legge affinché la norma entrasse in vigore. Alcuni paesi applicano anche un'imposta minima sulla base del fatturato. 46 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 Il crescente malcontento dell'opinione pubblica in relazione alle pratiche di elusione fiscale da parte delle multinazionali ha riacceso il dibattito sulla neces- sità di una più completa revisione del sistema fiscale internazionale. Il mecca- nismo della ripartizione della base imponibile consolidata è un’opzione che ha suscitato molto interesse presso alcune autorità politiche, anche se è altamente improbabile che venga adottato per le evidenti difficoltà connesse al raggiun- gimento di un accordo e alla conseguente attuazione a livello mondiale. Tale sistema suddividerebbe la base imponibile tra le giurisdizioni in base al luogo in cui si svolgono le attività alla fonte. I governi dovrebbero concordare una formula per ripartire gli utili, di solito in virtù delle risorse tangibili come volumi di vendite a terzi, attività, monte salari o organico in ciascuna giurisdizione. Questo sistema è già utilizzato a livello nazionale in paesi quali il Canada e la Svizzera per ripartire le entrate tra province e cantoni. Tuttavia, sebbene il meccanismo di ripartizione globale eliminerebbe gli attuali vantaggi dello spo- stamento degli utili in giurisdizioni a bassa tassazione, potrebbe costituire un incentivo per cercare nuovi metodi di trasferimento degli utili. In alternativa, si potrebbe ipotizzare l’applicazione di un’imposta sui flussi finanziari basata sulla destinazione (o imposta di aggiustamento alla frontiera), simile alla formula di ripartizione basata esclusivamente sui volumi di vendite, ma in questo caso la base imponibile non è consolidata. Per contro, i governi tassano il reddito netto derivante dalle vendite sul luogo di residenza dell'acquirente. Al fine di attenuare le carenze in materia di tassazione globale delle imprese, la comunità internazionale continua ad adottare provvedimenti, occorre, però, fare di più. Al momento, troppe multinazionali traggono vantaggio dall’attuale sistema tributario internazionale e una normativa fiscale che consente alle imprese più ricche del pianeta di pagare una percentuale esigua di tasse non fa che contribuire alla disuguaglianza globale. Note  1.  Coase (1937).   2.  Djankov, Freund, e Pham (2010).   3.  Schumpeter ([1942] 2003, 84).   4.  Karabarbounis e Neiman (2013).  5. Freund (2016).   6.  Brynjolfsson et al. (2008).   7.  Freund e Pierola (2015).   8.  Goldberg et al. (2010).  9.  Cifre tratte dai dati 2014–17 delle “Enterprise Surveys” condotte dalla Banca Mondiale. 10.  Cifre tratte dall’ “Exporter Dynamics Database”, versione 2.0, con ulteriori dati aggiornati. 11.  Freund (2016). 12.  Rijkers, Freund, e Nucifora (2017). 13.  Djankov, Georgieva, e Ramalho (2018). 14.  Bruhn (2011). 15.  OCSE (2017). 16.  Tørsløv, Wier, e Zucman (2018). 17.  Beer, de Mooij, e Liu (2018). 18.  Phillips et al. (2017). 19.  I Paradise Papers si riferiscono a un insieme di 13,4 milioni di documenti elettronici riservati relativi a investimenti offshore che sono stati scoperti dai media tedeschi alla La natura mutevole delle imprese | 47 fine del 2017. Consultare il sito web del Consorzio internazionale dei giornalisti inve- stigativi per accedere al database dei documenti (http://www.icij.org /investigations/ paradise-papers). 20.  Beer, de Mooij, e Liu (2018). 21.  Beer e Loeprick (2018). Riferimenti bibliografici Beer, Sebastian, Ruud de Mooij, and Li Liu. 2018. “International Corporate Tax Avoi- dance: A Review of the Channels, Magnitudes, and Blind Spots.” Documento di lavoro, FMI WP/18/168, Fondo Monetario Internazionale, Washington, DC, 23 luglio. Beer, Sebastian, and Jan Loeprick. 2018. “The Costs and Benefits of Tax Treaties with Investment Hubs: Findings from Sub-Saharan Africa.” Documento di lavoro, Fondo Monetario Internazionale, Washington, DC. Bruhn, Miriam. 2011. “License to Sell: The Effect of Business Registration Reform on Entrepreneurial Activity in Mexico.” Review of Economics and Statistics 93 (1): 382–86. Brynjolfsson, Erik, Andrew McAfee, Michael Sorell, and Feng Zhu. 2008. “Scale without Mass: Business Process Replication and Industry Dynamics.” Harvard Business School Technology and Operations Management Unit Research Paper No. 07-016, Cambri- dge, MA. Coase, Ronald. 1937. “The Nature of the Firm.” Economica 4 (16): 386–405. 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Tuttavia resta ancora molto da fare, poiché l'aspettativa di vita nei paesi in via di sviluppo è ancora troppo bassa rispetto a quella dei paesi ricchi come la Repub- blica di Corea, in cui uno bambino nato nel 2018 ha un’aspettativa di vita di oltre 85 anni. Attualmente, la malnutrizione colpisce quasi un quarto dei bambini di età inferiore ai 5 anni e in molti paesi, si osserva che tra i bambini più poveri, la memoria di lavoro e le funzioni esecutive (come l'attenzione prolungata) iniziano a rallentare già dal sesto mese di vita.1 In tutto il mondo, sono oltre 260 milioni i bambini e i giovani che non studiano e nei paesi in via di sviluppo circa il 60% degli studenti della scuola primaria non raggiunge il livello minimo di istruzione. Il capitale umano viene definito come l’insieme di conoscenze e competenze, unitamente allo stato di salute, che ciascun individuo acquisisce nella vita, e che gli consente di realizzare il proprio potenziale in quanto membro produttivo della società. I vantaggi del capitale umano per i singoli, per le società e per i paesi sono molteplici. Nel 1700 l'economista scozzese Adam Smith scriveva, “L’acquisizione di . . . talenti durante. . . educazione, studio o apprendistato, comporta sempre una spesa reale, che [è] un capitale investito su [una] persona. Queste capacità [sono] parte del suo patrimonio [e] di quello della società.”2 Questo era vero allora e lo è ancora nel 2018. Un anno di istruzione in più consente a un individuo di ottenere in media guadagni più elevati; nei paesi a basso e medio reddito sono soprattutto le donne a beneficiare dei ritorni dell’istruzione. Tuttavia, ciò che i bambini imparano è più importante rispetto alla quantità di tempo trascorsa a scuola. Negli Stati Uniti, ad esempio, se una classe di scuola elementare viene affidata a un docente mediamente qualificato, anziché a un insegnante scarsamente qualificato, il red- dito complessivo nella vita futura di quegli studenti aumenta di 250.000 dollari.3 Nonostante la maggiore offerta di lavoratori istruiti, a partire dal 2000, i ritorni degli investimenti in istruzione sono aumentati4; i ritorni all’istruzione sono, infatti, particolarmente elevati a fronte dell’evoluzione tecnologica, in quanto maggiore è il capitale umano posseduto, più rapida sarà la capacità di adeguamento dell’in- dividuo ai cambiamenti tecnologici. In verità, il successo futuro di un lavoratore dipende dalla sua capacità di lavorare con le macchine e non di temerle. In Messico, sono stati i lavoratori più qualificati a beneficiare della maggiore produttività del lavoro derivante dall'Accordo nordamericano di libero scambio del 1994 (NAFTA). Lo sviluppo di competenze socio-comportamentali, quali l'attitudine al lavoro di squadra, l'empatia, la capacità di risoluzione dei problemi e delle controversie e la gestione delle relazioni interpersonali, amplia il capitale umano individuale. Le economie globalizzate e automatizzate premiano maggiormente quelle capa- cità che non possono essere interamente replicate dalle macchine; e gli ingenti ritorni economici prodotti da qualità come la tenacia sono paragonabili a quelli associati alle abilità cognitive. La salute è una componente importante del capitale umano, perché individui più sani sono anche più produttivi. In Nigeria, un programma di diagnosi e trattamento della malaria ha fatto aumentare in poche settimane gli introiti dei lavoratori del 10%5, mentre uno studio condotto in Kenya ha dimostrato che la cura contro la parassitosi intestinale nei bambini (ossia le infestazioni da vermi) 50 Creare il capitale umano | 51 non solo riduce le assenze scolastiche, ma aumenta fino al 20% il salario che questi stessi bambini percepiranno in età adulta, tutto grazie a una compressa che può essere prodotta e distribuita al costo di 25 centesimi.6 Fin dalla tenera età, le dimensioni del capitale umano si integrano a vicenda; una corretta alimentazione in utero e nella prima infanzia migliora, infatti, il benessere psicofisico del bambino. Uno studio promosso nel Regno Unito rivela che gli studenti che seguivano un’alimentazione più sana raggiungevano risultati decisamente migliori in inglese e scienze.7 Allo stesso tempo, uno studio multipa- ese condotto nel sud-est asiatico ha evidenziato che il QI dei bambini sottopeso e obesi era inferiore rispetto a quello dei bambini normopeso.8 In India, i bambini in età prescolare, ai quali erano stati distribuiti giochi basati su abilità logico-ma- tematiche, hanno sviluppato migliori e permanenti capacità intuitive.9 I benefici del capitale umano trascendono il ritorno individuale, in quanto si estendono agli altri anche attraverso le generazioni.10 La terapia antiparassitaria di un solo bambino riduce le probabilità che altri bambini possano contrarre l’infe- zione da ossiuri, migliorando le condizioni di apprendimento e favorendo maggiori guadagni in futuro per tutti.11 L’istruzione materna, attraverso una migliore assi- stenza prenatale, migliora la salute del neonato. In Pakistan, i bambini, le cui madri hanno anche un solo anno di istruzione, studiano un’ora in più al giorno a casa.12 Questi ritorni individuali in termini di capitale umano conducono a benefici significativi per le economie, poiché il processo di crescita di un paese è tanto maggiore quanto più elevato è l’accumulo di capitale umano; capitale umano che integra il capitale fisico nel processo produttivo e rappresenta un fattore importante per l'innovazione tecnologica e la crescita a lungo termine. Ne con- segue che lo scarto di PIL (prodotto interno lordo) pro capite compreso tra il 10% e il 30% è attribuibile alle differenze in termini di capitale umano tra i vari paesi.13 Questa percentuale potrebbe essere ancora più elevata, se si considera la qualità dell'istruzione o le interazioni tra lavoratori con competenze diverse; senza dimenticare che, generando redditi più elevati, il capitale umano accelera la transizione demografica e riduce la povertà. Nel più lungo periodo, il capitale umano diventa un fattore essenziale per le società. Verso la metà degli anni '70, la Nigeria ha introdotto l'istruzione primaria universale, consentendo a un gran numero di bambini, che altrimenti non avreb- bero studiato, di andare a scuola. Anni dopo si è scoperto che i membri di quel gruppo di studenti mostravano un maggior impegno politico, seguivano l’attua- lità, parlavano di politica con i coetanei, partecipavano a riunioni nell’ambito della comunità e votavano più spesso di coloro che non avevano frequentato la scuola primaria. In Libano, i giovani che partecipano al National Volunteer Service Program [programma di servizio volontario nazionale], un programma di formazione volto all’acquisizione di competenze trasversali intercomunitarie, mostrano in generale livelli più elevati di tolleranza. Come disse una volta la scienziata Marie Curie, "Non si può sperare di costruire un mondo migliore senza migliorare gli individui". Il capitale umano promuove anche il capitale sociale e i sondaggi in genere rivelano che le persone più istruite hanno più fiducia negli altri. Le ricerche suggeriscono che grazie alle grandi riforme della scuola dell’obbligo, che hanno avuto luogo in tutta Europa nella metà del XX secolo, le persone, rispetto al pas- sato, sono diventate più tolleranti nei confronti dell’immigrazione.14 A sua volta il capitale sociale è associato a una maggiore crescita economica,15 al contrario la mancata tutela del capitale umano compromette la coesione sociale. Quando la congiuntura storica non è favorevole, il capitale umano è tra i primi a essere messo a dura prova e i conflitti spesso impediscono a intere generazioni di 52 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 FIGURA 3.1 Nella Repubblica Araba realizzare il proprio potenziale. Ad Siriana, tra il 2011 e il 2017, è aumentato esempio, tra il 2011 e il 2017, circa il numero di bambini che hanno 4 milioni di bambini siriani sono abbandonato la scuola a causa stati costretti ad abbandonare la della guerra scuola a causa della guerra civile ed 4,500 è molto probabile che tanti non riu- sciranno mai a recuperare gli anni Numero di studenti (in migliaia) di istruzione perduti (figura 3.1). 3,500 2,500 L’importanza della partecipazione 1,500 dello Stato Gli individui e le famiglie spesso 500 non possono sostenere i costi di acquisizione del capitale umano e 2011 2015 2020 2025 2030 anche quando gli investimenti in E ettivo Stimato capitale umano sono accessibili, le decisioni individuali possono Fonte: team WDR 2019. essere influenzate dalla mancanza Nota: Il numero di bambini che non frequentavano la scuola tra il 2011 e il 2017 si basa sulle stime effettive delle diminuzioni delle di informazioni, o limitate a causa iscrizioni scolastiche rispetto alle tendenze prebelliche e sul pre- delle norme sociali prevalenti, al sunto impatto che la guerra ha avuto sul tasso di iscrizione. Men- tre dal 2018 in poi si esplorano le conseguenze a lungo termine di punto che spesso non si conside- queste tendenze, ipotizzando che le iscrizioni scolastiche tornino rano i benefici collettivi; ragion gradualmente alle tendenze prebelliche e tengano conto delle dinamiche demografiche dei tassi del flusso in entrata e uscita per cui i governi hanno il compito dei rifugiati (se simili a quelli successivi a conflitti internazionali di favorire l'acquisizione di capi- precedenti). Analoghe ipotesi sono state avanzate anche per i profughi interni, ma con tassi di ritorno più elevati durante i primi tale umano. anni dopo la fine della guerra. Molte famiglie disagiate deside- rano investire per garantire una migliore salute e istruzione ai propri figli, ma non possono permetterselo, come testimonia il modo in cui spendono il proprio denaro, quando disponibile. In Sierra Leone, tre o quattro mesi dopo l'introduzione di un programma di rea- lizzazione di opere pubbliche, che ha consentito alle famiglie partecipanti di incrementare il proprio reddito, sono aumentate le spese per i servizi sanitari, in particolar modo in favore dei bambini.16 L’accesso all’istruzione rimane proibitivo anche quando è gratuita, a causa dei costi del trasporto e del materiale didattico, e della perdita di introito indotta dal mancato lavoro minorile, in quanto il bambino, invece di lavorare, va a scuola. Inoltre, molte famiglie povere che vivono in zone rurali hanno difficoltà a raggiungere la scuola o la struttura sanitaria più vicina. In Niger, solo il 24% della popolazione vive a meno di un'ora di cammino dalla struttura sanitaria più vicina durante la stagione delle piogge.17 In casi come questi, l’intervento dello Stato è risolutivo, come dimostrato dall’attuazione di misure di trasferimento monetario grazie alle quali è stato possibile migliorare lo stato di salute e l'istruzione di milioni di bambini in paesi a basso e medio reddito, anche nei casi in cui questi interventi hanno sovvenzio- nato solo parzialmente le spese scolastiche. In Bangladesh, il programma pilota di trasferimento monetario condizionato denominato Shombhob, ha ridotto la malnutrizione acuta [wasting] nei bambini tra i 10 e i 22 mesi e ha informato le madri circa i benefici dell’allattamento al seno;18 occorre evidenziare, tra Creare il capitale umano | 53 l’altro, che gli effetti di questi programmi sono duraturi. In Malawi, grazie a un programma biennale di trasferimento monetario condizionato rivolto alle adolescenti e alle giovani donne, si è registrato un notevole miglioramento dei risultati scolastici, nonché una riduzione significativa del numero totale di gra- vidanze tra le adolescenti che all’inizio del programma non frequentavano la scuola, garantendo i benefici prodotti anche dopo la sua conclusione.19 I programmi possono incoraggiare gli individui a investire in capitale umano nel momento in cui i vantaggi correlati a lungo termine siano significativi o creino meccanismi in grado di veicolare scelte più lungimiranti. I giovani potrebbero non voler frequentare la scuola o prendersi cura della propria salute, perché mancano di autocontrollo o semplicemente perché non apprezzano i benefici dell’istruzione e di una buona salute;20 tuttavia, una corretta informazione sul capitale umano influisce notevolmente sul loro comportamento, come nel caso delle Filippine, dove è stato proposto a un gruppo di giovani di partecipare a un programma di impegno volontario in base al quale avrebbero riavuto indietro il denaro versato in un conto di risparmio, solo superando una prova finalizzata al superamento della dipendenza da tabacco. Il programma ha contribuito a ridurre notevolmente il tabagismo.21 Gli investimenti in capitale umano generano, inoltre, vantaggi sociali signi- ficativi, che spesso però i genitori non riescono a quantificare, né tantomeno a considerare nel loro processo decisionale; ad esempio, i genitori potrebbero trascurare il fatto che curare i propri figli dai parassiti intestinali riduce il rischio di infezione anche per altri bambini, oppure quando si tratta di decidere se man- dare i propri figli alla scuola materna, potrebbero non tenere in conto i van- taggi sociali associati ai programmi di sviluppo della prima infanzia in termini di riduzione dei tassi di criminalità e detenzione. Uno studio del 2010 sul Perry Preschool Program, un programma rivolto ai bambini di età compresa tra i 3 e i 5 anni attivo negli anni '60 nello stato del Michigan, negli Stati Uniti, stimava un ritorno per la società, oltre al ritorno privato, pari a circa 7–12 dollari per ciascun dollaro investito;22 tuttavia, senza l’intervento dello Stato, le famiglie potrebbero non scegliere di investire abbastanza in questa tipologia di programmi. La garanzia di accesso a un'istruzione di qualità riduce il divario nelle compe- tenze cognitive e nelle capacità sociocomportamentali che si forma nella prima infanzia; è noto, infatti, che a 3 anni i bambini provenienti da famiglie a basso reddito hanno ascoltato 30 milioni di parole in meno rispetto ai coetanei più abbienti, ma sappiamo anche che quando questi bambini saranno adolescenti, gli interventi per colmare tale divario saranno più onerosi. Resta il fatto che per i governi che desiderino investire in capitale umano, non c’è migliore opportunità che investire nei primi mille giorni di vita di un bambino, poiché la mancanza di opportuni interventi nella prima infanzi alimenterà più facilmente la spirale di disuguaglianza, in quanto i successivi investimenti pubblici in istruzione e sanità priviligeranno le fasce più agiate. Gli interventi governativi a sostegno degli investimenti in capitale umano vanno ben oltre la spesa per programmi sanitari, educativi e di protezione sociale. In Nepal, gli investimenti nei servizi igienico-sanitari stanno contribuendo in modo significativo alla prevenzione dell'anemia,23 mentre i programmi di edili- zia abitativa migliorano l’istruzione e i risultati sul mercato del lavoro degli indi- vidui più disagiati, offrendo loro l’opportunità di migliorare il livello e la qualità delle relazioni interpersonali. Come infatti è noto, una precoce interazione con i coetanei appartenenti alle fasce più abbienti genera maggiori effetti positivi. 54 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 L’utilità delle misurazioni I governi hanno un ruolo centrale nella creazione del capitale umano in quanto prestatori di servizi sanitari, di istruzione e fonte di finanziamenti volti a garantire parità di accesso alle opportunità, nonché in qualità di enti regolatori in materia di convalida e controllo qualità dei fornitori privati. Eppure spesso non riescono ad assolvere a questo compito, perché sebbene la maggior parte dei governi stanzi una quota significativa del proprio bilancio in favore dell'istruzione e della sanità, spesso la qualità dei servizi pubblici è carente e pertanto insufficiente a produrre capitale umano. A volte, tali servizi penalizzano soltanto le fasce più indigenti, altre vanno a detrimento di tutti, con la sola differenza che le fasce di popolazione più agiate possono decidere di non avvalersi del sistema pubblico. Le carenze qualitative persistono per due motivi: in primo luogo, perseguire buone e valide linee strategiche non sempre ripaga da un punto di vista poli- tico; in secondo luogo, le amministrazioni potrebbero non avere la capacità o gli incentivi per convertire le buone politiche in programmi efficaci. La salute pub- blica diventa una priorità politica solo in caso di emergenza sanitaria, pertanto i rappresentanti politici non hanno motivo di prepararsi a eventuali e future pandemie. A volte, pur convenendo sull'importanza di determinate tematiche, i politici e gli elettori possono non concordare sulla soluzione, non a caso il finan- ziamento di programmi di sanità pubblica attraverso l’aumento della pressione fiscale o l’uso dei fondi destinati a voci di spesa più visibili come le infrastrutture o i sussidi pubblici, si rivela spesso una scelta impopolare. Quando nel 2012 il governo nigeriano ha tentato di abrogare le sovvenzioni per i carburanti, al fine di aumentare la spesa nei servizi sanitari materno-in- fantili ha dovuto far fronte a non poche resistenze e persino i media hanno enfatizzato l'impopolarità della misura abrogativa, non mettendo in sufficiente risalto la necessità di estendere l’assistenza sanitaria di base. Alla fine, le proteste hanno costretto il governo a ripristinare le sovvenzioni. In alcuni paesi, ciò accade nel momento in cui le proposte di riforma o di cambiamento rischiano di minare interessi e posizioni di potere, in altri invece si verificano a causa della fragilità del contratto sociale, per cui i cittadini non si fidano delle istituzioni e sono restii al pagamento delle tasse, perché temono che il denaro sarà male amministrato. Ne consegue che i governi preferiscono inve- stire sugli aspetti politicamente visibili del capitale umano, come la costruzione di scuole e ospedali, ma molto meno sugli elementi intangibili, come la qualità e la competenza dei docenti e degli operatori sanitari. Durante la campagna elettorale, i politici, infatti, tendono a promettere nuove scuole e ospedali, e raramente parlano di argomenti quali i livelli di istruzione effettivi o i tassi di malnutrizione cronica [o: stunting]. I politici ambiscono a consolidare la propria reputazione e si concentrano, pertanto, su interventi con riscontri a breve termine e non sugli investimenti in capitale umano, in quanto questi potrebbero non produrre ritorni economici per anni. Effettivamente, i ritorni dell’investimento in istruzione sul mercato del lavoro, per chi possiede un’istruzione di base, si realizzano solo nei 10-15 anni successivi all’investimento, sebbene chi possieda un'istruzione di base gua- dagni di più rispetto a chi non ne abbia alcuna. Tale assunto assume ancora più valenza nel caso nella prima infanzia. In Jamaica, i bambini che a 1-2 anni sono stati sottoposti a stimoli psicosociali, hanno goduto in età adulta di un aumento di reddito pari al 25%, tuttavia questi ritorni dell’investimento si sono concre- tizzati solo 20 anni dopo.24 Creare il capitale umano | 55 Le complessità tecniche e politiche che ostacolano gli interventi sul capitale umano si evidenziano in modo particolare nell’area dello sviluppo della prima infanzia. Gli esperti, in linea generale, confermano che gli investimenti sull’infanzia possano generare elevati tassi di ritorno, tuttavia, la mancata attuazione su larga scala è attribuibile ad alcune criticità. Innanzitutto, come appena osservato, occorre molto tempo prima che la società possa trarne i vantaggi sperati. In secondo luogo, i servizi devono essere erogati in modo sinergico per un breve periodo nel ciclo di vita di una persona e terzo tali investimenti richiedono il coinvolgimento di molte- plici enti governativi. Tuttavia, le esperienze di paesi come Brasile, Cile e Colombia dimostrano che l’adozione di politiche di sviluppo della prima infanzia su larga scala è possibile. Il programma cileno Chile Crece Contigo [il Cile cresce con te], avviato nel 2006, è diventato un punto di riferimento per i paesi a medio reddito che desiderino investire su vasta scala a favore dell’infanzia, poiché questo programma integra servizi sanitari, educativi e di protezione sociale per i bambini piccoli, e comprende sia piani di copertura universale sia piani categoriali. Per incentivare la domanda di impegno politico servono valutazioni rigorose, poiché spesso le amministrazioni incaricate di attuare le politiche volte a costruire il capitale umano non hanno la capacità o gli incentivi per farlo in modo efficace. Lo studio della Banca Mondiale sui Service Delivery Indicators [Indicatori di erogazione dei servizi] condotto in sette paesi dell’Africa sub-sahariana (che rappresentano nel loro insieme quasi il 40% della popolazione del continente) ha rilevato che, in media, tra i docenti di quarta elementare 3 su 10 non avevano acquisito padronanza della lingua del corso di cui erano titolari. Il dato positivo si è registrato in Kenya, dove il 94% degli insegnanti possedeva, invece, tale competenza. Lo studio rivela un panorama altrettanto eterogeneo nei servizi sanitari: circa l'80% dei medici kenioti era in grado di dia- gnosticare correttamente una condizione clinica generica come l'asfissia neonatale, rispetto a meno del 50% per cento dei medici nigeriani. Una misurazione efficace dei risultati mette in evidenza gli errori politici e burocratici che si traducono in servizi sociali carenti, in tal senso l’informazione è il primo passo per incoraggiare i cittadini a pretendere di più dai propri leader politici e dagli enti fornitori dei servizi. In Uganda, la pubblicazione di schede di valutazione delle strutture sanitarie locali ha indotto le comunità a sollecitare un processo di riforma dei servizi; grazie alle pressioni della popolazione, si sono registrati riscontri positivi in termini di risultati sanitari, tra cui un calo del tasso di mortalità tra i bambini al di sotto dei 5 anni. Una misurazione efficace sensibilizza, inoltre, le autorità politiche sull’im- portanza di investire in capitale umano, evidenziando ancora di più la necessità di interventi decisivi. Twaweza, un'organizzazione tanzaniana, ha condotto un sondaggio sulle competenze alfabetiche e matematiche di base dei bambini. I risultati, pubblicati nel 2011, si sono rivelati a dir poco sconcertanti, in quanto hanno evidenziato che solo 3 allievi di terza elementare su 10 avevano acquisito le competenze matematiche della seconda elementare, e un numero persino minore padroneggiava le tecniche di lettura. Il Service Delivery Indicators della Banca Mondiale, pubblicato approssimativamente nello stesso periodo, ha rilevato i bassi livelli di competenza dei docenti tanzaniani e gli elevati livelli di assenteismo; questi risultati sconfortanti hanno suscitato un forte clamore pubblico e condotto all'introduzione dell'iniziativa “Big Results Now”, che il governo ha varato nel tentativo di individuare e affrontare il problema dei bassi livelli di istruzione e che sta già producendo risultati concreti. Anche quando un governo si dichiara favorevole a investire in capitale umano, poter disporre di informazioni esaustive, per elaborare e adottare 56 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 politiche proficue in termini di costi-efficacia, è indispensabile; ad esempio, sia il Perù sia il Vietnam hanno attuato politiche ambiziose per migliorare il capitale umano. Ma solo una misurazione ad ampio respiro di tutti i fattori che concor- rono all'apprendimento individuale rivelerà le ragioni alla base dei differenziali tra questi due paesi e una volta individuate le disparità, sarà necessario elabo- rare e attuare su vasta scala politiche adeguate in termini di costi-efficacia. Il progetto sul capitale umano Una corretta e attendibile misurazione dei risultati in riferimento all’istruzione e alla sanità accresce l'importanza del capitale umano a livello locale, nazionale e mondiale, stimola la richiesta di interventi politici volti a costruire capitale umano in quei paesi in cui i governi non fanno abbastanza ed è indispensabile per lo sviluppo di ricerche e analisi in grado di orientare l’elaborazione di politi- che in grado di migliorare il capitale umano. Alla luce di questo obiettivo, la Banca Mondiale ha inaugurato il progetto sul capitale umano [Human Capital Project], ovvero un programma di promozione, misurazione e lavoro analitico volto a sensibilizzare e accrescere la domanda di interventi per la creazione del capitale umano. Il progetto si basa su tre com- ponenti: (1) uno strumento di analisi trasversale—l’indice del capitale umano [human capital index], (2) un programma di misurazione e ricerca volto a gui- dare l’azione politica, e (3) un programma di supporto alle strategie nazionali volto ad accelerare gli investimenti in capitale umano. La prima fase del progetto consiste nell’impiego di uno strumento (o: parame- tro) di misura internazionale per un’analisi comparativa di alcune componenti del capitale umano tra i vari paesi.25 Il nuovo indice misura la quantità di capitale umano che un bambino nato nel 2018 può aspettarsi di raggiungere a 18 anni, tenendo conto dei rischi, di norma prevalenti nel suo paese d’origine, di un’i- struzione carente e di condizioni di salute precarie. L'indice è stato elaborato per evidenziare come migliori risultati in termini di istruzione e salute possano influ- ire sulla produttività della futura generazione di lavoratori, partendo dal presup- posto che i bambini nati in un dato anno sono esposti a opportunità di istruzione e rischi per la salute nel corso dei successivi 18 anni. Il progetto si concentra sugli esiti, piuttosto che sui fattori quali la spesa pubblica o la regolamentazione e vei- cola l'attenzione sui risultati, che sono ciò che conta davvero. Pertanto, l'indice del capitale umano diventa un elemento pertinente per le autorità politiche che elaborano e attuano interventi volti a migliorare i risultati a medio termine. L’indice segue l’evoluzione dalla nascita fino all'età adulta di un bambino nato in un dato anno. Nei paesi più poveri, il rischio che un minore non arrivi al quinti anno di vità è una triste realtà e anche quando raggiunge l'età sco- lare, rischia di non accedere all’istruzione primaria, o di completare il ciclo della scuola secondaria inferiore, diversamente dai paesi ricchi dove invece è la norma. Il tempo trascorso a scuola può tradursi in apprendimento discontinuo e disomogeneo, a seconda della qualità degli insegnanti, delle scuole e del soste- gno che riceve in famiglia, ciò significa che al raggiungimento del diciottesimo anno di età, sentirà su di sé gli effetti permanenti di un’infanzia caratterizzata da carenti condizioni di salute e malnutrizione che limiteranno, in età adulta, le sue capacità fisico-cognitive. L'indice del capitale umano quantifica le tappe di questa evoluzione rispetto alle conseguenze in termini di produttività della futura generazione di lavoratori e si compone di tre elementi: (1) una misurazione dell’effettiva sopravvivenza dei Creare il capitale umano | 57 FIGURA 3.2 Apprendimento e malnutrizione cronica sono due componenti dell'indice del capitale umano a. Apprendimento 600 Singapore Punteggio del test armonizzato Federazione Russa Vietnam 500 Cina Kenya Turchia Thailandia Messico Filippine Argentina Colombia 400 Indonesia Benin Mozambico Costa d’Avorio Morocco Malawi India Sudafrica 300 6 8 10 12 Log del PIL pro capite reale (PPA) % percentuale di bambini senza ritardo nella crescita b. Malnutrizione cronica 100 Cina Turchia Colombia Thailandia Morocco Messico 80 Costa d’Avorio Vietnam Kenya Sudafrica Filippine Benin Indonesia Malawi India 60 Mozambico 40 6 8 10 12 Log del PIL pro capite reale (PPA) Fonti: i punteggi dei test armonizzati sono stati estrapolati dal team WDR 2019; i dati relativi alla malnutrizione cronica o stunting provengono dal database congiunto UNICEF–OMS-Banca Mondiale su crescita e malnutrizione infantile, inte- grato con i dati forniti dai country team della Banca Mondiale. Nota: Dati preliminari (al 31 agosto, 2018) soggetti a revisione. PIL = prodotto interno lordo; PPA = parità del potere d'acquisto. bambini dalla nascita fino all’età scolare (5 anni); (2) una misurazione degli anni di studio previsti in funzione della durata e della qualità, che comprende infor- mazioni sull’istruzione di natura quantitativa e qualitativa (figura 3.2, riquadro a); e (3) due ampie misurazioni dei tassi di salute, tassi di malnutrizione cronica (o stunting) (figura 3.2, riquadro b) e dei tassi di sopravvivenza da adulti. Il tasso di sopravvivenza fino all’età di 5 anni è stato calcolato sulla base dei tassi sulla mortalità infantile al di sotto dei 5 anni rilevati da UN IGME (United Nations Inter-agency Group for Child Mortality Estimation) e se nei paesi ricchi, quasi tutti i bambini sopravvivono fino all’età scolare, nei paesi più poveri, 1 bambino su 10 non arriva al quinto compleanno. La morte di questi bambini non è solo una tragedia, ma anche una perdita del loro capitale umano, che non si realizzerà mai. L’entità (o: la quantità) di istruzione viene calcolata sulla base del numero di anni scolastici che un bambino può completare entro il diciottesimo anno di vita, alla luce del modello prevalente dei tassi di iscrizione alle varie classi e 58 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 presumendo che il bambino inizi a frequentare la scuola materna a 4 anni. Il risultato ottimale si realizza quando i bambini continuano ad andare a scuola per 14 anni, fino ai 18 anni di età. Gli alti tassi di iscrizione nell’intero ciclo del sistema scolastico avvicinano molti paesi ricchi al parametro (benchmark) dei 14 anni, mentre nei paesi più poveri, i bambini riescono a completare solo metà degli anni previsti dal parametro di riferimento. Il Gruppo della Banca Mondiale e i suoi partner stanno sviluppando un nuovo database contenente i punteggi di una prova sostenuta dagli studenti, a livello internazionale, in oltre 160 economie, in grado di fornire un’analisi compariva dell’apprendimento. Il database armonizza i risultati delle prove valutative inter- nazionali e regionali ai fini comparativi, consentendo per la prima volta di misu- rare i livelli di istruzione in quasi tutti i paesi attraverso un parametro unico. Le differenze in termini di istruzione sono siderali, con punteggi medi dei test nazionali che vanno da circa 600 nei paesi con i migliori risultati [top performers] fino a meno 200 nei paesi che hanno totalizzato i punteggi peggiori [low perfor- mers]; in altri termini, possiamo dire che un punteggio di circa 400 corrisponde al parametro di competenza minimo stabilito dal Programma per la valutazione internazionale degli allievi (PISA), la più autorevole indagine internazionale di valutazione del livello di istruzione. Nei paesi in via di sviluppo, meno della metà degli studenti soddisfa lo standard PISA rispetto all’86% degli studenti delle economie avanzate. A Singapore, il 98% degli studenti raggiunge il parametro internazionale relativo alle competenze di base nella scuola secondaria, mentre in Sudafrica lo raggiunge solo il 26% degli studenti, il che vuol dire essenzial- mente che tutti gli studenti di scuola secondaria di Singapore sono pronti per l’istruzione postsecondaria e il mondo del lavoro, mentre non lo sono i tre quarti circa dei giovani sudafricani. A differenza dell’istruzione, per cui è possibile misurare gli anni di scolarizza- zione e rilevare il livello di apprendimento, nell’ambito della salute, non esiste un parametro unico e disponibile su larga scala. Pertanto, in assenza di tale grandezza, si utilizzano due variabili suppletive per lo stato di salute generale che fungono da componenti dell’indice: i tassi di sopravvivenza degli adulti e il tasso di malnutrizione cronica [stunting] nei bambini al di sotto dei 5 anni. I tassi di sopravvivenza degli adulti sono utilizzati come variabile suppletiva (o: variabile proxy) di una serie di complicanze non fatali per la salute, a cui può andare incontro un bambino nato in un determinato anno qualora le mede- simi condizioni prevalessero anche nel suo futuro da adulto. La malnutrizione cronica o stunting misura, invece, la percentuale di bambini che presenta un ritardo nella crescita. Tale variabile suppletiva è ampiamente accettata per misu- rare lo stato di salute di un bambino in fase prenatale, postnatale e nella prima infanzia e sintetizza i rischi sulla condizione di salute a cui i bambini possono andare incontro nei primi anni di vita, con gravi ripercussioni sul loro stato di benessere e salute da adulti. Il valore intrinseco dell’istruzione e della salute per il capitale umano è, senza alcun dubbio, fondamentale, ma rimane molto difficile da quantificare poiché non è facile riunire in un unico indice quelle componenti in grado di riflettere concretamente il loro contributo al capitale umano. Molti indici esistenti del capitale e dello sviluppo umano ricorrono ad un’aggregazione arbitraria delle loro componenti. Di contro, le componenti dell’indice del capitale umano ven- gono aggregate dopo essere state trasformate in misure (grandezze) dei loro rispettivi contributi alla produttività del lavoratore, in relazione al parametro corrispondente a un’istruzione completa e a uno stato di salute ottimale. Questo Creare il capitale umano | 59 TABELLA 3.1 Misurazione della produttività da futuro lavoratore di un bambino nato nel 2018 Massima produttività = 1 Collocazione di un paese nel 25° percentile 50° percentile 75° percentile Componente Rispetto al valore sottostante della componente X . . . Componente 1: sopravvivenza 1 Probabilità di sopravvivenza fino a 5 anni 0,95 0,98 0,99 A Contributo alla produttività 0,95 0,98 0,99 Componente 2: istruzione Anni di istruzione previsti 9,5 11,8 13,1 Punteggio del Test (su circa 600) 375 424 503 2 Anni di scolarizzazione previsti in 5,7 8,0 10,5 funzione della durata e della qualità B Contributo alla produttività 0,51 0,62 0,76 Componente 3: salute 3 Frazione di bambini senza ritardo 0,68 0,78 0,89 nella crescita 4 Tasso di sopravvivenza da adulti 0,79 0,86 0,91 C Contributo alla produttività 0,88 0,92 0,95 Indice di capitale umano complessivob 0,43 0,56 0,72 Fonte: team WDR 2019. Nota: Il “contributo alla produttività” misura il contributo di ciascuna componente dell’indice e dell’indice complessivo alla produttività futura da lavoratore di un bambino nato nel 2018 rispetto al parametro di riferimento di istruzione com- pleta e stato di salute ottimale. Un valore di x indica che la produttività è solo una frazione x di quanto potrebbe essere rispetto al parametro di riferimento di istruzione completa e salute ottimale, Le stime sui contributi alla produttività sono corroborate dalla vasta letteratura microeconometrica sui ritorni degli investimenti in istruzione e salute. Gli “anni di scolarizzazione previsti in funzione della durata e della qualità” equivalgono al punteggio del test ottenuto da un paese rispetto al punteggio ottenuto a livello mondiale moltiplicato per gli anni di scolarizzazione previsti dal paese. a. C viene calcolato come la media geometrica dei contributi alla produttività dei numeri 3 e 4. b. A × B × C. approccio richiama la letteratura della contabilità dello sviluppo [development accounting]26. L’entità del contributo della salute e dell’istruzione alla produt- tività del lavoratore è ancorato (o: è corroborato dalla) nella vasta letteratura microeconometrica sui ritorni economici previsti dell’istruzione e della salute. Poiché l’indice del capitale viene misurato in termini di produttività della successiva generazione di lavoratori rispetto al parametro di istruzione completa e stato di salute ottimale, le unità dell’indice si prestano a un’interpretazione logica: un valore di x per un paese significa che la produttività da futuro lavo- ratore di un bambino nato in un dato anno in un dato paese corrisponde solo a una frazione x di quanto potrebbe essere rispetto al parametro di riferimento (tabella 3.1). Inoltre, la produttività futura è divisibile per i contributi delle tre componenti dell’indice, ciascuna delle quali è espressa sempre in termini di pro- duttività rispetto al parametro di riferimento; infine, le tre componenti vengono successivamente moltiplicate per arrivare all’indice complessivo. Le disparità in capitale umano comportano delle conseguenze sulla produt- tività delle future generazioni di lavoratori; se consideriamo un paese che si colloca in prossimità del 25° percentile nella distribuzione di ciascuna delle com- ponenti, sappiamo che un bambino nato nel 2018 raggiungerà una produttività pari solo al 44% rispetto alla produttività che potrebbe raggiungere in condizioni di istruzione completa e salute ottimale rispetto al parametro di riferimento. 60 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 In virtù delle sue unità, l’indice è facilmente riconducibile alla formulazione di scenari futuri di crescita e reddito pro capite. Si ipotizzi, ad esempio, uno scenario di status quo in cui gli anni di scolarizzazione previsti in funzione della durata e della qualità e i livelli di salute, in base alle misurazioni dell’indice per un dato anno, rimangano invariati in futuro. Nel tempo, nuovi lavoratori con livelli di istruzione e salute invariati rispetto allo scenario di status quo sostituiranno gli attuali lavoratori, finché alla fine la totalità della forza lavoro futura possiederà gli anni di scolarizzazione previsti in funzione della durata e della qualità e i livelli di salute espressi dall’attuale indice del capitale umano. Sarà possibile, allora, anche raffrontare questo scenario con uno in cui la totalità della forza lavoro futura beneficerà di un’istruzione completa e godrà di uno stato di salute ottimale. Nel lungo periodo, il PIL pro capite in questo scenario è maggiore rispetto allo scenario di status quo per due ragioni: gli effetti diretti di una maggiore pro- duttività dei lavoratori e gli effetti indiretti generati da maggiori investimenti in capitale fisico, indotti a loro volta dalla presenza di lavoratori più produttivi. La combinazione degli effetti diretti e indiretti, precedentemente esposti, fa sì che un paese con un punteggio nell’indice pari a x raggiungerà nel lungo periodo un PIL pro capite nello scenario status quo pari solo a una frazione x di quanto potrebbe raggiungere in condizioni di istruzione completa e stato di salute otti- male dei propri cittadini. Ad esempio, se gli abitanti di un paese con un indice di x = 0,5 avessero accesso a un’istruzione completa e godessero di una salute ottimale, il loro reddito pro capite, rispetto allo scenario di status quo, raddoppie- rebbe nel lungo periodo. Come ciò si traduca in termini di tassi di crescita media annua dipende dall’orizzonte temporale, poiché se occorrono 50 anni, ovvero circa due generazioni, affinché questi scenari si realizzino, allora un raddop- piamento del reddito pro capite futuro rispetto allo status quo corrisponderebbe circa all’1,4 punti percentuali di ulteriore crescita annua. L’indice misura la quantità di capitale umano che un bambino, nella media, nato nel 2018 può aspettarsi di accumulare in futuro (figura 3.3). Non bisogna dimenticare, però, che i valori medi nascondono probabili variazioni, poiché quasi tutte le componenti dell’indice possono essere disaggregate per genere, nella maggior parte dei paesi, al fine di osservare le differenze tra maschi e femmine in termini di prospettive future. Sebbene tale processo non possa essere condotto sistematicamente per ampi gruppi di paesi, è, comunque, possibile illustrare le differenze all’interno delle varie componenti dell’indice tra le regioni e i gruppi socio-economici dei singoli paesi, che dispongono di una maggiore quantità di dati. Questo studio presenta la prima edizione dell’indice del capitale umano e come tutti gli esercizi di analisi comparativa tra paesi può avere dei limiti, lasciando margini di miglioramento ed estensione per le successive edizioni. In alcuni paesi, le componenti dell’indice come “malnutrizione cronica” [stun- ting] e “punteggi dei test” vengono misurate solo sporadicamente, in altri non vengono misurate affatto. I dati sui punteggi dei test vengono estrapolati da programmi internazionali di valutazione, in cui l’età dei candidati e le disci- pline oggetto di valutazione variano, ragion per cui i punteggi dei test potreb- bero non riflettere accuratamente la qualità dell’intero sistema educativo di un paese, nella misura in cui i candidati che partecipano ai test non rappresentano la totalità della popolazione studentesca. Nonostante l’importanza dell’istru- zione superiore ai fini dell’accumulo di capitale umano in un mondo in rapida evoluzione, non esistono ancora strumenti affidabili per misurare l’istruzione terziaria. I dati sui tassi di iscrizione, indispensabili per stimare gli anni di stu- dio necessari, sono spesso lacunosi, si riferiscono a periodi antecedenti e non Creare il capitale umano | 61 FIGURA 3.3 L’indice del capitale umano, 2018 1.0 Singapore Repubblica di Corea Giappone Hong Kong, Cina Irlanda 0.8 Germania Israele Stati Uniti Serbia Produttività rispetto alla collocazione geografica Federazione Russa Bulgaria Malta Lussemburgo Cina Cile Vietman Bahrain Emirati Arabi Uniti Ucraina Messico Turchia Oman Georgia Argentina Qatar Arabia Saudita 0.6 Colombia Tailandia Repubblica del Moldavia Kirghizistan Perù Repubblica Islamica dell’Iran Kuwait Brasile Filippine Tajikistan Libano Nicaragua Kenya Algeria Indonesia Marocco Nepal Cambogia Repubblica Dominicana Bangladesh Repubblica Araba d’Egitto Guatemala Gabon Haiti Ghana India Etiopia Botswana Senegal Malawi Benin Sud Africa 0.4 Madagascar Afghanistan Iraq Pakistan Burundi Uganda Sudan Repubblica Democratica Angola del Congo Rwanda Costa d’Avorio Mozambico Burkina Faso Nigeria Liberia Nigeria Mali Ciad 0.2 6 8 10 12 Log del PIL pro capite reale (PPA) Fonte: team WDR 2019. Nota: I dati sono da considerarsi preliminari (al 31 agosto, 2018) e soggetti a revisione. PIL = prodotto interno lordo; PPA = parità di potere di acquisto. 62 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 TABELLA 3.2 L’indice del capitale Umano (HCI), 2018 Punteggio Economia Indice Capitale Umano Punteggio Economia Indice Capitale Umano Punteggio Economia Indice Capitale Umano 157 Ciad 0.29 104 Repubblica Araba d’Egitto 0.49 51 Mongolia 0.63 156 Sudan del Sud 0.30 103 Honduras 0.49 50 Ucraina 0.65 155 Niger 0.32 102 Nepal 0.49 49 Emirati Arabi Uniti 0.66 154 Mali 0.32 101 Repubblica Dominicana 0.49 48 Vietnam 0.67 153 Liberia 0.32 100 Cambogia 0.49 47 Bahrain 0.67 152 Nigeria 0.34 99 Guyana 0.49 46 Cina 0.67 151 Sierra Leone 0.35 98 Marocco 0.50 45 Cile 0.67 150 Mauritania 0.35 97 El Salvador 0.50 44 Bulgaria 0.68 149 Costa d’Avorio 0.35 96 Tunisia 0.51 43 Seychelles 0.68 148 Mozambico 0.36 95 Tonga 0.51 42 Grecia 0.68 147 Angola 0.36 94 Kenya 0.52 41 Lussemburgo 0.69 146 Repubblica Democratica del Congo 0.37 93 Algeria 0.52 40 Repubblica Slovacca 0.69 145 Repubblica dello Yemen 0.37 92 Nicaragua 0.53 39 Malta 0.70 144 Burkina Faso 0.37 91 Panama 0.53 38 Ungheria 0.70 143 Lesotho 0.37 90 Paraguay 0.53 37 Lituania 0.71 142 Ruanda 0.37 89 Tajikistan 0.53 36 Croazia 0.72 141 Guinea 0.37 88 Macedonia, FYR 0.53 35 Lettonia 0.72 140 Madagascar 0.37 87 Indonesia 0.53 34 Federazione Russa 0.73 139 Sudan 0.38 86 Libano 0.54 33 Islanda 0.74 138 Burundi 0.38 85 Jamaica 0.54 32 Spagna 0.74 137 Uganda 0.38 84 Filippine 0.55 31 Kazakistan 0.75 136 Papua Nuova Guinea 0.38 83 Tuvalu 0.55 30 Polonia 0.75 135 Etiopia 0.38 82 Cisgiordania e Gaza 0.55 29 Estonia 0.75 134 Pakistan 0.39 81 Brasile 0.56 28 Cipro 0.75 133 Afghanistan 0.39 80 Kosovo 0.56 27 Serbia 0.76 132 Camerun 0.39 79 Giordania 0.56 26 Belgio 0.76 131 Zambia 0.40 78 Armenia 0.57 25 Macao SAR, Cina 0.76 130 Gambia 0.40 77 Kuwait 0.58 24 Stati Uniti 0.76 129 Iraq 0.40 76 Kirghizistan 0.58 23 Israele 0.76 128 Tanzania 0.40 75 Moldavia 0.58 22 Francia 0.76 127 Benin 0.41 74 Sri Lanka 0.58 21 Nuova Zelanda 0.77 126 Sud Africa 0.41 73 Arabia Saudita 0.58 20 Swizzera 0.77 125 Malawi 0.41 72 Perù 0.59 19 Italia 0.77 124 Regno di eSwatini 0.41 71 Repubblica Islamica dell’Iran 0.59 18 Norvegia 0.77 123 Comore 0.41 70 Colombia 0.59 17 Danimarca 0.77 122 Togo 0.41 69 Azerbaigian 0.60 16 Portogallo 0.78 121 Senegal 0.42 68 Uruguay 0.60 15 Regno Unito 0.78 120 Repubblica del Congo 0.42 67 Romania 0.60 14 Repubblica Ceca 0.78 119 Botswana 0.42 66 Ecuador 0.60 13 Slovenia 0.79 118 Timor-Est 0.43 65 Tailandia 0.60 12 Austria 0.79 117 Namibia 0.43 64 Messico 0.61 11 Germania 0.79 116 Ghana 0.44 63 Argentina 0.61 10 Canada 0.80 115 India 0.44 62 Trinidad e Tobago 0.61 9 Paesi Bassi 0.80 114 Zimbabwe 0.44 61 Georgia 0.61 8 Svezia 0.80 113 Isole Salomone 0.44 60 Qatar 0.61 7 Australia 0.80 112 Haiti 0.45 59 Montenegro 0.62 6 Irlanda 0.81 111 Laos RDP 0.45 58 Bosnia ed Erzegovina 0.62 5 Finlandia 0.81 110 Gabon 0.45 57 Costa Rica 0.62 4 Hong Kong SAR, Cina 0.82 109 Guatemala 0.46 56 Albania 0.62 3 Giappone 0.84 108 Vanuatu 0.47 55 Malesia 0.62 2 Repubblica di Corea 0.84 107 Myanmar 0.47 54 Oman 0.62 1 Singapore 0.88 106 Bangladesh 0.48 53 Turchia 0.63 105 Kiribati 0.48 52 Mauritius 0.63 Fonte: WDR 2019 team. Nota: L’indice del capitale umano va da 0 a 1. L’indice si misura in termini di produttività della successiva generazione di lavoratori rispetto al parametro di riferimento di istruzione completa e piena salute. Un’economia in cui il lavoratore medio raggiunga il potenziale di istruzione completa e piena salute totalizza un punteggio pari a 1 dell’indice. Creare il capitale umano | 63 contemplano esplicitamente le capacità socio-comportamentali, mentre i tassi di sopravvivenza degli adulti riferiti ad alcuni paesi risultano essere imprecisi in ragione dell’incompletezza o dell’inesistenza dei registri dello stato civile. L’indice del capitale umano mette in luce il problema della carenza di dati e intende promuovere un’azione migliorativa, ma come è noto, per raccogliere dati affidabili occorre tempo; ragion per cui riconoscendo queste limitazioni ogget- tive si propone, temporaneamente, un’interpretazione prudenziale dei punteggi di ciascun paese nell’indice. Pur fornendo stime sul contributo dell’istruzione e della salute alla produttività dei futuri lavoratori, l’indice non misura nei minimi dettagli le piccole differenze tra paesi e poiché illustra solo i risultati non può essere considerato una checklist di indirizzo politico, in quanto gli interventi necessari alla creazione del capitale umano variano da un paese all’altro. Nonostante i progressi significativi in materia di dati disponibili sui risultati ottenuti nell’ambito della salute e dell’istruzione, c’è ancora molto da fare; l’in- dice non contempla per esempio, le competenze cognitive avanzate e le capacità socio-comportamentali, il cui contributo alla produttività è notevole e mancano anche i dati confrontabili sullo sviluppo della prima infanzia, che è uno dei fat- tori fondamentali per garantire la qualità dei futuri lavoratori; infine, la misu- razione dei fattori intermedi, che influenzano i risultati, rappresenta un altro elemento indispensabile. Sebbene i paesi a basso e medio reddito debbano far fronte all’incirca alle medesime limitazioni che ostacolano l’accumulo del capitale umano, la perti- nenza di tali limitazioni richiede una lettura contestualizzata, perché è essenziale comprendere quali siano le proble- matiche più urgenti da affrontare FIGURA 3.4 Le registrazioni di nascite e nella definizione delle politiche e decessi sono ancora insufficienti delle aree di intervento prioritario. Registrazioni all’anagrafe civile delle nascite e dei decessi Innanzitutto si potrebbe miglio- per gruppo di reddito nazionale, 2018 rare la qualità dei dati ammini- strativi di base relativi a salute Basso reddito e istruzione. Solo 1 governo su 6 pubblica rapporti annuali di monitoraggio dei progressi nel Reddito medio-basso settore dell’istruzione e non più di 100 paesi presentano dati discre- Reddito tamente completi e aggiornati sui medio-alto tassi netti di iscrizione ai vari cicli scolastici all’Istituto per le statisti- Alto reddito che dell’UNESCO—l’ente incari- cato della compilazione di questi dati a livello internazionale. Nei 20 60 100 paesi a basso e medio reddito, per- Percentuale media delle registrazioni sino il monitoraggio delle infor- Nascite Decessi mazioni più basilari nel settore Fonte: team WDR 2019. della sanità, come quelle relative Nota: la figura mostra le stime della percentuale di registrazione a nascite e decessi (figura 3.4) è di nascite e decessi sulla base dei dati disponibili rispettivamente per 180 e 120 paesi. I dati relativi alla registrazione delle nascite si insufficiente. I sistemi di monito- basano sullo United Nations Demographic Yearbook. Per i paesi raggio migliorano, ma lentamente, in cui i sistemi anagrafici sono carenti, la registrazione delle nascite viene stimata sulla base dei dati forniti dalle madri, che come si evince dalle percentuali spontaneamente comunicano lo stato civile del proprio bam- di registrazione dei decessi nel bino, in occasione dei sondaggi sulla famiglia. I dati sulla regi- strazione dei decessi si basano sulle stime dell’Organizzazione mondo che sono passate dal 36% Mondiale della Sanità. 64 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 nel 2000 a non più del 38% nel 2012, mentre la percentuale di bambini al di sotto dei 5 anni la cui nascita è stata regolarmente registrata è passata dal 58% al 65%.27 La disponibilità di dati amministrativi di base di alta qualità è fonda- mentale per consentire ai governi di comprendere i fabbisogni e pianificare lo stanziamento dei servizi pubblici. Aumentando il numero di paesi in grado di misurare i livelli di istruzione dei bambini, all’interno e all’esterno del sistema scolastico, avremmo una più attendibile valutazione degli andamenti dei paesi stessi in termini di accesso all’istruzione e all’apprendimento, il che renderebbe i dati sull’apprendimento pienamente rappresentativi di tutti i bambini e non solo di quegli studenti – spesso provenienti da famiglie più abbienti – che sono regolarmente inseriti nel sistema scolastico. L’Annual Status of Education Report è un valido esempio di come un’indagine riesca a produrre una valutazione, su base annua, dei livelli di istruzione dei bambini, in questo caso provenienti da famiglie rurali indiane, che non sono inseriti nel sistema scolastico. Per rimediare a tale disomogeneità, occorrono iniziative volte alla creazione di parametri di misura dell’apprendimento comparabili tra i vari paesi, con l’in- tento di riunire tutte le parti interessate e concordare una serie di domande comuni da includere nelle valutazioni, al fine di consentire l’armonizzazione dei risultati dei test. Nel breve periodo, ci si può servire delle piattaforme dei dati esistenti, dei sondaggi nazionali sulle famiglie, delle Demographic and Health Surveys [indagini su demografia e salute], del Living Standards Measurement Study [studio di misurazione del tenore di vita], e dei Service Delivery Indicators [indicatori di erogazione dei servizi] al fine di aumentare la disponibilità dei dati sui risultati sul capitale umano in termini di costi-efficacia. Anche nel settore della salute sono in corso iniziative simili, volte a migliorare il coordinamento nella raccolta dei dati sanitari, quali ad esempio l’Health Data Collaborative, promossa nel 2015 da un gruppo di agenzie internazionali, dona- tori bilaterali e multilaterali, fondazioni e governi. Non va dimenticato, inoltre, che i costi di raccolta dati stanno diminuendo grazie alle nuove tecnologie come il GPS e i telefoni cellulari. La Primary Health Care Performance Initiative, inaugurata nel 2015, dalla Fondazione Bill & Melinda Gates, dal Gruppo Banca Mondiale e dall’OMS, rappresenta un parametro di riferimento internazionale per la valuta- zione della qualità delle cure primarie. Occorre, altresì, comprendere le svariate dimensioni delle capacità socio-com- portamentali e non solo e la loro correlazione con la salute. Le capacità socio-comportamentali sono, infatti, pluridimensionali. A tal proposito, alcune iniziative quali le indagini della Banca Mondiale “Skills Towards Employability and Productivity” [competenze per l’occupabilità e la produttività] e l’indagine PIAAC [Programme for the International Assessment of Adult Competencies] ideata dall’OCSE per la valutazione delle competenze degli adulti, hanno cer- cato di misurare queste competenze e abilità su vasta scala presso la popolazione adulta, mentre non sono mai state avviate iniziative simili a favore dei bambini in età scolare, sebbene sia ampiamente riconosciuto che capacità come la tenacia e l’autoregolazione siano molto importanti ai fini dell’apprendimento. L’attua- zione di interventi volti a ridurre l’anemia da carenza di ferro hanno avuto effetti positivi e hanno migliorato i risultati di apprendimento degli scolari, ma ancora non è stato possibile quantificare la correlazione tra lo stato di salute e i punteggi ottenuti nei test. Pertanto, si potrebbe fare un passo importante in questa dire- zione, introducendo all’interno delle indagini sul rendimento scolastico moduli Creare il capitale umano | 65 relativi allo stato di salute, ovvero valutazioni relativamente economiche, quali la valutazione di parametri come la misurazione dell’acutezza visiva dell’allievo e i dati antropometrici, che risulterebbero utilissime ai fini di una migliore com- prensione della correlazione tra istruzione e salute. L’esperienza vietnamita illustra i potenziali benefici di una strategia volta a intraprendere un percorso di cambiamento, come dimostrano i risultati ottenuti dagli studenti, che hanno partecipato al PISA nel 2012 e nel 2015, e che si sono classificati con il miglior punteggio [top quarter] tra i paesi a medio e alto reddito. Considerato il livello del reddito pro capite in Vietnam, questa performance è davvero un successo straordinario, che può fornire utili spunti per capire quanto sia importante fare in modo che l’istruzione scolastica produca apprendimento. A fronte dei cambiamenti del mondo del lavoro, il capitale umano acquisisce sempre più rilevanza, ma il divario tra i vari paesi del mondo in termini di capi- tale umano, soprattutto nei livelli di istruzione e salute, è ancora molto profondo e si ripercuote sulla produttività futura dei lavoratori e sulla competitività delle economie. I governi hanno l’obbligo di trovare una valida soluzione, anche se spesso manca la volontà politica a investire in capitale umano, poiché questa tipologia di investimento necessita di un orizzonte temporale molto lungo, prima di poter generare i ritorni economici sperati. Il progetto sul capitale umano non solo intende sollecitare questa volontà, ma è diretto a orientare le politiche per maggiori e migliori investimenti in capitale umano. Note   1. Fernald e Hidrobo (2011).   2.  Smith ([1776] 1937, volume 2, cap.1), come riportato in Goldin (2016).   3.  Chetty, Friedman, e Rockoff (2014).   4.  Psacharopoulos e Patrinos (2018).   5.  Dillon, Friedman, e Serneels (2014).   6.  Ahuja et al. (2015).   7.  Belot e James (2011).   8.  Sandjaja et al. (2013).   9.  Dillon et al. (2017). 10.  Flabbi e Gatti (2018). 11.  Ahuja et al. (2015). 12.  Andrabi, Das, e Khwaja (2012). 13.  Hsieh and Klenow (2010). 14.  Cavaillé e Marshall (2017). 15.  Knack e Keefer (1997). 16.  Rosas e Sabarwal (2016). 17.  Blanford et al. (2012). 18.  Ferré e Sharif (2014). 19.  Baird, McIntosh, e Özler (2016). 20.  Jensen (2010). 21.  Giné, Karlan, e Zinman (2010). 22.  Heckman et al. (2010). 23.  Coffey, Geruso, e Spears (2018). 24.  Gertler et al. (2014). 25.  Kraay (2018). 26.  Caselli (2005); Weil (2007). 27.  Mikkelsen et al. (2015). 66 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 Riferimenti bibliografici Ahuja, Amrita, Sarah Baird, Joan Hamory Hicks, Michael R. Kremer, Edward Miguel, and Shawn Powers. 2015. “When Should Governments Subsidize Health? The Case of Mass Deworming.” World Bank Economic Review 29 (supplemento 1): S9–S24. Andrabi, Tahir, Jishnu Das, and Asim Ijaz Khwaja. 2012. “What Did You Do All Day? Maternal Education and Child Outcomes.” Journal of Human Resources 47 (4): 873–912. Baird, Sarah Jane, Craig T. McIntosh, and Berk Özler. 2016. “When the Money Runs Out: Do Cash Transfers Have Sustained Effects on Human Capital Accumulation?” Policy Research Working Paper 7901, Banca Mondiale, Washington, DC. Belot, Michèle, and Jonathan James. 2011. “Healthy School Meals and Educational Outcomes.” Journal of Health Economics 30 (3): 489–504. Blanford, Justine I., Supriya Kumar, Wei Luo, and Alan M. 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L'automazione sta cambiando il lavoro e i requisiti per accedervi, cresce la domanda di competenze cognitive avanzate1 e di capacità socio-comportamen- tali2, diminuisce invece la domanda di competenze limitate e specifiche di deter- minate mansioni.3 Nel frattempo, sono sempre più richieste quelle competenze associate alla "versatilità"; ovvero una combinazione di competenze cognitive specifiche (ragionamento critico e capacità di risoluzione dei problemi) e di capacità socio-comportamentali (creatività e curiosità) facilmente trasferibili da un lavoro all’altro. La capacità dei paesi di far fronte alla necessità di modificare la tipologia di competenze richieste dal mercato del lavoro dipende dalla rapidità con cui varia l'offerta di competenze. Tuttavia, è noto come i sistemi educativi siano refrattari al cambiamento. L’offerta di competenze si sta riorganizzando in gran parte al di fuori degli ambiti tradizionali dell’istruzione obbligatoria e dell’occupazione formale, come dimostra la pertinenza assunta dall’apprendimento nella prima infanzia, dall’istruzione terziaria e dalla formazione degli adulti al di fuori del contesto lavorativo, per soddisfare la domanda di competenze dei futuri mercati del lavoro. Il presente capitolo illustra le modalità di tali tendenze. L'automazione, e più in generale l'introduzione della tecnologia, ha prodotto l’obsolescenza di alcuni lavori, ad esempio, la richiesta di competenze nel settore della riparazione degli elettrodomestici è in rapida diminuzione, perché grazie alla tecnologia gli elettrodomestici costano meno e sono più affidabili. Allo stesso tempo però, l'innovazione crea nuove tipologie di lavoro; di fatto, gran parte dei bambini che nel 2018 frequentano la scuola primaria svolgerà un lavoro oggi ancora ine- sistente. Del resto, persino nei paesi a basso e medio reddito, sono presenti molte figure professionali che fino a 30 anni fa non esistevano; in India, per esempio, circa 4 milioni di persone lavorano come sviluppatori di applicazioni, in Uganda operano oltre 400.000 agricoltori biologici certificati a livello internazionale; o ancora in Cina oltre 100.000 professionisti sono specializzati in etichettatura dei dati. Nel frattempo, si assiste alla trasformazione e all’aggiornamento di molti lavori con la conseguente creazione di nuove e talvolta inedite combinazioni di competenze. Nel 2018 lavorare come professionista del marketing potrebbe voler dire essere in grado di scrivere algoritmi, mentre una laurea in fisica potrebbe consentire di trovare lavoro come trader quantitativo nel settore della finanza. I profili professionali in grado di sfruttare queste nuove competenze in determinati settori tecnici – per esempio, il web design nell’insegnamento o la raccolta e l’analisi di grandi volumi di dati nelle professioni attuariali – saranno probabilmente molto richiesti. Quali sono le competenze meno richieste nel 2018? Dati relativi alle econo- mie avanzate indicano l’esistenza di una polarizzazione del lavoro, ovvero da un lato l'espansione delle professioni ad alta e bassa specializzazione e dall’al- tro il declino delle professioni a media specializzazione. Aumenta, invece, la domanda di lavoratori in grado di svolgere attività cognitive non di routine, come la ricerca avanzata. Lo stesso dicasi per la domanda relativa di lavoratori in grado di svolgere mansioni non di routine difficilmente automatizzabili, come 70 Formazione continua e permanente | 71 FIGURA 4.1 In molti paesi in via di sviluppo è aumentata la percentuale di occupati in professioni altamente qualificate Variazione media annua nella quota di occupazione, in base al livello di competenza professionale, all'incirca tra il 2000 e il 2015 1.5 Aumento delle professioni ad Aumento delle professioni ad alta e bassa specializzazione, alta e media specializzazione, ma diminuzione delle ma diminuzione delle 1.0 professioni a media professioni a bassa specializzazione specializzazione 0.5 Punti percentuali 0 –0.5 –1.0 Aumento delle professioni ad alta specializzazione, –1.5 ma diminuzione delle professioni a media e bassa specializzazione –2.0 a ia a da sh ka ia r le a do pi bi ni liv en Ci de an an io da m ua Bo m Et iL la Ug Za or Ec Ar ng Sr Gi Ba Professioni ad alta Professioni a media Professioni a bassa specializzazione specializzazione specializzazione Fonte: team WDR 2019, sulla base dell’International Income Distribution Data Set della Banca Mondiale. Nota: professioni ad alta specializzazione: manager, professionisti, tecnici e professionisti assimilati. Professioni a media specializzazione: impiegati; addetti ai servizi e alle vendite; artigiani e lavoratori assimilati; lavoratori specializzati nel settore agricolo, silvicolo e ittico; operatori e installatori di impianti e attrezzature. Professioni a bassa specializzazione: occupazioni elementari come addetti alle pulizie e collaboratori domestici; manodopera del settore agricolo, silvicolo e ittico; manodopera del settore estrattivo, manifatturiero, edilizio e dei trasporti; assistenti alla preparazione di alimenti; venditori ambulanti e relativi addetti alle vendite e servizi. la preparazione di alimenti. Viceversa, a causa dell'automazione, diminuisce la domanda di lavoratori occupati in mansioni procedurali di routine mediamente specializzate, come l'immissione dati. Cosa accade, invece, nei paesi a basso e medio reddito? Emergono, forse, le stesse dinamiche? Non esattamente. In molti paesi in via di sviluppo, cresce la domanda di lavoratori altamente qualificati (figura 4.1). Dal 2000 al 2014, la percentuale di lavoratori altamente specializzati è aumentata di 8 punti percen- tuali e oltre in Bolivia, Etiopia e Sudafrica. Tuttavia, si osserva una maggiore eterogeneità tra i paesi nei pattern relativi alla domanda di lavoratori scarsa- mente o mediamente qualificati, per esempio, in Giordania, tra il 2000 e il 2016 la percentuale di occupati in professioni mediamente qualificate è aumentata di 7,5 punti percentuali, mentre nello stesso periodo, in Bangladesh, questa per- centuale è diminuita di quasi 20 punti percentuali.4 Non sorprende che nei paesi in via di sviluppo la domanda di lavoro scarsa- mente e mediamente qualificato stia subendo un cambiamento. Probabilmente le forze competitive dell’automazione e della globalizzazione sono il fattore trainante dei nuovi pattern che regolano la domanda di queste competenze. I livelli di introduzione della tecnologia nei paesi in via di sviluppo variano notevolmente, nel 2016, in Europa e in Asia Centrale, il 26% della popolazione aveva una linea fissa a banda larga, rispetto al solo 2% dell’Asia meridionale. 72 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 La globalizzazione sposta il lavoro scarsamente e/o mediamente qualificato dai paesi avanzati verso alcuni – sebbene non tutti – paesi in via di sviluppo e a seconda della velocità relativa con cui questa spinta si manifesta, in alcuni paesi in via di sviluppo si osserva un incremento dei posti di lavoro mediamente qualificati, mentre in altri è in atto una contrazione. La creazione di una forza lavoro qualificata in grado di affrontare il futuro del lavoro si basa sulla crescente domanda di competenze cognitive avanzate, di capacità socio-comportamentali e sulla versatilità. Dati raccolti in diversi paesi con vari livelli di reddito basso, medio e alto suggeriscono che negli ultimi decenni, il lavoro si è caratterizzato per una maggiore quantità di capacità cognitivo-ana- litiche. In Bolivia e in Kenya, oltre il 40% dei lavoratori che utilizzano un com- puter, svolgono compiti complessi che richiedono capacità di programmazione avanzate. In effetti, cresce la domanda di competenze avanzate trasferibili come il pensiero logico, il ragionamento critico, la risoluzione di problemi complessi e le abilità astratte. Ovunque nel mondo, queste competenze sono annoverate tra quelle più apprezzate dai datori di lavoro. Un’analisi dei mercati del lavoro in Danimarca, Francia, Germania, Repubblica Slovacca, Sudafrica, Spagna e Sviz- zera rivela che un aumento del coefficiente di variazione relativo alla capacità di risoluzione di problemi complessi è associato a un aumento salariale compreso tra il 10% e il 20%.5 In Armenia e Georgia, la capacità di risolvere problemi e apprendere nuove competenze produce un premio salariale del 20% circa.6 La domanda di competenze socio-comportamentali è in aumento anche nei paesi in via di sviluppo. In America Latina e nei Caraibi, l'introduzione della tecnologia digitale ha valorizzato le competenze cognitive generiche, facendo aumentare la domanda di lavoratori dotati di capacità interpersonali. In Cam- bogia, El Salvador, Honduras, Repubblica democratica popolare del Laos, Male- sia, Filippine e Vietnam, oltre la metà delle imprese lamenta una carenza di lavoratori con specifiche capacità socio-comportamentali, come l’impegno e l’entusiasmo nei confronti del lavoro.7 La tecnologia avanza rapidamente, pertanto, è più difficile prevedere lo svi- luppo o l’obsolescenza, in futuro, di competenze specifiche di una determinata professione. In passato, trascorrevano secoli prima che i cambiamenti relativi al fabbisogno di competenze suscitati dal progresso tecnologico si manifestassero, (figura 4.2) ma nell’era digitale, i progressi della tecnologia generano quasi istantaneamente la necessità di nuove competenze. La capacità di adattarsi rapidamente ai cambiamenti è sempre più apprezzata dal mercato del lavoro. La versatilità è la qualità più ricercata in un lavora- tore, ovvero la capacità di gestire eventi imprevisti, ma anche di disimparare e riapprendere rapidamente. Questa versatilità richiede un portafoglio di com- petenze cognitive (ragionamento critico, capacità di risoluzione dei problemi) e socio-comportamentali specifiche (curiosità, creatività). Uno studio condotto in Nigeria su studenti di istituti tecnico-professionali ha dimostrato che l'abilità socio-comportamentale dell’auto-efficacia era un fattore positivo e significati- vamente predittivo della versatilità professionale.8 La solidità delle competenze fondamentali rappresenta la base essenziale per lo sviluppo di competenze cognitive avanzate, capacità socio-comportamentali e altre competenze propedeutiche alla versatilità. Per la maggior parte dei bam- bini, queste competenze fondamentali si sviluppano nel corso dell’istruzione primaria e secondaria. Tuttavia, secondo il Rapporto sullo Sviluppo Mondiale del 2018, in molti paesi a basso e medio reddito l’ambito scolastico non riesce a garantire l’acquisizione delle competenze fondamentali.9 Formazione continua e permanente | 73 FIGURA 4.2 Aumenta il tasso di diffusione della tecnologia Di usione della tecnologia La prima start up per l’esternalizza- zione dei processi aziendali (BPO) è apparsa in India La catena di nel 2002; nel montaggio 2012 il BPO apparve nel 1870; occupava circa fu ampiamente 2,8 milioni di di usa da Henry Ford per la persone. Il telaio produzione in meccanico fu serie di inventato nel automobili negli La stampa a 1784; avrebbe WeChat Pay è caratteri mobili Stati Uniti stata introdotta in La carta fu sostituito entro attorno al 1914 fu introdotta nel il 1860 quasi tutti Cina nel 2013; nel prodotta per la 2017, la piattaforma prima volta nel 1040; nel XVII i telai manuali secolo era del Regno Unito di pagamento 105 diventando digitale vantava nel III secolo il ampiamente di usa in Cina 600 milioni di mezzo più utenti e transazioni di uso su cui per un valore di scrivere 8 trilioni di dollari. Tempo 105 1040 1784 1870 1989 2004 Invenzione Stampa a telaio meccanico catena di World Wide Digital Wallet della carta caratteri mobili montaggio Web [portafoglio virtuale] Fonte: team WDR 2019. Con sempre maggior frequenza, la rivalorizzazione delle competenze avviene al di fuori dell’istruzione obbligatoria e dell’occupazione formale attraverso la formazione continua, che concorre a sviluppare e adattare le competenze alle trasformazioni del lavoro. La formazione continua è uno strumento particolar- mente pertinente di riorganizzazione e adeguamento delle competenze a fronte dei cambiamenti demografici come l'invecchiamento delle popolazioni dell'A- sia orientale e dell'Europa orientale o gli mapi gruppi di giovani dell'Africa sub-sahariana e dell'Asia meridionale. L’apprendimento nella prima infanzia In Francia, l’età dell’obbligo scolastico sarà presto anticipata da 6 a 3 anni, a seguito di una riforma che secondo il presidente Emmanuel Macron, intende promuovere l'uguaglianza, migliorando in tal modo la capacità dei bambini provenienti da contesti svantaggiati di essere competitivi nel sistema educativo. Il mezzo più efficace per acquisire il bagaglio di competenze necessario ad affrontare la trasformazione del lavoro è la tempestività degli investimenti in nutrizione, sanità, protezione sociale e istruzione, allo scopo di creare solide basi propedeutiche alla futura acquisizione di competenze cognitive e socio-com- portamentali e rafforzare la capacità di resilienza delle competenze acquisite rispetto a scenari incerti. Gli investimenti sulla prima infanzia sono uno stru- mento fondamentale ai fini di una maggiore uguaglianza di opportunità, ma al momento risultano insufficienti, soprattutto a far fronte ai bisogni di bambini svantaggiati e in condizioni di indigenza, che ne beneficerebbero maggiormente. Privilegiando tali investimenti, le economie potrebbero trarne notevoli vantaggi purché puntino su accesso e qualità. Le strutture cerebrali di un essere umano prendono forma nel periodo prena- tale e continuano a svilupparsi fino all'età di 5 anni. Si tratta, pertanto, di una fase importante per lo sviluppo delle competenze cognitive e socio-comportamentali 74 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 FIGURA 4.3 La capacità cerebrale di apprendere dall'esperienza diminuisce con l'età Capacità di apprendimento Impegno necessario cerebrale per l’apprendimento 0 Età Prima Adolescenza 29 Età adulta 100 neonatale infanzia Fonte: team WDR 2019. data l’estrema capacità di apprendere dall'esperienza (figura 4.3). Infatti, le espe- rienze vissute e le competenze acquisite in questa fase della vita condizioneranno direttamente il raggiungimento dei risultati in età adulta. Se si perde questa “fine- stra di opportunità”, sarà più difficile crearsi un bagaglio di competenze. I programmi di qualità sullo sviluppo della prima infanzia favoriscono l’ap- prendimento, mentre gli investimenti tempestivi in nutrizione e salute uniti ad adeguati stimoli durante i primi mille giorni di vita del bambino ne potenziano le facoltà cerebrali. L’impegno dei genitori e degli operatori sanitari in questa fase della vita è altrettanto importante per lo sviluppo delle capacità linguisti- che, motorie e di autoregolamentazione del bambino, come pure del comporta- mento sociale. In Colombia, la stimolazione psicologica attraverso dimostrazioni di gioco a casa ha notevolmente migliorato lo sviluppo cognitivo di bambini tra i 12 e i 24 mesi di vita.10 Nel 2008, in Pakistan, grazie al lavoro delle ope- ratrici del “Lady Health Worker Programme”, un programma di servizi sanitari di comunità nelle zone rurali, è stato possibile aumentare del 15% la percentuale di bambini vaccinati al di sotto dei 3 anni rispetto al 2000.11 Il programma ha avuto effetti positivi di lunga durata sulle capacità cognitive e sullo sviluppo del comportamento pro-sociale dei bambini, attraverso un’adeguata integrazione dell’alimentazione e il coinvolgimento delle madri nell’interazione ludica con i propri figli fino all’età di 2 anni. A partire dai 3 anni, è importante stimolare la socializzazione e avvicinare il bambino all’apprendimento più formale, per prepararlo ad ottenere buoni risultati durante il ciclo di istruzione primaria. Una scuola dell’infanzia di qua- lità consolida le funzioni esecutive dei bambini (come la memoria di lavoro, l’elasticità mentale, l'autocontrollo), e consente loro di intraprendere percorsi di ulteriore apprendimento. In Bangladesh, i bambini delle zone rurali iscritti alla scuola dell’infanzia hanno conseguito risultati migliori nell’espressione orale, scritta e nel calcolo matematico di base rispetto ai non iscritti.12 Nelle zone rurali del Mozambico, la riforma della scuola materna ha avuto effetti positivi sullo sviluppo socio-comportamentale dei bambini interessati, migliorando le Formazione continua e permanente | 75 capacità di interazione con gli altri, la comprensione delle istruzioni e il controllo delle proprie emozioni in situazioni di stress.13 Tuttavia, le scuole dell'infanzia devono soddisfare degli standard di qualità per raggiungere tali risultati, perché talvolta, una scuola dell’infanzia qualitativamente carente può rivelarsi più dan- nosa per lo sviluppo di un bambino dell’assenza totale di istruzione prescolare.14 Programmi di sviluppo della prima infanzia qualitativamente carenti produr- ranno risultati deludenti in termini di sviluppo del linguaggio, capacità cognitive e socialità dei piccoli. Uno studio condotto sulle scuole dell’infanzia ubicate in una baraccopoli di Nairobi, in Kenya, ha rivelato che, nonostante gli alti tassi di iscrizione, l’approccio curriculare e pedagogico non era idoneo all’età degli scolari. Il programma prevedeva un’istruzione di orientamento accademico, sottoponendo i bambini, di età compresa tra i 3 e i 6 anni, a prove valutative.15 In Perù, invece, il programma nazionale Wawa Wasi ha consentito di creare servizi di comunità di assistenza all’infanzia e garantire un’alimentazione sana e nutriente ai bambini di età compresa tra i 4 e i 6 anni nelle zone più povere, ma non è servito a sviluppare adeguatamente le loro capacità linguistiche e motorie a causa della formazione inadeguata degli operatori. Gli investimenti nella prima infanzia sono uno strumento efficace per for- mare le competenze più idonee al futuro di un bambino. L'apprendimento è un fenomeno cumulativo: le competenze acquisite nei primi anni di vita facilitano la formazione di ulteriori competenze nelle fasi successive. I ritorni economici degli investimenti precoci sull’infanzia superano i ritorni di qualsiasi altro inve- stimento nell’arco della vita, e inoltre i vantaggi di questi investimenti crescono nel tempo. Per ogni dollaro in più investito in programmi di qualità per la prima infanzia si ottiene un ritorno economico tra i 6 e i 17 dollari.16 Inoltre, i programmi di sviluppo della prima infanzia accrescono le opportunità dei genitori di partecipare alla forza lavoro. Molte donne non lavorano perché dedicano gran parte del loro tempo alla crescita e all’educazione dei figli. Nel Regno Unito, la metà delle madri casalinghe preferirebbe tornare al lavoro, se potesse usufruire di servizi di assistenza all’infanzia di alta qualità a prezzi contenuti. Inve- stendo fin da subito in tali servizi, molte donne si sentirebbero meno limitate nelle loro scelte. Negli anni ’90, è stato avviato in Argentina un programma su vasta scala di costruzione di edifici scolastici destinati all’istruzione pre-primaria, che ha avuto effetti positivi sull’occupazione materna. Nello stesso periodo, in Spagna, la proporzione di madri lavoratrici è aumentata del 10%, grazie alla disponibilità di servizi pubblici di assistenza a tempo pieno per i bambini di 3 anni.17 Gli investimenti nella prima infanzia aumentano anche l'uguaglianza. Nei bambini in stato di indigenza e in situazioni sfavorevoli, i programmi di qualità per la prima infanzia aumentano le capacità di intendere e di volere in età adulta, riducono i comportamenti violenti e l’inibizione sociale, promuovendo una cre- scita sana nella generazione successiva. In Guatemala, un programma di sviluppo della prima infanzia sulla nutrizione, destinato a bambini provenienti da famiglie povere, ha prodotto un incremento significativo dei salari di questi bambini in età adulta.18 In Giamaica, i neonati e i bambini nei primissimi anni di vita sotto- posti a adeguati stimoli hanno successivamente goduto di una maggiorazione di guadagno del 25%— al pari di un adulto cresciuto in una famiglia benestante.19 Gli investimenti nella prima infanzia rimangono insufficienti, nonostante la loro capacità ed efficacia nella creazione di competenze fondamentali. Nei paesi a basso e medio reddito, circa 250 milioni di bambini di età inferiore ai 5 anni rischiano di non raggiungere il pieno sviluppo, a causa della malnu- trizione cronica [stunting] o della povertà assoluta. In tutto il mondo, oltre 76 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 FIGURA 4.4 In molti paesi, i minori provenienti da contesti svantaggiati hanno meno probabilità in assoluto di accedere a programmi educativi per la prima infanzia Proporzione di bambini di età compresa tra i 3 e i 4 anni inseriti in programmi educativi per la prima infanzia appartenenti al 20% delle famiglie più povere, paesi selezionati, 2014 circa 60 40 Percento 20 0 M m Vi an o b a m tan lia lic rgh bia e an te n za a o eS ma n or i Gu l Pa wi M tini al pa Zi ican El abw sic Ka yan on ru gr ni na go st ud ad M a bb Ki Ser Do izis Be na M me ne Ne es a ki al et on lv S w in M Ca Sa m pu el a Re a d lic bb pu Re Fonte: team WDR 2019, sulla base dei dati tratti dall’ Indagine su campione a indicatori multipli (MICS) dell’UNICEF. 87 milioni di bambini di età inferiore ai 7 anni hanno sempre vissuto in zone di guerra, riportando traumi estremi e condizioni di stress tossico, che ne hanno compromesso lo sviluppo neurologico e il potenziamento delle capacità. A livello mondiale, solo la metà dei bambini di età compresa tra i 3 e i 6 anni ha accesso all'istruzione pre-primaria, addirittura un quinto nei Paesi a basso reddito. Nel 2012, i paesi del Nord America e dell'Europa occidentale hanno speso l'8,8% delle risorse di bilancio in favore dell'istruzione pre-primaria; mentre i paesi dell’Africa sub-sahariana soltanto lo 0,3%. Le probabilità che i bambini provenienti da famiglie indigenti accedano a pro- grammi di sviluppo della prima infanzia sono remote (figura 4.4), eppure sono proprio loro che ne trarrebbero il maggior vantaggio. Nei paesi a basso e medio reddito, circa il 47% delle famiglie più abbienti ha accesso a programmi di appren- dimento destinati alla prima infanzia, contro il 20% delle famiglie più bisognose20 e tra queste, le famiglie rurali sono particolarmente svantaggiate. Un campione di 14 paesi a basso e medio reddito, ha evidenziato che per gli abitanti delle zone rurali le opportunità di accesso ai programmi di sviluppo della prima infanzia sono decisamente inferiori rispetto a coloro che vivono nelle aree urbane.21 Per promuovere lo sviluppo della prima infanzia, esistono diverse soluzioni efficaci. In alcuni paesi, attività ludiche di comunità hanno prodotto sempre risultati tangibili a costi contenuti. In Indonesia, un programma impernato su questo tipo di attività ha avuto effetti positivi sulle competenze linguistiche, socio-comportamentali e cognitive dei bambini, con benefici sia a breve che a lungo termine soprattutto per chi proveniva da contesti svantaggiati.22 A Tonga, l'organizzazione di ludoteche per bambini fino ai 5 anni ha contribuito a miglio- rarne notevolmente l’abilità di lettura di livello elementare. Il modello Mon- tessori, caratterizzato da classi multi-età, libera scelta del discente delle attività pedagogiche e intervento minimo da parte del maestro, si è rivelato più efficace della metodologia educativa tradizionale nel migliorare le funzioni esecutive nei bambini. Il metodo Montessori e altri approcci incentrati sul bambino, come Steiner, Reggio Emilia, e “Tools of the Mind” vengono utilizzati con successo con i dovuti adattamenti nei vari paesi da Haiti al Kenya. Formazione continua e permanente | 77 La ricerca indica che esistono svariate modalità pratiche per aumentare la dif- fusione degli investimenti dedicati allo sviluppo della prima infanzia. Ad esempio, l’attuazione di misure di trasferimento monetario a sostegno dello sviluppo della prima infanzia, dedicate ai bambini più poveri, ha avuto esiti molto positivi in vari contesti. Nelle Filippine e in Senegal, tali misure hanno ridotto la malnutrizione cro- nica [stunting], in Ecuador e in Messico hanno favorito lo sviluppo delle capacità lin- guistiche, mentre in Niger hanno migliorato le capacità socio-comportamentali dei bambini. Sono risultati, altresì, efficaci anche gli interventi intersettoriali a supporto degli investimenti in sanità, nutrizione e sviluppo della prima infanzia. A tal propo- sito, il programma cileno “Crece Contigo” si caratterizza per una solida componente di servizi integrati (sanità, istruzione, welfare, protezione) che consente al bambino di entrare in contatto con un sistema di assistenza di base ancor prima della nascita. Istruzione terziaria La “Free University of Tbilisi” è stata fondata nel 2007 attraverso un'organiz- zazione senza scopo di lucro ed è già diventata la più prestigiosa, nonché la più ambita università della Georgia. Questo successo deriva da una procedura di ammissione trasparente (attraverso un concorso nazionale per esami), e da un sistema competitivo di finanziamenti statali a favore degli studenti sulla base del loro rendimento accademico. Il finanziamento individuale aumenta l'effi- cienza e la trasparenza dei fondi destinati alle università, consentendo al governo di ridurre gradualmente i finanziamenti diretti una tantum. L’università vanta facoltà di elevato livello qualitativo, un’offerta formativa flessibile, metodi peda- gogici basati sull’agevolazione della discussione in classe e richiama, ogni anno, centinaia di candidati di prim’ordine. Garantisce, inoltre, sbocchi lavorativi o opportunità di studi post-universitari a oltre il 96% dei laureati. Le economie fondate sul progresso tecnologico e sull’integrazione riconoscono sempre di più il valore dell’istruzione terziaria (ovvero un ciclo educativo e for- mativo al quale è possibile accedere in seguito a un ciclo di istruzione primaria e secondaria, incluse le scuole tecnico-professionali e i college (o: le università)). Il tasso medio di ritorno privato a livello mondiale per un individuo che investe in istruzione terziaria è pari al 16%,23 sebbene non tutti ottengano un ritorno elevato dell’investimento, il che dipende da una serie di fattori quali la qualità dell’istituzione che eroga istruzione, la composizione della popolazione studen- tesca e la disponibilità di posti di lavoro. Inserendo altre variabili esplicative, si osserva che gli studenti iscritti presso una delle migliori università della Colombia guadagnano il 20% in più rispetto a coloro che non hanno raggiunto il punteggio minimo richiesto all’esame di ammissione.24 Inoltre, il ritorno varia moltissimo a seconda della specializzazione. In Cile, il ritorno dell’investimento in istruzione terziaria va dal 4% per le facoltà umanistiche al 126% per le facoltà di ingegneria e per le discipline tecnologiche.25 Anche i tassi di iscrizione e la spesa per l’istru- zione terziaria variano notevolmente da una regione all’altra (figura 4.5). La trasformazione del lavoro rende l'istruzione terziaria una prospettiva auspicabile per tre ragioni: in primo luogo, la tecnologia e l'integrazione hanno fatto crescere la domanda di competenze cognitive generiche di livello superiore — quali capacità di risoluzione di problemi complessi, ragionamento critico e abilità comunicative avanzate, trasferibili da un lavoro all’altro, ma non acqui- sibili unicamente attraverso l’istruzione scolastica. La domanda crescente di tali competenze ha fatto registrare un incremento dei premi salariali per i laureati dell’istruzione terziaria, riducendo al contempo la domanda di lavoratori meno 78 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 FIGURA 4.5 Variazione del tasso di iscrizione lordo e della quota di spesa in istruzione terziaria per regione, 2016 Tasso di iscrizione lordo Quota di spesa in all’istruzione terziaria istruzione terziaria Nord America Nord America 84% 27% Medio Oriente e Europa e Asia Centrale Nord Africa 67% 24% America Latina e Caraibi Europa e Asia Centrale 48% 23% Asia orientale e Pacifico Mondo 44% 22% Medio Oriente e Nord Africa Asia meridionale 41% 21% Mondo Africa Sub-sahariana 37% 20% Asia meridionale America Latina 23% e Caraibi 19% Africa Sub-sahariana Asia orientale e Pacifico 9% 17% Fonti: Database sugli Indicatori di sviluppo mondiale della Banca Mondiale. I dati sulla spesa per l'istruzione terziaria per il Medio Oriente e il Nord Africa provengono dalla Banca Mondiale (2018a). Nota: Il “tasso di iscrizione lordo all’istruzione terziaria” [gross enrollment ratio] è il rapporto tra il totale degli iscritti, indipendentemente dall’età, e la popolazione della fascia d’età che corrisponde ufficialmente all’istruzione terziaria di riferimento. “La quota di spesa in istruzione terziaria” indica la spesa in istruzione terziaria espressa in percentuale della spesa pubblica complessiva per l’istruzione. istruiti. In secondo luogo, l'istruzione terziaria genera la domanda di forma- zione continua e permanente. Pertanto, la vita un lavoratore non sarà più carat- terizzata da un’unica carriera o dal medesimo lavoro, ma potrebbe essere un susseguirsi di svariate carriere e di molteplici lavori. Grazie a un’ampia offerta formativa e a modelli flessibili di erogazione didattica quali l’apprendimento a distanza e le università aperte a tutti, l’istruzione terziaria riesce a soddisfare questa domanda crescente di formazione. In terzo luogo, cresce l’interesse verso l'istruzione terziaria, soprattutto verso le università, poiché intesa come piatta- forma di innovazione in un contesto lavorativo in trasformazione. La pertinenza dei sistemi di istruzione terziaria rispetto al futuro del lavoro dipende dalla loro efficacia su questi tre fronti. L'acquisizione di competenze si identifica sempre di più come un continuum, e non come un percorso finito e immu- tabile. La maggiore flessibilità consente agli studenti di intraprendere un percorso formativo, senza precludersi irrimediabilmente l’opportunità di esplorarne altri. Per esempio, all’inizio di un ciclo di istruzione terziaria, la maggior parte degli stu- denti è chiamata a scegliere tra discipline istituzionali e formazione professionale. Formazione continua e permanente | 79 Le discipline istituzionali come ingegneria o economia producono competenze di livello superiore trasferibili, che determinano l’efficacia della formazione e la moti- vazione o trainability. Mentre la formazione professionale, ad esempio in infermieri- stica o gestione delle operazioni aeroportuali, è direttamente collegata a professioni specifiche. Una volta scelto il percorso di studio, è difficile e costoso tornare indietro, soprattutto quando la scelta ricade sulla formazione professionale. I ritorni relativi dell’istruzione generale e della formazione professionale cam- biano in maniera imprevedibile e per questo la maggior parte delle economie richiede sia l’una che l’altra. Il progresso tecnologico tende a ridurre la domanda di talune competenze specifiche di determinate professioni, da cui l’obsolescenza di alcuni titoli di formazione professionale. La tecnologia riduce, altresì, il valore di competenze limitate e attribuibili a specifiche mansioni rispetto a competenze generiche. Eppure molti studenti continuano a intraprendere percorsi di forma- zione professionale. Nel 2012, il 63% degli studenti olandesi del ciclo di istruzione superiore frequentava corsi di formazione professionale.26 Nel 2013, la quota supe- rava il 50% in Malesia e il 31% in Kenya.27 La formazione professionale soddisfa il fabbisogno immediato di competenze tecniche, consente ad alcuni una più rapida transizione scuola-lavoro e riduce la pressione a carico del sistema universitario. La trasformazione del lavoro impone una maggiore flessibilità tra l’indirizzo for- mativo istituzionale e l’indirizzo tecnico essenzialmente per tre ragioni fondamen- tali. Innanzitutto, il valore aggiunto della combinazione di competenze generiche e tecniche. In secondo luogo, l’esigenza sempre maggiore di utilizzare competenze generiche avanzate anche in mansioni di natura tecnica, e di conseguenza la neces- sità di acquisire tali competenze prima dell’ingresso nel mondo del lavoro, ma anche nel corso della vita lavorativa. Terzo, chi ha acquisito solo alcune competenze professionali molto specifiche, potrebbe cogliere l’opportunità di ampliare il proprio bagaglio di competenze e abilità. Ad esempio, la Repubblica Democratica del Congo e la Tanzania hanno messo a punto dei meccanismi “di raccordo”, che consentono ai diplomati delle scuole professionali di continuare gli studi universitari. È, altresì, importante promuovere una stretta collaborazione tra le imprese e il settore della formazione professionale. In Cina, Lenovo collabora con istituti professionali di istruzione terziaria, i cui studenti vengono formati nelle disci- pline dei settori hi-tech, come il cloud computing, attraverso lezioni pratiche e ses- sioni guidate da esperti del settore e alla fine conseguono una certificazione pro- fessionale. Occorre che gli studenti siano opportunamente informati, per poter scegliere tra le varie offerte formative disponibili e tra i vari indirizzi nell’ambito del medesimo percorso formativo. Il Cile sta creando piattaforme online, che consentono agli studenti di accedere a informazioni relative all’occupabilità in relazione al titolo di studio posseduto, ai profili salariali e alla formazione per l’accesso a determinate professioni. I sistemi di istruzione terziaria non sono rimasti immuni alle nuove esigenze del lavoro, al contrario, spesso l’istruzione di tipo istituzionale si interseca con la formazione professionale. Molti corsi universitari, inclusi corsi di scienze, ingegneria e tecnologia, hanno un orientamento formativo-professionalizzante. Inoltre, le piattaforme tecnologiche ampliano l’offerta formativa, soprattutto per quei paesi con tassi di accesso storicamente bassi. I cinque programmi di appren- dimento a distanza con il maggior numero di utenti sono stati avviati in paesi a basso o medio reddito. L’India è il secondo maggior fruitore di “massive open online courses” (MOOC), ovvero corsi aperti, disponibili in rete, pensati per una formazione di massa a distanza. Nel 2018, XuetangX, la più grande piattaforma cinese di MOOC e corsi misti, ha formato 10 milioni di studenti. Nel 2013, in 80 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 Brasile, Veduca è stata la prima piattaforma al mondo a organizzare un master online aperto a tutti in Business Administration e nel 2018 ha offerto oltre 5.000 corsi. I MOOC sono uno strumento promettente di formazione flessibile e per- sonalizzata che si rivolge a una vasta platea di discenti, ma la vera sfida di questi programmi è la garanzia di qualità. Secondo uno studio recente, gli studenti iscritti a un corso online hanno conseguito risultati inferiori rispetto a quelli che hanno seguito lezioni frontali. Oltre al contenuto, molti MOOC si rivelano inefficaci sul versante dell’impegno degli studenti e della qualità dei docenti. I sistemi di istruzione terziaria dovrebbero garantire un bagaglio minimo di competenze cognitive trasferibili, che consentono a chi le possiede di mettersi al riparo da possibili situazioni di incertezza nelle relazioni di lavoro. Ma non tutti i sistemi riescono a produrre efficacemente questo bagaglio di competenze. Nella formazione delle competenze avanzate fondamentali, come il ragionamento critico, la capacità di risoluzione dei problemi e la comunicazione, le differenze tra le università colombiane sono consistenti. Uno studio condotto su studenti universitari cinesi di ingegneria e informatica rileva solo un modesto migliora- mento delle capacità cognitive durante il primo biennio. L’insegnamento di discipline più generali, all’interno dei programmi di istru- zione terziaria, è un modo per aumentare l’acquisizione di competenze cognitive avanzate trasferibili. Nel 2012, nella Regione Speciale Amministrativa di Hong Kong, in Cina, il corso di laurea di primo grado è stato prolungato con un ulte- riore anno di insegnamento generale, incentrato sulla capacità di risoluzione dei problemi, sul ragionamento critico, sulla comunicazione, sulla leadership e sulla formazione continua. Per la maggior parte degli studenti, questo anno integrativo è risultato utile per sviluppare le prerogative distintive richieste ai laureati. In tal senso, anche la pedagogia innovativa svolge una funzione importante. La Facoltà di Architettura e Ambiente del “College of Science and Technology” dell’Uni- versità del Ruanda ha promosso strategie di apprendimento che includono una valutazione con domande aperte, opportunità di riscontro e un programma di studi progressivo, volto a equilibrare un alto livello di impegno nelle attività cur- riculari con attività pedagogiche di sostegno all’apprendimento. Questi approcci hanno perfezionato l’insieme delle facoltà cognitive e intellettuali degli studenti. L'istruzione terziaria sviluppa anche capacità socio-comportamentali trasfe- ribili, come il lavoro di squadra, la resilienza, la fiducia in se stessi, le abilità negoziali e la libera espressione della propria personalità. In India, nell’ambito di un'indagine datoriale sulle professioni ingegneristiche, ai fini dell’occupabilità dei giovani laureati, le capacità socio-comportamentali sono state classificate al pari o al di sopra delle qualifiche tecniche e delle credenziali professionali. Inda- gini simili condotte in Bulgaria, Georgia, Kazakistan, ex Repubblica Jugoslava di Macedonia, Polonia, Federazione Russa e Ucraina indicano che un datore di lavoro considera penalizzante la mancanza di capacità socio-comportamentali tanto quanto la carenza di competenze tecniche. Le università progressiste stanno cercando nuovi modi per favorire l’acquisi- zione di capacità socio-comportamentali da parte dei discenti adulti. Gli istituti professionali olandesi offrono corsi di formazione per aspiranti imprenditori, volti a migliorare le abilità non-cognitive come il lavoro di squadra e la fiducia in se stessi. In Tunisia, gli studenti universitari hanno potuto strutturare meglio le proprie capacità comportamentali, grazie all'introduzione di un percorso di studi manageriali che unisce formazione aziendale e pratica (o coaching) perso- nale. In Cina, l’apprendimento cooperativo unito ai giochi di ruolo ha poten- ziato le capacità auto-educative e le competenze comunicative tra gli studenti Formazione continua e permanente | 81 dei corsi di farmacologia. Tuttavia, per migliorare l’insegnamento delle capacità socio-comportamentali, occorrono programmi idonei e un’accurata misura- zione, in particolare nei paesi a basso reddito e nelle zone rurali. Il ruolo dei sistemi di istruzione terziaria come poli di innovazione è, altresì, molto apprezzato. Nelle economie avanzate i cluster di innovazione rappresen- tano un esempio di successo. Questi cluster sono nati dalla collaborazione tra imprese e università negli Stati Uniti presso la Stanford University, l'Università della California, Berkeley (Silicon Valley), e Harvard, presso il MIT (Massachusetts Institute of Technology, sulla Route 128 nell’area di Boston); nel Regno Unito presso le Università di Cambridge, Oxford e la “University College London”, (il cosiddetto “golden triangle”). I cluster cominciano ad emergere anche nei paesi a medio reddito. Negli ultimi dieci anni, l’Università di Malaya in Malesia ha creato otto cluster di ricerca interdisciplinare che includono scienze della sostenibilità e biotecnologia. L’Università di Pechino sta realizzando il Clinical Medicine Plus X, un cluster di ricerca nel settore della medicina di precisione, dell’utilizzo dei big data e dell’intelligenza artificiale in campo sanitario. Nell'ambito dell'iniziativa Startup India, sono stati creati sette nuovi parchi di ricerca nei campus dell'Indian Insti- tute of Technology per promuovere l'innovazione attraverso incubatori e attività di collaborazione tra università e aziende del settore privato. In Messico, il Parco di Ricerca e Innovazione Tecnologica ospita oltre trenta centri di ricerca e sviluppo in biotecnologie, nanotecnologie e robotica, sette dei quali sono gestiti da università. Per realizzare un solido ecosistema di innovazione occorre tenere conto di due fattori. Innanzitutto, definire quale sia l’università più idonea per un determinato settore, poiché gli effetti agglomerativi delle università variano in base all’ambito. In secondo luogo, riconoscere che per la creazione di un solido ecosistema di innovazione è necessario un contesto favorevole. Il fatto stesso che esistano cluster di successo che fanno innovazione non significa possedere un metodo sicuro per crearne di nuovi. Tuttavia, il più delle volte, spetta ai governi creare un contesto favorevole alla formazione di cluster di innovazione, mettendo a disposizione le infrastrutture locali, aumentando la spesa per la ricerca e lo sviluppo, creando col- legamenti tra università, ricerca avanzata e aziende innovative del settore privato e rendendo più flessibile la regolamentazione del mercato del lavoro. Formazione degli adulti al di fuori del lavoro La trasformazione del lavoro rappresenta per alcuni lavoratori lo scardinamento delle competenze esistenti. Mentre le economie si riorganizzano per produrre il capitale umano della generazione successiva, l’attuale popolazione attiva pensa con apprensione al proprio futuro lavorativo. Questo timore può essere in parte fugato attraverso interventi di formazione rivolta agli adulti, per consentire ai lavoratori, che non sono inseriti nel sistema scolastico o che non hanno un’occupazione, di perfezionare le proprie compe- tenze o di acquisirne di nuove. Tuttavia, questa modalità si è rivelata più promet- tente nella teoria che nella pratica ed è stata troppo spesso penalizzata da un’er- rata concezione dei programmi. Esistono tre modi per migliorare la formazione degli adulti: mediante una valutazione più sistematica delle limitazioni specifi- che che un adulto deve affrontare; mediante una didattica idonea alle funzioni cognitive di un adulto; nonché mediante modelli flessibili di erogazione che si adattino bene allo stile di vita degli adulti. La formazione degli adulti è un canale importante per re-incardinare le competenze all’interno del futuro del lavoro, ma necessita di una seria riconcettualizzazione dei processi didattici e formativi. 82 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 FIGURA 4.6 In alcune economie, una grande percentuale di giovani tra i 19 e i 20 anni possiede carenti competenze alfabetiche, nonostante il completamento di un ciclo di istruzione secondaria % della popolazione di età compresa tra i 19 e i 20 anni 60 con competenze alfabetiche inferiori al livello 2 % della popolazione di età compresa tra i 19 e i 20 anni con un’istruzione 40 secondaria superiore 20–50 50–80 80–100 20 0 Irl m Fr a Ge a Uc ia ra Arm na ne nia a o ia Gr ia Isr a Ko le Tu vo a Co alia a le Bo a Ke a d ci ss i hi an i ny pr g rb b ec liv ae Ci na i o an an a zio e rc or m Ru It Ci Gh ss Se r et lo Vi de Fe Fonte: team WDR 2019. Nota: Dati su Armenia, Bolivia, Colombia, Georgia, Ghana, Kenya, Kosovo, Serbia, Ucraina e Vietnam: indagini STEP (Skills Measurement Surveys) della Banca Mondiale; dati sulle restanti economie: set di dati del PIAAC (Programma per la valuta- zione internazionale delle competenze della popolazione adulta). L’istruzione terziaria viene fatta confluire nell’istruzione secondaria superiore. Le indagini STEP sono rappresentative delle aree urbane. Il campione PIAAC relativo alla Federa- zione Russa non include la popolazione dell’area metropolitana di Mosca. I programmi di formazione rivolti agli adulti possono essere di vario tipo. Que- sta sezione verte principalmente su tre tipologie di formazione, la cui importanza è particolarmente rilevante per preparare la popolazione adulta ad affrontare i cambiamenti dei mercati del lavoro: programmi di alfabetizzazione; formazione qualificante al lavoro salariato; e programmi di formazione imprenditoriale. Nel mondo, oltre 2,1 miliardi di adulti in età lavorativa (ovvero tra i 15 e i 64 anni) non padroneggiano adeguatamente le tecniche di lettura. In Africa sub-sahariana, quasi il 61% dei lavoratori ha una scarsa competenza nella let- tura contro il 44% in America Latina e nei Caraibi. In India, sa leggere solo il 24% dei giovani di età compresa tra i 18 e i 37 anni, che hanno abbandonato la scuola prima di completare il ciclo di istruzione primaria.28 Un’istruzione di scarsa qualità genera, altresì, insufficienti capacità alfabetiche e linguistiche (figura 4.6). In Bolivia, Ghana e Kenya, oltre il 40% dei giovani tra i 19 e i 20 anni con un diploma di istruzione secondaria superiore ottiene un pun- teggio per l’alfabetizzazione inferiore al livello base, rispetto al solo 3% del Vietnam. Tutto ciò costituisce una criticità, soprattutto alla luce dell’evoluzione del lavoro, le competenze alfabetiche funzionali si configurano come mere capa- cità di sopravvivenza. Il costo economico e sociale dell'analfabetismo degli adulti nei paesi in via di sviluppo è stimato a oltre 5 miliardi di dollari l'anno.29 L’abbandono precoce degli studi impedisce la piena realizzazione di questi giovani, a dispetto delle loro competenze alfabetiche di base, nella sfera lavo- rativa o privata. Le ragioni dell’abbandono scolastico possono essere di natura economica o culturale, oppure sono attribuibili alla scarsa qualità dell'istruzione di base o a tutti questi fattori insieme. Nel 2014, il tasso di abbandono scolastico relativo alla scuola secondaria di primo grado è stato in media del 27,5% nei Formazione continua e permanente | 83 paesi a basso reddito e rispettivamente del 13,3% e del 4,8% nei paesi a medio e alto reddito.30 Non è facile per i giovani che abbandonano la scuola prematura- mente trovare un lavoro o intraprendere successivamente studi superiori, senza una certificazione formale e/o una formazione professionalizzante. Lo stesso vale per gli adulti i quali, nonostante abbiano completato un percorso scolastico, sono penalizzati da un’istruzione di base qualitativamente scadente. A livello mondiale, circa 260 milioni di giovani tra i 15 e i 24 anni non lavo- rano e non sono inseriti in percorsi di formazione. Un bacino di popolazione adulta inoccupata costituisce un rischio politico e suscita timori di natura eco- nomica, che possono sfociare in fenomeni migratori, tensioni sociali o crisi poli- tiche. La mancanza di sufficienti opportunità economiche per una popolazione sempre più istruita è stato un elemento catalizzatore del malcontento espresso nella cosiddetta “primavera araba” del 2010-2011. Le dinamiche demografiche interessano inevitabilmente il mercato del lavoro. In molti paesi ricchi, l’invec- chiamento e il depauperamento della forza lavoro impone un adeguato apporto di nuove competenze per sostenere la crescita economica. Altri paesi invece, caratterizzati da un’ampia popolazione di giovani, devono affrontare il problema della forza lavoro poco qualificata e relegata in lavori a bassa produttività. I programmi di formazione degli adulti sono uno strumento valido per aggiornare e potenziare le competenze dei lavoratori più anziani, favorendo la loro versatilità. Ne è un esempio l’iniziativa di alfabetizzazione Saakshar Bha- rat, promossa in India nel 2009 a favore di 70 milioni di adulti. In Ghana, i programmi di alfabetizzazione degli adulti, hanno prodotto ritorni sul mercato del lavoro superiori al 66%.31 L’Istituto Nazionale Messicano per l’Istruzione degli Adulti ha sviluppato moduli flessibili per l’erogazione di programmi di formazione equivalenti all’istruzione primaria o secondaria. Questi programmi mirano a offrire una seconda opportunità a coloro che hanno abbandonato il sistema scolastico. In Nepal, sotto l’egida dell’Adolescent Girls Employment Initiative della Banca Mondiale [Iniziativa a favore dell’occupazione delle adolescenti], è stato possibile aumentare del 174% l’occupazione femminile non agricola grazie alla formazione professionale.32 Attraverso attività di formazione professionale e tirocini per adulti, il programma argentino Entra21 ha consentito ai parteci- panti di aumentare i propri guadagni del 40%.33 In Kenya, il programma di formazione professionale Ninaweza si rivolge a giovani donne che vivono in insediamenti informali a Nairobi, grazie al quale, le partecipanti non solo hanno acquisito maggiore sicurezza in se stesse, ma hanno anche visto aumentare del 14% le probabilità di ottenere un lavoro e maggiori guadagni.34 Tuttavia, molti programmi di formazione per adulti non riescono a raggiun- gere obiettivi significativi. I programmi di alfabetizzazione spesso migliorano il riconoscimento delle parole, ma non l’effettiva comprensione di un testo scritto.35 In Niger, un programma formativo per adulti ha aumentato la velocità di lettura, ma non il livello richiesto ai fini della comprensione di un testo scritto (la velo- cità minima di lettura per la comprensione di un testo è di una parola ogni 1,5 secondi). I programmi di formazione all’imprenditorialità spesso migliorano le conoscenze del mondo e dell’organizzazione aziendale, ma non creano occu- pazione. In Perù, la formazione per giovani imprenditrici ha migliorato le loro capacità di fare impresa, ma non ha prodotto un aumento significativo di occupa- zione. La formazione professionale per i disoccupati spesso migliora le possibilità di guadagno a breve termine, ma non sempre l’occupazione di lungo periodo. Il Programma Juventud y Empleo (Giovani e Occupazione) avviato in Repubblica Dominicana ha perfezionato le competenze non cognitive e la formalizzazione 84 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 del lavoro, ma non ha fatto crescere l’occupazione. Anche in Turchia, la forma- zione professionale non ha avuto effetti significativi sulla totalità dell’occupa- zione e nel tempo sono scomparsi anche gli effetti positivi sulla qualità del lavoro. Persino i metodi di formazione innovativi di maggior successo comportano costi elevati. In Liberia, nonostante l’incremento salariale mensile in favore delle giovani donne di 11 dollari in più rispetto al gruppo di confronto, il programma di formazione ha un costo individuale pari a 1.650 dollari.36 Pertanto, per poter recuperare i costi dell’intervento formativo è necessario che gli effetti sui bene- ficiari siano costanti per almeno 12 anni. In America Latina, anche in caso di benefici costanti, occorre molto tempo prima che un programma raggiunga un valore attuale netto positivo; per esempio, 7 anni per il programma peruviano ProJoven (Programma per i giovani) e 12 anni per il Proyecto Joven argentino (Progetto Giovani).37 Spesso, la formazione degli adulti non è altro che una componente costosa di un pacchetto di misure più esteso, il che impedisce di comprendere il rapporto costi-benefici dell’intervento. Il programma cileno di sostegno alla creazione di microimprese ha incrementato il lavoro autonomo di 15 punti percentuali nel breve periodo, ma non è chiaro in che misura tale incremento sia ascrivibile alle 60 ore di formazione in gestione di impresa e al finanziamento (o: all’immissione di capitale) di 600 dollari.38 Due delle ragioni principali a monte della scarsa efficacia degli interventi for- mativi per gli adulti sono da ricercarsi nella progettazione inadeguata e in una dia- gnosi (o: valutazione) errata dei fabbisogni. Spesso la progettazione dell’intervento formativo non tiene conto delle diverse modalità di apprendimento degli adulti dal punto di vista delle loro capacità mentali e intellettive e poiché la capacità di apprendimento cerebrale diminuisce con l’età, qualsiasi programma di formazione che si rivolge a discenti adulti deve essere in grado di superare un ostacolo intrin- seco, ovvero stimolare l’acquisizione di conoscenze in una fase della vita in cui si è meno ricettivi all’apprendimento. Grazie ai progressi nelle neuroscienze è pos- sibile affrontare questa problematica, poiché la capacità di apprendimento di un adulto dipende dall’utilizzo delle proprie funzioni cerebrali. Pertanto, l’integrazione dell’intervento formativo nelle attività quotidiane è garanzia di maggior successo. In Niger, nell’ambito di un programma di formazione per adulti, coloro che seguivano parte delle lezioni attraverso i telefoni cellulari hanno raggiunto punteggi in lettura e matematica significativamente maggiori di chi non utilizzava questi dispositivi. Nella progettazione di programmi formativi, non sempre si tiene conto del fattore stress a cui un adulto è soggetto e che influisce negativamente sulle sue capacità mentali. L’adulto deve costantemente trovare un compromesso tra le proprie emo- zioni e le esigenze della famiglia, la cura dei figli e il lavoro. Queste esigenze spesso prendono il sopravvento sulla capacità cognitiva necessaria per l’apprendimento. In India, una situazione di maggior povertà (nel periodo antecedente il raccolto) riduceva sensibilmente le capacità cognitive dei coltivatori di canna da zucchero rispetto a una situazione di maggior benessere economico (nel periodo successivo al raccolto). La creazione di dinamiche emotive collegate ai contenuti didattici, come l'impostazione di un percorso di pianificazione degli obiettivi personali, può essere una strategia efficace per stimolare l'apprendimento negli adulti. Tuttavia, gli approcci comportamentali vengono inseriti di rado nei programmi di formazione. Gli adulti sono soggetti anche a limitazioni di natura socioeconomica che, ancora una volta, vengono sovente trascurate nella progettazione di interventi formativi. Per il discente adulto, il costo-opportunità è oneroso, perché significa mancato reddito e tempo sottratto ai figli ed è spesso incompatibile con una formazione intensiva e con orari poco flessibili. In Malawi, le donne che hanno Formazione continua e permanente | 85 partecipato a programmi di formazione, hanno potuto risparmiare quasi la metà rispetto agli uomini. In India, le donne che hanno cercato di portare a termine un programma di formazione professionale hanno avuto grandi difficoltà, a causa della distanza dai luoghi in cui veniva erogata la formazione e della man- canza di servizi di assistenza all’infanzia. I tassi di abbandono dei programmi di alfabetizzazione per adulti sono spesso elevati, con percentuali che variano dal 17% in Niger al 58% in India.39 La scarsa partecipazione ai programmi di formazione per adulti indica chia- ramente che non sempre questi programmi sono la risposta al problema. In Pakistan, in occasione del programma “Skills for Employability” [Competenze per l’occupabilità], oltre il 95% degli aventi diritto non ha formalizzato l’iscrizione dopo aver ricevuto il voucher formativo, compresi i più indigenti che avevano inizialmente manifestato interesse ad acquisire competenze professionali e quando il governo ha aumentato la remunerazione giornaliera e spostato i cen- tri di formazione nei villaggi, il tasso di iscrizione non ha superato comunque il 25%.40 In Ghana, la domanda di formazione da parte di imprese informali è limitata, perché secondo la maggior parte degli imprenditori la mancanza di competenze non compromette i fini aziendali. Migliorare l’efficacia della formazione degli adulti è possibile solo attraverso una migliore diagnosi e valutazione dei bisogni, nonché una migliore progetta- zione e erogazione dell’offerta formativa. Ai fini di una migliore diagnosi e valutazione dei fabbisogni, la concezione di qualsiasi programma di formazione deve essere preceduta da una sistematica raccolta dati, volta a identificare vincoli e limiti relativi al target di popolazione. Queste informazioni sono, altresì, utili per personalizzare la formazione quali- ficante. Dati amministrativi tratti dall’imponente programma indiano NREGA (National Rural Employment Guarantee Act) hanno offerto una puntuale visione d’insieme sui mercati del lavoro locali. Grazie al contributo delle neuroscienze e dell'economia comportamentale, le possibilità di miglioramento della struttura degli interventi formativi a favore degli adulti sono innumerevoli. L’utilizzo di esercizi pratici e rappresentazioni grafiche al fine di stimolare le capacità mnemoniche accresce l’efficacia dell’esperienza for- mativa. L’integrazione di fattori motivazionali come la gratificazione economica, l’esperienza di lavoro e la funzione del riscontro stimola ulteriormente l’appren- dimento nei discenti adulti. Un esperimento condotto su giovani adulti indica che successivamente alla formazione, la presenza di gratificazioni si traduce in un miglioramento delle prestazioni e delle competenze a lungo termine. L’intervento formativo deve rispondere alla necessità di flessibilità e deve essere concepito sulle esigenze dell’adulto. In Kenya, quasi il 50% delle donne beneficiarie di assegni formativi, ha affermato che la vicinanza al centro di forma- zione era l’elemento decisivo nella scelta di un corso.41 Data la necessità di gestire il tempo conciliando esigenze diverse, l’offerta di moduli formativi brevi erogabili attraverso applicazioni e dispositivi mobili può produrre risultati promettenti nei discenti adulti e tutelarli maggiormente da potenziali forme di stigmatizzazione. Gli interventi formativi a favore degli adulti risultano essere maggiormente efficaci, se strettamente correlati a opportunità di lavoro, attraverso periodi di apprendistato e tirocinio durante i quali la formazione si coniuga all’appren- dimento dei saperi pratici e stimola la necessaria motivazione attraverso la promessa di ritorni economici futuri che si ingenera nell’individuo. È possibile aumentare l’efficacia degli interventi, coinvolgendo il settore privato nell’i- deazione dei contenuti dei corsi o delle metodologie di formazione o ancora 86 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 nell’offerta di opportunità di formazione in affiancamento [on the job] attraverso stage e tirocini. Il programma colombiano Jóvenes en Acción [Giovani in azione] prevede lezioni frontali e formazione on the job presso aziende private. La proba- bilità di un lavoro formale e di maggior guadagno a breve termine è aumentata, restando sostanzialmente stabile anche a lungo termine. Il programma ha avuto anche effetti educativi di rilievo sui partecipanti, stimolandone la propensione a completare il ciclo di istruzione secondaria e a intraprendere studi superiori negli otto anni successivi alla conclusione della formazione, invogliando, inoltre anche i familiari a iniziare un percorso di istruzione terziaria. Il successo di un programma di formazione per adulti può anche dipendere dalla capacità di soddisfare contestualmente il maggior numero di condizioni: per esempio, è possibile aumentarne l’efficacia, coniugando formazione e soste- gno economico in denaro o apporto in capitale. In Camerun, 54.000 persone sono riuscite a trovare un lavoro grazie alla partecipazione a un programma di formazione e sostegno economico.42 Ne aumenta poi l’efficacia, soprattutto per le donne, la possibilità di associare la formazione qualificante alla certifi- cazione delle competenze, le lettere di referenze e una migliore informazione sulle opportunità di lavoro. In Uganda, i tassi di occupazione, la remunerazione e la mobilità sul mercato del lavoro sono maggior tra i lavoratori in possesso di competenze certificabili e trasferibili. In Sudafrica, un programma della Banca mondiale sta cercando di migliorare la ricerca di lavoro attraverso modelli di peer support, promemoria tramite sms e pianificazione delle azioni. L’inserimento delle competenze trasversali o socio-comportamentali nella pro- gettazione dei programmi di formazione è foriero di grandi speranze. In Togo, gli imprenditori informali, sensibilizzati e formati al concetto di “iniziativa perso- nale” e allo sviluppo di una forma mentis basata su intraprendenza, innovazione e obiettivi—hanno visto crescere i loro profitti del 30% nei due anni successivi alla conclusione del programma. Questo approccio si è rivelato molto più efficace rispetto alla tradizionale formazione alla gestione di impresa. Infine, l'acquisizione di competenze, quali la gestione del tempo, la comunicazione efficace e la gestione finanziaria ha consentito agli operai indiani di aumentare la loro produttività. Note   1. Krueger e Kumar (2004).   2.  Cunningham e Villaseñor (2016); Deming (2017).   3.  Hanushek et al. (2017).   4.  International Income Distribution Data Set della Banca Mondiale.   5.  Ederer et al. (2015).   6.  Banca Mondiale (2015a, 2015b).   7.  Team WDR 2019, sulla base delle Enterprise Surveys della Banca Mondiale, 2015–16.   8.  Ebenehi, Rashid, e Bakar (2016).   9.  Banca Mondiale (2018b). 10.  Attanasio et al. (2014). 11.  Oxford Policy Management (2009). 12.  Aboud e Hossain (2011). 13.  Martinez, Naudeau, e Pereira (2012). 14.  Garcia, Heckman, e Ziff (2017). 15.  Bidwell e Watine (2014). 16.  Engle et al. (2011). 17.  Nollenberger e Rodríguez-Planas (2015). 18.  Hoddinott et al. (2008). Formazione continua e permanente | 87 19.  Gertler et al. (2014). 20.  Black et al. (2017). 21.  UNESCO (2015, 59). 22.  Brinkman et al. (2017). 23.  Psacharopoulos e Patrinos (2018). 24.  Saavedra (2009). 25.  Ferreyra et al. (2017). 26.  Hasanefendic, Heitor, e Horta (2016). 27.  Blom et al. (2016); StudyMalaysia (2016). 28.  Kaffenberger e Pritchett (2017). 29.  Cree, Kay, e Steward (2012). 30. Sulla base dell’indicatore del “tasso di abbandono cumulativo relativo all’ultimo anno del ciclo di istruzione secondaria di primo grado” pubblicato dall’Istituto di statistica dell’UNESCO. Dati disponibili per 112 economie. 31.  Blunch, Darvas, e Favara (2018). 32.  Chakravarty et al. (2017). 33.  J-PAL (2017). 34.  Alvares de Azevedo, Davis, e Charles (2013). 35.  Aker e Sawyer (2016). 36.  Adoho et al. (2014). 37.  Kluve (2016). 38.  Martínez, Puentes, e Ruiz-Tagle (2018). 39.  Aker e Sawyer (2016). 40.  Cheema et al. (2015). 41.  Hicks et al. (2011). 42.  Haan e Serrière (2002). 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Washington, DC: Banca Mondiale I ritorni economici CAPITOLO 5 del lavoro L ’apprendimento è il risultato di un processo dinamico che non si esaurisce all’interno del sistema scolastico (oppure: L’istruzione non si compie soltanto a scuola). Gli studenti che si apprestano a entrare nel mondo del lavoro hanno l’opportunità di continuare ad accumulare capitale umano, ma si trovano a fronteggiare alcuni ostacoli; ad esempio, l’alto tasso di informalità dei mercati del lavoro delle economie emergenti, in quanto i lavori a scarsa produttività non garantiscono stabilità di reddito o ulteriori opportunità di formazione. Tuttavia, i governi, creando condizioni favorevoli all’occupazione formale, potrebbero offrire migliori opportunità di reddito e di formazione soprattutto per le fasce più indigenti. Un altro ostacolo è costituito dalla frequente esclusione delle donne dal mondo del lavoro e nelle economie emergenti dalla concentrazione nelle zone rurali e nel settore agricolo di persone più povere. Pertanto, la possibilità di accumulare capitale umano è legata a una maggiore produttività di queste categorie di popolazione. Jacob Mincer, annoverato tra i padri della moderna economia del lavoro, fu il primo a quantificare i rendimenti economici derivanti dall’istruzione e dal lavoro. Negli anni ’70, prima che Mincer affrontasse l’argomento, era opinione comune tra i suoi contemporanei che il fattore fortuna determinasse le capacità individuali, che a loro volta decretavano i profitti economici. Mincer dimostrò che i differen- ziali di guadagno erano influenzati dagli investimenti in capitale umano nel corso della vita di un individuo, in istruzione prima e in lavoro dopo. I rendimenti di tali investimenti potevano essere misurati in termini di maggiori guadagni, o “ritorni,” derivanti da un ulteriore anno di istruzione o di lavoro. La conclusione a cui giunse fu che un anno aggiuntivo di istruzione per i lavoratori maschi (bianchi, nel settore non agricolo) si associava a un aumento annuo del salario pari a circa il 10,7%.1 Nelle economie emergenti, l’esperienza lavorativa produce rendimenti inferiori rispetto alle economie avanzate (figura 5.1). Nei Paesi Bassi e in Svezia, un ulteriore anno di lavoro si traduce in un aumento salariale del 5,5% mentre in Afghanistan, solo dello 0,3%. Rispetto a un lavoratore in un’economia avanzata, un lavoratore in un’economia emergente ha più probabilità di svolgere un lavoro manuale, a maggior rischio di automazione e con minori possibilità di ulteriore formazione. Inoltre, si evidenzia lo scarso livello di istruzione della forza lavoro nelle economie emergenti rispetto alle economie avanzate. Spesso le economie avanzate si avval- gono della tecnologia, e di una forza lavoro con un livello di istruzione tendenzial- mente elevato, beneficiaria di contratti regolari e di varie opportunità di accesso a professioni o mansioni per cui si prevedono compiti cognitivi non di routine. Tali fattori potrebbero spiegare le motivazioni per cui nelle economie avanzate i ritorni in funzione del lavoro siano maggiori rispetto alle economie emergenti. Confrontando i ritorni in funzione del lavoro tra occupazioni di tipo cognitivo e occupazioni basate su abilità manuali, si evidenzia che un ulteriore anno di lavoro si traduce in aumenti salariali del 2,9% per le professioni di tipo cogni- tivo e dell’1,9% per le attività di tipo manuale.2 I ritorni minori in funzione del lavoro sono una prerogativa delle occupazioni di base, ovvero quelle che richie- dono qualifiche medio-basse come gli addetti alle pulizie o i lavoratori agricoli specializzati, mentre le occupazioni che richiedono qualifiche di livello elevato quali professionisti, dirigenti e tecnici ottengono i ritorni maggiori. Il posto di lavoro è il luogo in cui è possibile acquisire competenze, al termine del ciclo di istruzione, sebbene occorra ricordare che il lavoro è un elemento complementare e non si sostituisce all’istruzione. Le differenze nei livelli di istruzione osservate a livello mondiale spiegano ampiamente le variazioni in termini di rendimenti. Un ulteriore anno di istruzione produce, in media, lo stesso incremento salariale di quattro anni di lavoro. Per ottenere l’incremento 92 I ritorni economici del lavoro | 93 FIGURA 5.1 I paesi a alto reddito registrano maggiori ritorni in funzione del lavoro rispetto ai paesi a medio e basso reddito 6.0 Svezia: 5.5 % di incremento salariale prodotto da un Germania: 4.3 Media 4.0 (Francia): Tanzania: 3.6 4.0 ulteriore anno di lavoro Brasile: 2.8 Kenya: 3.0 Uruguay: 3.0 Etiopia: 2.9 Media Sudafrica: 2.4 Camerun: 2.5 (Liberia): Media Media 2.5 2.0 Bulgaria: 1.8 (Gabon): Lituania: 2.1 2.1 (Moldavia): Malawi: 1.6 1.8 Kazakistan: 1.3 Armenia: 0.8 0 Afghanistan: 0.3 Repubblica del Kirghizistan: –1.4 –2.0 Alto reddito Reddito medio-alto Reddito medio-basso Basso reddito Fonte: team WDR 2019, sulla base dei dati dell’indagine sui nuclei familiari e sulla forza lavoro tratti dall’International Income Distribution Data Set della Banca Mondiale. Nota: La figura mostra le stime relative all’incremento salariale prodotto da un ulteriore anno di potenziale esperienza lavorativa in 135 economie, sulla base del livello di reddito. Nelle economie ad alto reddito, la media è pari al 4,0%. Pertanto, nelle economie ad alto reddito, un ulteriore anno di esperienza lavorativa si traduce in un incremento medio delle retribuzioni mensili del 4,0%. La figura mostra le economie con le percentuali più alte e più basse per ciascun gruppo di reddito. In considerazione di ciò, un ulteriore anno di esperienza lavorativa si traduce in un aumento della retribuzione mensile del 5,5% in Svezia, ma solo del 2,1% in Lituania. La metodologia segue un precedente lavoro di categorizzazione degli anni di esperienza raccolti in sette intervalli [bins] (Lagakos et al. 2018). Viene stimata la crescita dei salari per ciascun intervallo di esperienza rispetto all’intervallo “nessuna espe- rienza”. I ritorni in funzione dell’esperienza accumulata vengono, poi, calcolati come valore medio dei sette intervalli, utilizzando una media geometrica. L’economia con la percentuale più alta e quella con la percentuale più bassa per ciascun gruppo di reddito vengono classificate dopo le stime relative al reddito e all’aspettativa di vita dell’economia in oggetto. salariale prodotto da un ulteriore anno di istruzione, un lavoratore tedesco dovrebbe accumulare tre anni di esperienza lavorativa, mentre ne servirebbero cinque a un lavoratore del Malawi e otto a uno del Guatemala. Nelle economie emergenti, dove molti lavoratori sono esclusi dal sistema scolastico, l’attuazione di strategie politiche volte ad aumentare i ritorni prodotti dall’esperienza lavora- tiva andrebbe probabilmente a vantaggio di una platea più ampia di beneficiari. I lavoratori istruiti hanno maggiori opportunità di formazione sul posto di lavoro rispetto ai lavoratori non istruiti. Per i lavoratori con un basso livello di istruzione, ogni ulteriore anno di esperienza lavorativa si traduce in un aumento salariale annuo del 2%, mentre per i lavoratori con un elevato livello di istruzione, il ritorno annuo in funzione dell’esperienza lavorativa è del 2,4%. Di conseguenza, i paesi con un sistema scolastico carente devono affrontare un duplice problema. Innanzitutto, i giovani diplomati delle scuole superiori non posseggono le compe- tenze necessarie per trovare lavoro e, in secondo luogo, anche quando riescono a inserirsi nel mondo del lavoro, guadagnano meno e hanno minori opportunità di apprendimento rispetto ai coetanei con un livello di istruzione maggiore. Ad esempio, la Giordania è un paese in cui i ritorni prodotti sia dal sistema sco- lastico (5,9%) sia dall’esperienza lavorativa (1,2%) sono bassi e i punteggi del PISA (Programma per la valutazione internazionale degli studenti) in matematica, scienze e lettura si situano al di sotto della media. Secondo questi dati, un lavoratore gior- dano con un diploma di istruzione secondaria e un anno di esperienza lavorativa 94 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 guadagnerebbe meno della metà rispetto a uno stesso lavoratore con caratteristiche analoghe in Germania. Inoltre, nel momento in cui accumulerà 30 anni di espe- rienza, il salario del lavoratore tedesco sarà già almeno cinque volte superiore. L’economia informale La pervasività dell’economia informale è osservabile nella maggior parte delle economie emergenti. L’occupazione informale rappresenta più del 70% dell’oc- cupazione totale in Africa Sub-Sahariana, oltre il 60% in Asia meridionale e oltre il 50% in America Latina. In Kenya, l’occupazione informale ha raggiunto livelli sconcertanti pari al 77,9% dell’occupazione totale, vale a dire uno dei tassi più elevati di tutto il continente africano. In Kenya, inoltre, circa 6 milioni di imprese del settore informale non sono in possesso di una regolare licenza e la produtti- vità rimane bassa: nelle economie emergenti la produttività dei lavoratori infor- mali è pari, in media, appena al 15% della produttività dei lavoratori formali.3 I cambiamenti nel settore informale avvengono molto lentamente. A partire dal 1999, l’India è diventata una potenza nucleare, ha beneficiato del dinami- smo di una fiorente industria informatica, ha battuto il record mondiale per numero di satelliti lanciati nello spazio con un solo razzo e ha raggiunto un tasso di crescita annuo del 5,6%. Eppure quasi il 90% della popolazione attiva lavora nell’economia informale.4 Questa tendenza non caratterizza esclusivamente l’India, ma rappresenta una peculiarità delle economie emergenti. In Madaga- scar, la percentuale di lavoratori informali non agricoli è passata dal 74% nel 2005 all’89% nel 2012, mentre in Nicaragua, tra il 2005 e il 2010, il tasso di informalità è aumentato passando rispettivamente dal 72,4% al 75%.5 Le analisi relative all’International Income Distribution Data Set della Banca Mondiale mostrano che i ritorni individuali in funzione del lavoro sono mag- giori nel settore formale rispetto al settore informale. Ad esempio, in Kenya un anno di lavoro nel settore informale si traduce in un aumento del reddito annuo non superiore al 2,7%. Di contro, nel settore formale l’incremento del reddito annuo è pari al 4,1%, ovvero circa 1,5 volte superiore all’incremento del reddito ottenuto nel settore informale. Si palesa, pertanto, una significativa disparità. Il differenziale nei ritorni in funzione del lavoro, formale o informale, è un fenomeno di portata mondiale. In Nepal, i ritorni in funzione dell’esperienza lavorativa per i lavoratori salariati nel settore formale sono 1,4 volte superiori rispetto agli stessi lavoratori del settore informale. In Sud Africa, tali ritorni sono 1,6 volte superiori nel settore formale rispetto a quello informale, mentre in India sono più del doppio. Nelle economie emergenti, l’aumento salariale medio per un ulteriore anno di lavoro è pari all’1,4% per i lavoratori del settore infor- male rispetto all’1,8% percepito dai medesimi lavoratori nel settore formale. Esistono milioni di piccoli imprenditori informali, che difficilmente riusciranno a uscire dalla condizione di povertà mediante l’attività d’impresa. Queste imprese, infatti, non impiegano personale retribuito e sono scarsamente redditizie. A Dakar, in Senegal, l’87% delle imprese, la cui produttività del lavoro è inferiore a 10.000 dollari per lavoratore, operano nel settore informale.6 Le imprese informali sono gestite da imprenditori non istruiti, servono un bacino di consumatori a basso red- dito e dispongono di scarso capitale, producendo un valore aggiunto per occupato pari solo al 15% rispetto alle imprese formali.7 Si osserva, inoltre, una scarsa pro- pensione alla formalizzazione da parte di queste entità produttive informali. Gli imprenditori poveri cercano di trarre il massimo dei profitti da attività commerciali troppo esigue per consentire loro di migliorare la qualità di vita. I ritorni economici del lavoro | 95 Queste piccole imprese non producono un flusso di reddito costante, lasciando in balìa di eventuali imprevisti gli imprenditori, i quali non hanno però altra scelta, perché in assenza di occupazione formale, la creazione di piccole imprese rappresenta la sola opportunità lavorativa. La creazione di posti di lavoro stabili nel settore formale e privato per i meno abbienti costituisce un importante obiettivo politico, poiché la stabilità lavora- tiva favorisce l’opportunità di spesa. Il lavoro in fabbrica migliora notevolmente le condizioni di vita dei ceti poveri.8 Il potenziamento delle infrastrutture nelle città e nei villaggi potrebbe incoraggiare le imprese formali a insediarsi in aree popolate da lavoratori indigenti. E sebbene sia improbabile che piccole imprese informali crescano e migrino nel settore formale, non è esclusa la possibilità per i titolari di queste imprese di ottenere un posto di lavoro formale. Il peso dell’economia sommersa è maggiore in quei paesi con regolamentazioni onerose per le attività commerciali.9 Il Messico illustra bene i vantaggi di una nor- mativa più snella. A maggio del 2002, il paese ha avviato il “Sistema di apertura veloce di aziende” [SARE – Sistema de apertura rapida de empresas] che ha semplificato le procedure di registrazione delle aziende locali e ha ridotto il numero medio di giorni necessari per la registrazione da 30 a 2, il numero dei procedimenti richiesti da 8 a 3 e il numero di pratiche da svolgere presso un ufficio da 4 a 1. La Commis- sione Federale per la semplificazione normativa si è fatta promotrice della riforma, confrontandosi con le amministrazioni comunali, alla luce dell’elevato numero di procedure di registrazione a livello locale. Grazie alla riforma, le possibilità di accedere all’occupazione formale sono aumentate del 25% per quegli imprenditori informali che possiedono un profilo simile a quello dei lavoratori salariati del settore formale.10 Questa esperienza suggerisce che la semplificazione della regolamenta- zione in materia di adempimenti societari agevola la transizione dalla titolarità di impresa nel settore informale al posto di lavoro salariato nel settore formale. La semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese deve, però, andare di pari passo con altre politiche. In Brasile, il programma a favore delle micro-im- prese individuali, introdotto nel 2009, si è rivolto a imprenditori con non più di un dipendente, nell’intento di ridurre gli oneri di formalizzazione, costi (iniziali) di registrazione e costi di permanenza dell’azienda nel regime formale, mediante la riduzione delle imposte mensili e degli adempimenti burocratici. La riduzione dei costi di registrazione, associata alla riduzione delle imposte societarie, ha portato alla formalizzazione delle imprese informali esistenti. I settori industriali beneficiari di sgravi fiscali hanno registrato un incremento del 5% nel numero di nuove imprese formali. Il dimezzamento delle imposte mensili ha portato a un incremento del 2% del tasso di registrazione di nuovi imprenditori, partendo da un tasso base del 20%.11 Nella lotta all’informalità, anche la tecnologia viene in soccorso dei governi. In Perù, l’introduzione dei cedolini-paga elettronici è stato un fattore determi- nante, che ha consentito di ridurre tra il 2004 e il 2012 l’occupazione informale non agricola dal 75% al 68%. I datori di lavoro utilizzano i cedolini elettronici per inviare report mensili all’Amministrazione Tributaria Nazionale relativi a dipendenti, pensionati, fornitori di servizi, personale in formazione, lavoratori in outsourcing e richiedenti. Nel 2008, a seguito dell’entrata in vigore del cedolino elettronico, sono stati registrati nello stesso anno, circa 300.000 nuovi posti di lavoro formali, facendo registrare un aumento della della crescita economica.12 Gli investimenti in capitale umano riducono l’occupazione informale. Un’a- deguata dotazione di competenze aumenta le probabilità di lavoro per le gio- vani generazioni nel settore formale. A Santo Domingo, capitale della Repub- blica Dominicana, è stato avviato un programma di formazione per giovani di 96 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 quartieri disagiati, non scolarizzati, di età compresa tra i 16 e i 29 anni.13 Il programma prevedeva 225 ore di formazione qualificante, di cui: 150 ore dedi- cate all’apprendimento di competenze di primo livello, spendibili in occupazioni quali assistente amministrativo, parrucchiere e meccanico e 75 ore dedicate al miglioramento delle competenze trasversali (principalmente abitudini di lavoro e autostima). Alla fine dei corsi, i partecipanti hanno eseguito un tirocinio di tre mesi presso un’azienda privata. La valutazione del programma ha dimostrato che investire sulla formazione dei giovani influisce significativamente sulla pro- babilità di ottenere un lavoro formale e sui guadagni percepiti nel mercato del lavoro urbano, ma anche, che tali benefici sono duraturi nel tempo. Donne lavoratrici Il murale intitolato “La realizzazione di un affresco che mostra la costruzione di una città” del pittore messicano Diego Rivera (1886–1957) è stato scelto come coper- tina del rapporto. Membro del partito comunista, Rivera ritrae un gigantesco lavoratore che domina su banchieri, architetti e artisti, ma solo una donna è raffi- gurata tra i diciannove personaggi che animano il murale. Sebbene la condizione della donna in seno all’economia sia migliorata dai tempi di Rivera, il divario tra uomo e donna in termini di opportunità economiche è ancora molto profondo. In alcune società, le donne sono escluse dal mondo del lavoro. La percentuale di occupazione femminile (donne di età superiore ai 15 anni), nel mondo, è pari al 49% rispetto all’occupazione maschile, che si attesta al 75%. Nelle posizioni di potere persistono gli squilibri di genere. Donne in posizioni apicali si riscon- trano in meno di un quinto delle aziende.14 Tuttavia, queste cifre celano grandi disparità tra paesi. In Svezia, il 61% delle donne sono occupate nel settore for- male contro il 40% in Italia. In India e in Pakistan, solo il 25–27% delle donne partecipa alla forza lavoro. Generalmente, le donne lavorano in settori econo- micamente meno produttivi e svolgono professioni che offrono potenzialmente meno opportunità di formazione sul posto di lavoro. L’ inclusione delle donne nelle attività economiche formali dipende dall’u- guaglianza in materia di diritti di proprietà. Nell’antica Grecia, la donna non poteva ereditare i diritti di proprietà, mentre nell’antica Roma non aveva diritti politici. Nel 1804, il Codice Napoleonico stabilì che la moglie fosse assoggettata al volere del padre o del marito. Prima del 1870, nel Regno Unito una donna sposata non poteva rivendicare il diritto di proprietà, essendo tale diritto riser- vato unicamente al marito. Nonostante i progressi nella parità di genere, nel mondo persistono ancora sostanziali differenze. In molti paesi, le donne sono soggette a restrizioni di natura giuridica, che ne precludono l’accesso a determinate tipologie di lavoro. 65 paesi limitano l’ac- cesso alle donne nel settore estrattivo; 47 al settore manifatturiero e 37 al settore dell’edilizia. Inoltre, in 29 economie su 189, le donne non possono lavorare lo stesso numero di ore degli uomini. La presenza maschile è maggioritaria in ogni tipo di professione (figura 5.2). Le donne in posizioni manageriali rappresentano solo circa un quarto del totale e tra i professionisti si attestano più o meno al 39%. Si osserva una presenza relativa- mente elevata di donne nelle funzioni esecutive del lavoro d’ufficio e in qualità di addette ai servizi e alle vendite (44%). Mentre, nelle mansioni tecniche quali operatore e installatore di impianti e attrezzature, la presenza femminile è molto bassa e non supera il 16%. Nelle economie emergenti, la maggior parte delle donne dirigenti di imprese formali è occupata nel settore della vendita al dettaglio. I ritorni economici del lavoro | 97 FIGURA 5.2 La presenza maschile è maggioritaria in tutte le professioni secondo la classificazione standard 100 80 60 Percentuale 40 20 39 44 44 34 35 36 26 26 16 0 Operatori Artigiani Manager Occupazioni Professioni Professioni Professionisti Professioni Professioni e installatori e operai di base tecniche qualificate in esecutive qualificate di impianti specializzati agricoltura, nel lavoro nelle attività e attrezzature silvicoltura d’u cio commerciali e pesca e nei servizi Occupazione Donne Uomini Fonte: team WDR 2019, sulla base dei dati dell’indagine sui nuclei familiari e sulla forza lavoro tratti dall’International Income Distribution Data Set della Banca Mondiale. In genere, i ritorni in funzione dell’esperienza lavorativa sono inferiori per le donne (1,9%) rispetto agli uomini (3,1%). Nella Repubblica Bolivariana del Venezuela, un ulteriore anno di lavoro si traduce per un uomo in un incremento salariale del 2,2%, rispetto al solo 1,5% per una donna. Il divario è persino maggiore in paesi come il Mali, dove i ritorni per gli uomini sono del 3,1%, ma solo dell’ 1,6% per le donne. In Mali, una donna dovrebbe accumulare almeno due anni di esperienza in più rispetto a ciascun anno accumulato da un collega uomo per poter beneficiare del medesimo incremento salariale. In Danimarca, invece, il dato si attesta al 5% sia per gli uomini sia per le donne. Le ragioni del divario uomo-donna, in relazione al ritorno maggiore o minore in funzione dell’esperienza lavorativa, sono molteplici. Si consideri, ad esempio, una coppia di lavoratori in Bangladesh che desideri avere il primo figlio. Le leggi del Bangladesh non contemplano il congedo parentale retribuito o meno, pertanto la madre non avrà la garanzia di riavere il medesimo posto di lavoro dopo la nascita del bambino. Durante la fase di allattamento, le madri non hanno diritto alle pause necessarie, e la legge non consente loro di usufruire di orari di lavoro flessibili o di contratti a tempo parziale. Tutto ciò spiega come mai in Bangladesh, i ritorni in funzione dell’esperienza lavorativa per le donne non superano lo 0,8%, ossia circa la metà dei ritorni ottenuti dagli uomini. Al contrario, nei paesi che prevedono il congedo retribuito per entrambi i genitori come il Portogallo, la Spagna e la Svezia, donne e uomini che lavorano otten- gono ritorni analoghi in funzione dell’esperienza lavorativa. Il cambiamento è frutto di una migliore informazione. Per affrontare tale proble- matica, nel 2008 la Banca Mondiale ha avviato il progetto “Women, Business and the Law” [Le donne, il lavoro e il diritto], per documentare le disuguaglianze di genere in 189 economie. L’eliminazione delle restrizioni di natura giuridica nei confronti delle donne è un passo decisivo per ridurre il divario di genere; è sufficiente, infatti, imporre per legge una clausola non discriminatoria nei contratti di assunzione, per far crescere l’occupazione femminile nelle imprese formali dell’8,6%.15 L’obbligo 98 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 FIGURA 5.3 Maggiori restrizioni di natura giuridica sul lavoro corrispondono a salari inferiori per le donne 6 % di incremento salariale per le donne in funzione Svezia Danimarca Paesi Bassi di un ulteriore anno di lavoro 4 Francia 2 Giordania Messico Afghanistan Zambia 0 Repubblica dello Yemen Cambogia –2 20 40 60 80 100 Uguaglianza di genere rispetto allo score relativo alla regolamentazione delle imprese Fonti: team WDR 2019, sulla base dei dati dell’indagine sui nuclei familiari e sulla forza lavoro tratti dall’International Income Distribution Data Set della Banca Mondiale (2018). Nota: Il Progetto della Banca Mondiale “Women, Business and the Law” [Le donne, il lavoro e il diritto] misura l’uguaglianza di genere secondo l’ordinamento giuridico di un paese e assegna un punteggio alle diverse economie in base alla disparità di trattamento tra uomo e donna. Maggiore è il punteggio, maggiore è l’uguaglianza di genere nell’ordinamento giuridico. del congedo di paternità, ai fini di una distribuzione più equa dei compiti e delle responsabilità relative all’educazione dei figli tra i genitori, fa aumentare in media la proporzione di donne occupate in imprese formali di 6,8 punti percentuali.16 Maggiori sono le restrizioni di natura giuridica nei confronti delle donne, minore sarà il ritorno in funzione dell’esperienza lavorativa (figura 5.3). Il gra- fico rappresenta, a un estremo, Danimarca, Francia, Paesi Bassi e Svezia, paesi con minori restrizioni giuridiche in materia di genere e maggiori ritorni per le donne in funzione dell’esperienza lavorativa, mentre all’estremo opposto si situano Afghanistan, Giordania e Repubblica dello Yemen, tutti paesi in cui vige una disparità di trattamento tra i due sessi e dove, pertanto, il ritorno in funzione dell’esperienza lavorativa per le donne è tra i più bassi. L’aumento di restrizioni di natura giuridica connesse al genere scoraggia l’imprenditoria femminile.17 Si può, tuttavia, ipotizzare che i maggiori ritorni per le donne in funzione dell’e- sperienza lavorativa non siano il risultato solo di un cambiamento legislativo, ma che entrino in gioco altri fattori. Eppure, nell’immediato, l’intervento legi- slativo costituisce il passo più semplice e evidente da intraprendere. Di fatto, il processo di riforma è in atto, come testimoniano gli emendamenti introdotti nel 2016 nel codice della famiglia nella Repubblica Democratica del Congo, ai sensi dei quali una donna può registrare un’impresa a suo nome, aprire un conto in banca, richiedere un prestito, firmare un contratto e accedere alla proprietà fondiaria senza il consenso del marito. Il “Gender Equity and Equality Act” [Legge sulla parità ed uguaglianza di genere] promulgato in Zambia nel 2015 vieta la discriminazione di genere sul lavoro. In Iraq, alle donne lavoratrici che rientrano al termine del congedo di maternità è garantito un ruolo equiva- lente, nonché la medesima retribuzione. La Cina ha aumentato il congedo di paternità retribuito. L’Afghanistan ha introdotto il reato di molestie sessuali in I ritorni economici del lavoro | 99 ambito lavorativo e scolastico. Nel periodo 2015-2017, 65 paesi hanno attuato riforme in favore della parità di genere. Il miglioramento della condizione femminile esige la riforma di leggi discrimi- natorie e l’istituzione di programmi di emancipazione, che consentano alle donne un migliore accesso alla formazione e alle attività produttive. In Bangladesh, le donne indigenti lavorano generalmente come domestiche o braccianti agricole, mentre le donne più ricche (o: in condizioni più favorevoli) si dedicano all’alleva- mento del bestiame. Un programma su scala nazionale ha contribuito a cambiare le condizioni vita di molte donne, che hanno ricevuto bestiame e formazione per lo sviluppo di competenze specifiche, ma anche consulenza in materia di diritti politici, sociali e giuridici. Molte hanno visto crescere il valore del proprio bestiame e dei propri guadagni, il che ha consentito loro di accumulare attività economiche, avendo maggiori possibilità di accedere alla proprietà fondiaria. Dopo la fine del programma, questi benefici si sono protratti per sette anni.18 Un programma simile avviato in Uganda si è rivolto alle adolescenti mediante formazione professionale e educazione alla salute sessuale e riproduttiva, allo scopo di ridurre le gravidanze premature. A quattro anni dalla fine del programma, le donne coinvolte hanno avuto maggiori opportunità di intraprendere attività generatrici di reddito.19 Nel 2009, la Liberia ha avviato il progetto “Economic Empowerment of Adole- scent Girls and Young Women” [Emancipazione economica delle adolescenti e delle giovani donne]. Il progetto alterna lezioni frontali di formazione alle competenze tecniche e alle life skills [abilità cognitive, emotive e relazionali di base] altamente richieste dal mercato del lavoro a fasi successive di supporto all’inserimento lavo- rativo (ai fini dell’ottenimento di un lavoro retribuito o dell’avvio di una propria attività). Il programma ha contribuito a migliorare notevolmente le condizioni di vita delle partecipanti: i livelli di occupazione e i guadagni sono aumentatati rispet- tivamente del 47% e dell’80%; le partecipanti hanno risparmiato 35 dollari in più rispetto a un gruppo di controllo in un periodo di 14 mesi; e nel complesso sono aumentati la fiducia in se stesse, il grado di soddisfazione nella vita e le competenze sociali. È aumentata, altresì, la sicurezza alimentare di quei nuclei familiari le cui donne hanno partecipato al programma, grazie a un maggior consumo di proteine ad alto valore biologico e a un minor rischio di penuria di prodotti alimentari.20 Il lavoro nel settore agricolo Nei paesi a basso reddito, l’agricoltura resta il settore economico di maggiore rilevanza, soprattutto nelle zone rurali, nonostante lo sviluppo economico faccia registrare una flessione dei lavori agricoli. Nel 2017, nelle economie a basso reddito, il 68% dell’occupazione era assorbito dal settore agricolo, ragion per cui un incremento dei redditi da lavoro agricolo potrebbe svolgere una funzione chiave nella riduzione della povertà.21 Tuttavia, nei paesi in via di sviluppo, le forze competitive dell’automazione e della liberalizzazione dell’interscambio internazionale compromettono l’occupazione nel settore agricolo. Al contempo, l’utilizzo di pratiche agricole ad alta intensità di capitale nelle economie avan- zate potrebbe ridurre la domanda di importazioni dai paesi in via di sviluppo. Si prospetta, pertanto, il fenomeno dell’urbanizzazione in Africa e in Asia meridionale, malgrado le innumerevoli incognite legate all’esodo verso le grandi città. Da un lato, la città potrebbe essere fonte di maggiori guadagni: nelle eco- nomie emergenti un ulteriore anno di lavoro in un contesto urbano si traduce in un incremento salariale del 2,2%. I ritorni in funzione dell’esperienza lavorativa in un contesto urbano sono 1,7 volte superiori rispetto ai ritorni ottenuti nelle zone rurali dove predomina l’agricoltura, e si traducono in un premio salariale 100 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 pari al 70%. Il dato riflette un andamento riscontrabile a livello mondiale, infatti in Indonesia e in Messico, i ritorni in funzione dell’esperienza lavorativa nelle aree urbane aumentano del 50% rispetto alle zone rurali, e in Cina, India e Vietnam i rendimenti economici raddoppiano. Dall’altro lato, però, le opportunità in un contesto urbano possono essere limitate, i lavoratori, infatti, devono possedere un certo livello di istruzione per accedere ai lavori migliori. In diversi paesi in via di sviluppo, norme stringenti a carico dei datori di lavoro non fanno che scoraggiare le imprese dall’assumere lavoratori meno produttivi, i quali finiscono inevitabilmente per cercare un lavoro nell’economia informale.22 Numerosi esempi documentano le difficoltà e le limitazioni insite nel feno- meno migratorio verso le città. In India, nello stato di Orissa, i lavoratori affer- mano di non voler restare in città per almeno due motivi.23 Innanzitutto, la mancanza di alloggi obbliga i più poveri a vivere ammassati in aree insalubri o in baraccopoli nei pressi delle discariche. Nei villaggi, invece, ci sono grandi spazi verdi, quiete e tranquillità. In secondo luogo, quando i lavoratori decidono di trasferirsi in città con le rispettive famiglie, i rischi aumentano. È vero che in città l’assistenza sanitaria è migliore che nei villaggi, ma se i figli si ammalano, troveranno qualcuno disposto a concedere loro un prestito in caso di bisogno? Le relazioni umane che si instaurano in seno ai villaggi fungono da rete di sicu- rezza per chi vive in condizioni di vulnerabilità e povertà. Nell’intento di ridurre la povertà, i governi potrebbero lasciarsi tentare dall’idea che la migrazione dei lavoratori poveri dai villaggi, a vocazione prevalentemente agricola, verso le città contribuisca ad aumentare i ritorni economici in funzione del lavoro. Tuttavia, è improbabile che questo dislocamento di manodopera riesca a colmare il divario tra le economie emergenti e le economie avanzate in termini di ritorni economici. Al contrario, studi condotti in Indonesia e in Kenya hanno dimostrato che il divario si ridurrebbe intervenendo a favore delle zone rurali.24 Le città secondarie occupano un posto di rilievo tra le grandi città e i villaggi che vivono di agricoltura di sussistenza, facilitando la transizione dei lavoratori rurali verso occupazioni non agricole, molte delle quali correlate all’agricoltura. Le città secondarie rappresentano un importante spazio di raccordo tra villaggi e agglomerati urbani, e facilitano il movimento ascendente e discendente all’in- terno della catena del valore. Lo confermano le esperienze dei migranti tanza- niani, per i quali le città secondarie hanno avuto un ruolo decisivo nel veicolare la transizione verso occupazioni non agricole.25 Nelle prime fasi dello sviluppo, la costruzione di città secondarie in luogo di grandi agglomerati urbani potrebbe essere una soluzione ideale per ridurre la povertà rurale, tuttavia, nelle fasi suc- cessive, le grandi città sarebbero destinate a prendere il sopravvento. Con la crescita economica aumenta la produttività del settore agricolo, contra- riamente alla produttività del settore informale. Tuttavia, le problematiche che gli agricoltori nelle economie emergenti devono affrontare sono molteplici, e il ruolo dei governi si rivela, pertanto, essenziale per favorire una maggiore produt- tività. I piccoli agricoltori hanno accesso limitato ai fattori di produzione agricola, come fertilizzanti e macchinari, ma anche ai servizi che potrebbero aumentare la produttività; infine, sono esclusi dalle catene del valore. La catena del valore consente, infatti, agli agricoltori di cogliere la domanda di prodotti agricoli di maggior valore, come prodotti lattiero-caseari, carne, frutta e verdura. La povertà può essere ridotta più rapidamente, passando da un incremento della produ- zione agricola di alimenti di base a una produzione agricola diversificata. Questo passaggio comporta l’incremento della produttività delle colture fondamentali ben oltre i livelli attuali dell’Africa Sub-Sahariana; in alcuni settori, le istituzioni I ritorni economici del lavoro | 101 stanno già facendo progressi, come testimoniano i programmi di trasferimento delle conoscenze e le iniziative che sfruttano le tecnologie digitali per aumentare l’accesso a fattori produttivi, prodotti, servizi e mercati dei capitali. La formazione degli agricoltori all’utilizzo delle migliori tecniche agricole ha portato a un incremento della produttività. Alcuni progetti ampliano i programmi di formazione o le collaborazioni, al fine di migliorare lo scambio di informazioni e a volte, includono anche formazione finalizzata a migliorare l’accesso a forme di finanziamento o ai fattori produttivi necessari a ottimizzare la produttività agri- cola. La disponibilità di risorse necessarie consente di consolidare il tessuto di rela- zioni tra imprese agroalimentari lungo la catena del valore. JD Finance, la branca fintech di JD.com, piattaforma cinese leader nell’e-commerce, eroga micro-crediti in favore degli agricoltori. Ad esempio, nell’ ambito dell’”Integrated Growth Poles Project” [Progetto dei poli di crescita integrata] in Madagascar, la formazione alle tecniche avanzate di lavorazione del cacao e all’acquisizione di competenze di gestione aziendale, ha permesso agli agricoltori beneficiari di incrementare in media i ricavi netti del 47%. In Afghanistan, la partecipazione alle scuole rurali sul campo [FFS – farmer field schools], nell’ambito del “National Horticulture and Livestock Project” [Progetto nazionale nel settore dell’orticoltura e della zoo- tecnia], ha consentito ad alcuni agricoltori di triplicare il proprio reddito. Questi programmi hanno avuto un grande successo in Africa Orientale26 e hanno pro- dotto risultati simili anche nel Camerun settentrionale, dove il governo si è fatto promotore di iniziative, volte a collegare i coltivatori di sorgo con organizzazioni di produttori, acquirenti dell’agroalimentare e istituzioni finanziarie. La formazione agricola può essere migliorata, incoraggiando le relazioni sociali nei villaggi al fine di stimolare il peer learning. Un recente studio sulle coltivatrici rurali ugandesi è giunto alla seguente conclusione: stimolando la competizione, le parteci- panti ottenevano migliori risultati di apprendimento nelle sessioni di formazione.27 Video e filmati a basso costo, realizzati utilizzando le conoscenze e la partecipazione delle comunità locali, potrebbero rivelarsi estremamente funzionali per migliorare l’applicazione della ricerca scientifica e la divulgazione di nuove pratiche agricole. In passato, la meccanizzazione agraria non è riuscita ad affermarsi in Africa sub-sahariana, il che ha sollevato molti dubbi sulle ambiziose previsioni circa l’av- vento della tecnologia in agricoltura. Eppure, grazie alle nuove tecnologie della comunicazione e dell’informazione, la meccanizzazione comincia a realizzarsi anche nel settore agricolo. Tecniche di misura istantanee facilitano le decisioni operative, mentre l’uso dei droni, delle immagini aeree da satelliti e il posiziona- mento di sensori wireless nel terreno consentono di misurare e monitorare meglio la produzione agricola. Infine, l’agricoltura di precisione consente agli agricoltori di concimare e irrigare adeguatamente i propri appezzamenti di terreno. In Kenya, i costi amministrativi e di valutazione dei regimi assicurativi agricoli stanno diminuendo grazie all’introduzione di soluzioni tecnologiche per dispositivi mobili come la app Kilimo Salama (“agricoltura sicura” in Swahili), diventata ACRE Africa nel 2014. L’esercente attiva la polizza assicurativa, scansionando un codice a barre di un prodotto con la fotocamera del telefono cellulare, inserendo il numero di telefono dell’agricoltore e collegandolo alla stazione meteorologica locale. Trenta stazioni alimentate ad energia solare monitorano automaticamente la situazione metereologica. La conferma dell’attivazione della polizza assicurativa è comuni- cata all’agricoltore mediante un sms. Gli indennizzi vengono liquidati attraverso la piattaforma M-Pesa. Nel 2017 più di un milione di agricoltori in Kenya, Ruanda e Tanzania hanno stipulato polizze assicurative nell’ambito di questo progetto. Nella provincia di Kastamonu in Turchia, i coltivatori di piante da frutto devono far fronte a problemi quali parassiti e gelate. Il governo, in collaborazione 102 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 con donatori internazionali, ha costruito cinque mini stazioni meteorologiche nelle zone rurali di tutta la provincia, e 14 aziende agricole di riferimento per la misurazione delle precipitazioni atmosferiche, della temperatura e dei cicli biologici dei parassiti. I produttori vengono aggiornati regolarmente attraverso l’invio di sms e possono così agire in tempo reale in base alle condizioni atmosfe- riche del momento. Nei primi due anni di attuazione del progetto, i costi a carico dei produttori sono nettamente diminuiti e si è dimezzato l’uso di pesticidi. L’accesso ai mercati nazionali ed esteri è essenziale per garantire agli agricoltori i benefici derivanti da una maggiore produttività agricola. L’agricoltura orientata alle esportazioni praticata nel Messico settentrionale e centrale crea opportunità di lavoro per milioni di agricoltori all’interno di aziende agricole e per molti altri all’interno del comparto agroalimentare nei settori della trasformazione e del confezionamento. La crescita delle esportazioni di Alquería, la terza azienda colombiana del settore lattie- ro-caseario, porterà notevoli vantaggi ai 13.000 piccoli produttori, fornitori di latte crudo che beneficeranno di un aumento della domanda estera. Oltre a interventi di razionalizzazione dei processi di esportazione, di potenziamento dell’infrastruttura logistica commerciale e di consolidamento delle capacità in materia di conformità alle norme di sicurezza alimentare, esistono altre misure che i governi possono mettere in campo per promuovere le esportazioni sotto forma di percorsi formativi per gli esportatori e supporto alle attività di marketing. Ad esempio, il governo vietnamita collabora con organizzazioni del comparto industriale allo sviluppo di campagne congiunte di branding, volte a pubblicizzare il tè, il caffè e gli anacardi. Una volta che i prodotti riescono ad arrivare sui mercati, molti agricoltori nelle economie emergenti non sanno se stanno ottenendo davvero il miglior prezzo. In Uganda, TruTrade è un esempio di come la tecnologia digitale possa colmare il gap informativo. TruTrade mette, infatti, in contatto i piccoli agricoltori con gli acquirenti, aumentando contestualmente la qualità e la trasparenza e creando un clima di fiducia. Il sistema si serve di applicazioni online, che consentono di stabi- lire il prezzo e tracciare i prodotti agricoli lungo la filiera e i relativi pagamenti. In questo modo, gli agricoltori possono ottenere buoni prezzi e accedere ai mercati con fiducia. Si crea, così, una rete di relazioni basate sulla fiducia e sull’affidabilità dei fornitori, con una conseguente espansione delle attività commerciali. Il mondo del lavoro è il luogo successivo al sistema scolastico in cui è possibile accumulare capitale umano (oppure: L’accumulo di capitale umano comincia nel sistema educativo e si protrae nel mondo del lavoro.) Le economie più povere devono fare ancora molto per incrementare i ritorni in funzione del lavoro rispetto alle economie avanzate. I governi possono contribuire a un incre- mento di tali ritorni, creando un maggior numero di posti di lavoro formali per le fasce più svantaggiate, agevolando la partecipazione delle donne all’economia e potenziando la produttività agricola nelle zone rurali. La creazione di posti di lavoro formali significa maggiori opportunità di formazione. L’emancipazione femminile farà aumentare lo stock di capitale umano all’interno dell’economia e una maggiore produttività agricola nelle zone rurali offrirà migliori opportunità di lavoro alle popolazioni povere. Professioni in grado di generare e costruire competenze prepareranno i lavoratori ad affrontare il futuro. Note   1. Mincer (1974).   2.  Levin et al., di prossima pubblicazione.   3.  La Porta e Shleifer (2014).  4. Kanbur (2017). I ritorni economici del lavoro | 103   5.  Base dati dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, ILOSTAT.   6.  Benjamin e Mbaye (2012).   7.  La Porta e Shleifer (2014).   8.  Foster e Rosenzweig (2008).   9.  Djankov et al. (2002). 10.  Bruhn (2013). 11.  Rocha, Ulyssea, e Rachter (2018). 12.  FORLAC (2014). 13.  Ibarrarán et al. (2018). 14.  Islam et al. (2018). 15.  Amin e Islam (2015). 16.  Amin, Islam, e Sakhonchik (2016). 17.  Islam, Muzi, e Amin (2018). 18.  Bandiera, Burgess, et al. (2017). 19.  Bandiera, Buehren, et al. (2017). 20.  Adoho et al. (2014). 21.  Christiaensen, Demery, e Kuhl (2011). 22.  Divanbeigi e Saliola (2017). 23.  Banerjee e Duflo (2011). 24.  Hicks et al. (2017). 25.  Ingelaere et al. (2018). 26.  Davis et al. (2012); Larsen e Lilleør (2014). 27.  Vasilaky e Islam (2018). Riferimenti bibliografici Adoho, Franck, Shubha Chakravarty, Dala T. Korkoyah, Jr., Mattias Lundberg, and Afia Tasneem. 2014. “The Impact of an Adolescent Girls Employment Program: The EPAG Project in Liberia.” Policy Research Working Paper 6832, Banca Mondiale, Washington, DC. Amin, Mohammad, and Asif Islam. 2015. “Does Mandating Nondiscrimination in Hiring Practices Influence Women’s Employment? Evidence Using Firm-Level Data.” Femi- nist Economics 21 (4): 28–60. Amin, Mohammad, Asif Islam, and Alena Sakhonchik. 2016. “Does Paternity Leave Matter for Female Employment in Developing Economies? Evidence from Firm-Level Data.” Applied Economics Letters 23 (16): 1145–48. 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L’inten- zione iniziale del cancelliere era, infatti, creare un sistema pensionistico finanziato dalle imposte sul tabacco. Quando il piano fallì, Bismarck fece ricorso al sistema fondato sulla contribuzione paritaria del lavoratore e del datore di lavoro. Nonostante il modello bismarckiano si sia dimostrato valido in diversi stati, in molti paesi in via di sviluppo è rimasto un’ambiziosa aspirazione in ragione dell’en- tità delle loro economie informali. Ne consegue che molti lavoratori sono privi di protezione sociale. Nei paesi a basso reddito, del quintile più povero, solo il 18% dei lavoratori usufruisce di assistenza sociale e solo il 2% di previdenza sociale. I tassi corrispondenti aumentano al 77% e al 28% nei contesti di alto e medio reddito. Il presente capitolo illustra come affrontare le sfide del mercato del lavoro mediante tre componenti fondamentali dei sistemi di protezione sociale – la garanzia di un minimo sociale (il cui fulcro è rappresentato dall’assistenza sociale), la previdenza sociale e la regolamentazione del mercato del lavoro. (figura 6.1). Il minimo sociale prevede una prestazione assistenziale volta a fornire sostegno finanziario a un’ampia fetta della popolazione, se non addirittura a tutta la popo- lazione. La necessità di un’assistenza sociale estesa a tutti (o: universale), già evidenziata dai timori in materia di equità sociale, trova ulteriore riscontro nei crescenti rischi legati al mercato FIGURA 6.1 La protezione sociale e la del lavoro e nell’importanza di regolamentazione del lavoro possono far fornire un supporto adeguato a fronte alle sfide del mercato del lavoro tutti, a prescindere dall’attività lavorativa di ciascun individuo. L’universalismo progressivo è un Regolamentazione del mercato del lavoro principio guida nell’azione di con- solidamento dell’assistenza sociale. Lo scopo di tale approccio è esten- Previdenza “indirizzata”, agevolata e volontaria dere la copertura sociale, dando priorità a chi versa in condizioni Previdenza di povertà. Questa estensione dal sociale obbligatoria basso verso l’alto si verifica men- tre si cerca di capire quale sia il rapporto costi-benefici (o: i tra- Minimo sociale de-off) di natura pratica, politica e garantito di bilancio che comportano livelli incrementali di copertura. L’assistenza sociale dovrebbe essere integrata da un sistema Fonte: team WDR 2019. previdenziale complementare non interamente dipendente dal lavoro salariato nel settore formale. Un tale approccio garantirebbe l’introduzione di una copertura universale di base, di regimi contributivi agevolati per le fasce più deboli e la complementarità con interventi di assistenza sociale. Sarebbe, altresì, neces- sario istituire l’obbligatorietà contributiva proporzionata all’importo della retribu- zione, che almeno in fase iniziale, graverebbe solo sui lavoratori formali. Un regime obbligatorio meno “oneroso” potrebbe contribuire ad aumentare gli adempimenti spontanei, mentre l’accesso a piani di risparmio su base volontaria “promossi” dallo 106 Consolidare la protezione sociale | 107 Stato potrebbe favorire la creazione di un sistema previdenziale integrativo. Con la scissione del sistema a ripartizione dal risparmio dei lavoratori attivi, si ridurrebbe il costo del lavoro, nonché la tendenza a sostituire la forza lavoro con i robot. Nel complesso, i governi dovrebbero assegnare un ruolo più incisivo a un’assi- stenza sociale estesa associata a un regime di previdenza sociale agevolato (subsi- dized social insurance). Ad esempio, nei paesi in via di sviluppo il livello di spesa auspicabile per l’istituzione di un minimo sociale potrebbe, in molti casi, superare di gran lunga la spesa media destinata a interventi di assistenza sociale che si attesta, attualmente, all’1,5% del prodotto interno lordo (PIL). L’universalismo progressivo deve essere gradualmente calibrato in virtù delle risorse di bilancio esistenti. Gli interventi di ottimizzazione dell’assistenza e della previdenza sociale con- sentono, altresì, di snellire la regolamentazione del lavoro in materia di gestione del rischio. Le maggiori tutele derivanti da regimi assistenziali e previdenziali più solidi consentirebbero, ove opportuno, di rendere più flessibile la regolamenta- zione del lavoro al fine di facilitare la mobilità lavorativa. Ad esempio, i paesi che intendono erogare un reddito di sussistenza (livable income), potrebbero decidere di optare per interventi di assistenza sociale ad integrazione dei guada- gni e allentare la pressione sui salari minimi i cui livelli superano la produttività del lavoro. Parimenti, si potrebbero attuare forme di sostegno al reddito per i lavoratori disoccupati mediante l’erogazione di prestazioni di disoccupazione, piuttosto che attraverso le indennità di fine rapporto. I costi del lavoro inferiori non solo migliorano la capacità di adattamento delle aziende rispetto all’evoluzione del lavoro, ma aumentano, al contempo le oppor- tunità occupazionali nel settore formale per i lavoratori al primo impiego e per quelli poco qualificati. Anche i lavoratori informali beneficerebbero di migliori tutele. Tuttavia, occorre mantenere il giusto equilibrio tra regolamentazione e creazione di posti di lavoro, ragion per cui è fondamentale considerare misure complementari di sostegno all’acquisizione di nuove competenze, ma anche nuove disposizioni volte a dar voce ai lavoratori e a garantire che nell’ambito della “flessicurezza” venga preservata la componente della “sicurezza sociale” attra- verso un’efficace rappresentanza dei lavoratori del settore formale e informale. Assistenza sociale “Tutti i poveri avrebbero potuto scegliere ... se morire di fame a poco a poco in casa loro, oppure molto rapidamente all’ospizio.” Con queste parole tratte dal romanzo Oliver Twist, Charles Dickens offre un vivido affresco del sistema assistenziale nel Regno Unito del XIX secolo. Come sancito nelle Poor Laws del 1601 e del 1834, i requisiti stabiliti dal governo per accedere al regime assistenziale erano molto severi. Questo strumento giuridico ha influenzato per secoli la nozione di assistenza sociale. Il 1948, ovvero solo 70 anni fa, ha segnato la fine dell’epoca evocata da Dickens con l’introduzione nel National Assistance Act delle indicazioni del “Piano Beveridge”. Nei decenni a seguire, l’assistenza sociale ha cominciato a diffondersi nei paesi in via di sviluppo, registrando progressi significativi in tutto il mondo. Un’analisi condotta su 142 paesi, inclusi quei paesi che figurano nel database della Banca Mondiale sulla pro- tezione sociale ASPIRE, (Atlas of Social Protection Indicators of Resilience and Equity) mostra che nel 70% dei casi esistono meccanismi di trasferimento monetario incondi- zionato, mentre nel 43% dei casi sono presenti programmi di trasferimento monetario con condizionalità. Invece, in 101 paesi si erogano pensioni sociali di vecchiaia.1 Nel frattempo, nei paesi in via di sviluppo, cresce costantemente la platea di beneficiari di interventi di assistenza sociale. Ad esempio, in Tanzania il tasso di 108 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 copertura del programma nazionale relativo ai trasferimenti monetari condizionati è passato dallo 0,4% della popolazione nel 2013 al 10% nel 2016. Anche in Etiopia è stato possibile raggiungere il medesimo livello di copertura grazie al programma “Productive Safety Net”. Nelle Filippine, circa il 20% della popolazione aderisce al programma Pantawid, mentre in Sudafrica è operativo il Child Support Grant. Complessivamente, il tasso cumulativo di copertura dell’assistenza sociale è pari al 40,1% dei 5,1 miliardi di persone rappresentate nelle indagini presenti su ASPIRE. Gli interventi di assistenza sociale hanno molteplici ricadute. Studi empirici mostrano che i trasferimenti monetari vengono spesi in generi alimentari, salute, istruzione ed altri beni ritenuti utili, si tratta pertanto di misure destinate al miglio- ramento del capitale umano delle generazioni presenti e future. A fronte di una revisione sistematica di 56 programmi di trasferimento monetario, è stato possi- bile osservare progressi significativi nei tassi di iscrizione scolastica, nei punteggi dei test, nello sviluppo cognitivo, nel livello di sicurezza alimentare e nell’utilizzo delle strutture sanitarie.2 In Messico, il programma di trasferimento monetario condizionato “Prospera” destinato ai bambini tra i 24 e i 68 mesi ha contribuito al miglioramento delle competenze motorie, dello sviluppo cognitivo e del linguaggio ricettivo dei piccoli. In Kenya, il programma Orphans and Vulnerable Children [bambini orfani e vulnerabili] ha prodotto un incremento pari al 7% delle iscrizioni alla scuola secondaria. Solitamente, a trarre maggior vantaggio da questi interventi sono le fasce di popolazione più povere, gli abitanti delle zone rurali, le ragazze e le minoranze etniche. I trasferimenti monetari riducono lo stress e lo stato di depressione, potenziando le capacità mentali e la concentrazione necessaria all’e- laborazione delle informazioni e promuovono la genitorialità partecipativa.3 I programmi di assistenza sociale producono effetti positivi sulle risorse dei nuclei familiari e sui mezzi di sussistenza. Una serie di valutazioni condotte in Africa rivela che tali programmi hanno consentito alle famiglie di aumentare in media la proprietà di bestiame e di beni durevoli rispettivamente del 34% e del 10%.4 Pertanto, questi programmi incidono positivamente sulle condizioni di vita delle comunità associando all’assistenza la sensibilizzazione ai rischi nutrizionali, all’inclusione finanziaria, alla formazione imprenditoriale e al trasferimento delle attività. In altre parole, l’assistenza sociale soprattutto sotto forma di sostegno al reddito associato ad altri interventi, ha spesso consentito ai lavoratori informali di essere più produttivi e resilienti (O: meno vulnerabili/più forti rispetto) alle crisi. Le economie avanzate devono, invece, affrontare il problema dell’accesso effet- tivo alle prestazioni assistenziali da parte degli aventi diritto. Nell’Unione Europea, viene erogato approssimativamente solo il 60% delle prestazioni sociali5 a causa della scarsa conoscenza dell’esistenza delle prestazioni, all’errata comprensione dei criteri di eleggibilità, allo stigma ad esse associato, agli ostacoli di natura buro- cratica e ai costi opportunità derivanti dalla scelta di accedere alle prestazioni. In alcuni paesi a medio reddito dove i livelli di copertura sono elevati, il legisla- tore, anziché partire dal basso per selezionare i beneficiari, ha valutato la possibilità di porre in essere interventi mirati escludendo le fasce più abbienti. Questo approccio viene spesso considerato nell’ambito di riforme su vasta scala dei sussidi energetici e alimentari. La praticabilità politica di una tale proposta potrebbe dipendere, allora, dai vantaggi che la classe media e i vari gruppi di interesse potrebbero trarre dal pro- gramma stesso (e anche dai costi), come elemento di un più ampio contratto sociale. In contesti di povertà diffusa, i bisogni assistenziali delle famiglie sono simili rispetto al fattore di distribuzione del reddito. La continuità distributiva di servizi di welfare (o: assistenziali) potrebbe essere in netto contrasto con indicatori di povertà ben definiti e per certi versi arbitrari, nonché con i relativi criteri di Consolidare la protezione sociale | 109 eleggibilità. Per esempio, in alcuni paesi a medio reddito coloro che vivono con 6 dollari al giorno, o leggermente al di sopra della soglia di povertà, hanno un 40% di probabilità di ricadere nella povertà.6 La povertà è spesso un fenomeno dinamico: in Africa, un terzo della popolazione vive in condizioni di povertà persistente, mentre un altro terzo ne entra e ne esce costantemente.7 Queste realtà rivelano la necessità di ampliare la copertura e la continuità offerta dalla maggior parte degli interventi assistenziali in essere. Sebbene sia auspicabile creare sistemi di welfare più universalistici, occorre superare ostacoli di natura politica, tecnica e di bilancio per poter realmente concretizzare un minimo sociale. Generalmente, un modello di tipo universalistico riduce o elimina del tutto gli ostacoli connessi alla frammentazione del programma assistenziale, alla determi- nazione dei criteri di eleggibilità e le tensioni sociali, ma d’altro canto, esige cospi- cue risorse aggiuntive. L’estensione degli interventi assistenziali dovrebbe andare di pari passo con la mobilizzazione delle risorse necessarie. La scelta di attuare politiche di portata maggiore o minore in materia di trasferimenti fiscali produce esiti distributivi come anche la diversificazione del sostegno politico. Il reddito universale di base (UBI) è stato al centro di animati dibattiti sulle opzioni percorribili per estendere le forme di assistenza. Questa misura racchiude in sé la nozione di garanzia di un minimo sociale erogato attraverso un sistema composto da tre elementi. Innanzitutto, si rivolge a tutti i cittadini indipendente- mente dal reddito o dall’attività lavorativa effettuata o non effettuata. In secondo luogo, si tratta di un intervento incondizionato che non esige la condivisione di reciproche responsabilità. Terzo, è una misura assistenziale che prevede un’ero- gazione in denaro e non trasferimenti in kind o prestazioni di servizi (figura 6.2). FIGURA 6.2 Il reddito universale di base (UBI) ha una platea di beneficiari, è incondizionato e viene erogato in denaro SCELTA DEI BENEFICIARI Sottoposta alla prova Sottoposta alla Ristretta Categoriale dei mezzi indiretta prova dei mezzi UBI CONDIZIONALITÀ Nessuna Bassa condizionalità Media condizionalità Alta condizionalità condizionalità (misure di (applicata ma (pienamente applicata) (incondizionato) accompagnamento) senza uscita) UBI MODALITÀ Denaro Strumenti monetari Trasferimenti contante (o voucher) in-kind Servizi UBI Fonte: team WDR 2019. Nota: Ciascuna delle tre sezioni della figura include in maniera illustrativa modalità alternative di progettazione. 110 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 Il reddito universale di base (UBI) non è un’alternativa ad altri interventi in materia di sanità, istruzione o servizi sociali, ma una misura aggiuntiva rispetto agli attuali programmi assistenziali e con ogni probabilità, potrebbe sostituire altre forme di sostegno al reddito o essere concepito con l’intento di raggiungere obiettivi quali la riduzione della povertà o la garanzia di un reddito di sussistenza. Lo scopo in questo caso è la riduzione della povertà. Sebbene gli importi erogati in base al pro- gramma siano i medesimi per tutti, il denaro potrebbe essere recuperato tassando le fasce più abbienti, attraverso, per esempio, un’imposta sul reddito progressiva. All’inizio del 2018, Arvind Subramanian, all’epoca capo economista del governo indiano, avanzava entusiastiche previsioni affermando quanto segue: “C’è da scom- mettere che . . . nel giro dei prossimi due anni, almeno uno o due stati [indiani] introdurranno il reddito universale di base.”8 Poco è dato sapere però sulle modalità pratiche di funzionamento di tale misura. Solo un paese, la Mongolia, ha avviato un’iniziativa estesa alla totalità della popolazione che è durata solo due anni (2010–12) e poi è stata smantellata a causa di vincoli di bilancio (il crollo dei prezzi dei minerali ha fatto chiudere il programma). La Repubblica Islamica dell’Iran ha introdotto un programma simile per un anno: nel 2011 i sussidi energetici sono stati sostituiti da trasferimenti in denaro di cui ha beneficiato il 96% della popolazione. Esistono varianti del reddito universale di base attuate in contesti specifici nell’ambito di programmi di ripartizione dei dividendi provenienti dallo sfrutta- mento delle risorse naturali. Negli Stati Uniti, nell’ambito dell’Alaska Permanent Fund, ogni anno viene suddiviso un dividendo dei profitti generati dall’estrazione petrolifera tra tutti i cittadini residenti nello stato. Nel 2016 il fondo ha erogato circa 2.000 dollari a 660.000 abitanti dello stato dell’Alaska. Numerosi interventi su pic- cola scala e sperimentazioni sono in corso di studio o di avvio in Cina, Kenya, Paesi Bassi, Scozia e Stati Uniti. Tuttavia, a dispetto della denominazione “reddito univer- sale di base”, questi programmi sono, in taluni casi, varianti di misure categoriali. Il reddito universale di base potrebbe avere effetti significativi sul bilancio dello Stato. Una recente analisi ha elaborato una stima dei costi di tale eroga- zione in quattro paesi europei. I trasferimenti monetari nell’ambito del reddito universale di base sono stati equiparati a quelli dei programmi di trasferimento di denaro in vigore.9 Stando ai risultati, il costo aggiuntivo associato all’ero- gazione del reddito universale di base varia notevolmente— ovvero il 13,8% del PIL in Finlandia, il 10,1% in Francia, l’8,9%, nel Regno Unito e il 3,3% in Italia. A copertura dei costi aggiuntivi sono state identificate due fonti di finan- ziamento: tassare le erogazioni monetarie a titolo di reddito universale di base assieme ad altri redditi, e abolire le detrazioni fiscali in essere. In Finlandia e in Italia, queste misure sono state più che sufficienti per coprire i costi aggiuntivi. In Francia hanno compensato quasi interamente il costo del programma. Nel Regno Unito, il prelievo sulle prestazioni in denaro e l’abolizione degli sgravi fiscali non sono bastati a coprire i costi del reddito universale di base. Anche le simulazioni effettuate nei paesi in via di sviluppo sembrano indicare che l’attuazione del reddito universale di base comporti una notevole spesa aggiuntiva. In un gruppo ristretto di economie emergenti, un reddito universale di base (UBI) fissato al 25% del reddito mediano costerebbe circa il 3,8% del PIL.10 Dal confronto emerge che i paesi a basso e medio reddito spendono, in media, l’1,5% del PIL in misure assistenziali. In India, il governo ritiene che l’erogazione di una forma di reddito semi (o: pseudo) universale, che escluda il 25% della popolazione più abbiente, potrebbe essere ampiamente finanziata, se sostituisse i programmi attual- mente in vigore.11 Sebbene tali programmi assorbano circa il 5% del PIL, i risultati della simulazione sono stati confutati.12 Altre simulazioni condotte in diverse aree Consolidare la protezione sociale | 111 geografiche stanno fornendo ulte- FIGURA 6.3 Il costo del reddito universale riori prove. Il costo del reddito uni- di base aumenta al diminuire dei livelli versale di base per gli adulti fissato in di reddito dei paesi funzione del livello medio del poverty gap va dal 9,6% del PIL nei paesi a Media 5.5 (121 paesi) 9.9 basso reddito al 3,5% del PIL nei paesi a reddito medio-alto. Laddove Reddito medio-alto 3.5 (45 paesi) 5.2 gli importi delle erogazioni fossero inferiori, per esempio pari al livello Reddito medio-basso 5.1 (49 paesi) 9.0 medio delle prestazioni attuali, i costi diminuirebbero notevolmente Reddito basso 9.6 (e con essi l’impatto dell’intervento). (27 paesi) 19.3 Il costo relativo all’attuazione del 0 5 10 15 20 reddito universale di base, sia che % del PIL produca risorse sufficienti ad azze- Costo della copertura estesa alla popolazione adulta rare il poverty gap sia che venga Costo della copertura estesa alla totalità della popolazione equiparato agli importi erogati dai programmi esistenti, potrebbe quasi Fonti: team WDR 2019, sulla base dei dati tratti dagli Indicatori di raddoppiare laddove la misura fosse sviluppo mondiale, Banca Mondiale (database), da PovcalNet e dai World Population Prospects dell’ONU. PIL = prodotto interno lordo. estesa alla totalità della popolazione invece di essere destinata esclusivamente agli adulti. (figura 6.3). Non tutta la popolazione trarrebbe vantaggio dal reddito universale di base, ci sarebbero sempre vincitori e vinti (oppure: Il reddito universale di base creerebbe vinti e vincitori nella popolazione) e gli effetti dell’intervento dipenderebbero dalle dinamiche di finanziamento del programma, dalla eventuale abolizione di misure categoriali in atto e dalla relativa scelta di quali sostituire con il reddito universale; dall’andamento dei programmi esistenti; dalle strutture fiscali attuali; dall’entità dei trasferimenti previsti dal programma e dal profilo dei beneficiari. Secondo le stime effettuate su un gruppo selezionato di paesi in via di sviluppo che hanno simulato l’adozione del reddito universale di base in sostituzione dei programmi esistenti, gli effetti distribuitivi sono stati significativi. In Nepal, sarebbe la maggior parte della popolazione a trarre vantaggio da un programma di questo tipo. In Indonesia, un reddito universale di base equiparato all’importo medio delle prestazioni erogate da programmi attualmente in vigore migliorerebbe le condizioni economiche della maggioranza della popolazione, ma circa il 40% dei poveri percepirebbe somme inferiori. Dal medesimo esperimento simulativo in Sudafrica, si evidenzia che un reddito universale di base comporterebbe un ina- sprimento delle condizioni di vita della maggior parte degli anziani e dei poveri. Anche in Cile, gli effetti negativi interesserebbero circa il 40% degli anziani. Il timore ricorrente, in tema di reddito universale di base, è il rischio che questo possa costituire un disincentivo al lavoro. In teoria, l’UBI ha solo un effetto di reddito: la sua erogazione è indipendente da eventuali guadagni o altri redditi, per questo è improbabile “un effetto sostituzione”. Infatti, i dati disponi- bili confermano che sia un reddito universale di base sia altre forme di assistenza sociale hanno un impatto limitato sugli incentivi alla ricerca di lavoro. Uno stu- dio incentrato sul programma di distribuzione di dividendi in Alaska, mostra che il suo impatto sull’occupazione è stato nullo, si è riscontrato, al contrario, un incremento del lavoro part-time pari a 1,8 punti percentuali (equivalente a un incremento dell’occupazione del 17%).13 E uno studio condotto sul programma iraniano, che prevedeva l’erogazione di un reddito parzialmente universale, non ha rilevato alcun effetto sull’offerta complessiva di manodopera.14 112 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 Ma il vero dibattito si incentra sulla possibilità di istituire un programma che garantisca posti di lavoro, come migliore e più valida alternativa al reddito univer- sale di base. In India, il programma NREGA-National Rural Employment Guaran- tee Act [Legge nazionale di garanzia dell’occupazione rurale] offre 100 giornate di lavoro all’anno retribuite al salario minimo. I sostenitori del reddito universale di base contestano questo approccio fondato sulla creazione di occupazione attraverso le opere pubbliche, affermando che il diritto al reddito dovrebbe precedere il diritto al lavoro. Per contro, altri obiettano che il diritto al lavoro si fonda sull’assunto che chiunque desideri lavorare potrebbe ricevere un’offerta di lavoro, attribuendo così al lavoro un valore sociale. I sostenitori dei programmi incentrati sul lavoro sottolineano anche che oltre alle attività ad alta intensità di manodopera si potreb- bero attivare una serie di interventi produttivi e di grande valore sociale, come per esempio, i servizi socio-assistenziali. Un reddito universale di base potrebbe essere un’alternativa alla partecipazione in programmi di lavoro nella costruzione di opere pubbliche, quando la funzione preponderante di tali programmi è semplice- mente quella di sostegno al reddito. Tuttavia, se esiste la possibilità di intraprendere un’attività più costruttiva, il programma di lavoro nelle opere pubbliche si rivela uno strumento complementare per coloro che sono idonei e adatti al lavoro. Il concetto di “reddito di partecipazione” è un ibrido tra il reddito universale di base e la partecipazione alla realizzazione di opere pubbliche che prevede l’erogazione di trasferimenti monetari universali vincolati a una qualche forma di impegno civile. Un reddito universale di base potrebbe rendere il sistema più efficiente ridu- cendone la frammentazione. Nella maggior parte dei paesi, il panorama dei programmi assistenziali è complesso e variegato —in Bangladesh esistono oltre 100 programmi, mentre in India quasi 950 sono varati direttamente dal governo centrale (centrally sponsored schemes), e molti altri vengono promossi a livello statale. Una tale sovrabbondanza di prestazioni ha origini storiche e istituzionali, piuttosto che una valida giustificazione tecnica. Pertanto, sarebbe auspicabile una razionalizzazione, ma certamente l’optimum sarebbe avere più di un programma. Indipendentemente dalla forma prescelta, la tecnologia potrebbe migliorare l’erogazione e l’attuazione dei programmi assistenziali. In Messico, la mappa- tura geo-spaziale consente di identificare le zone più disagiate delle città, fino ai singoli isolati. In Costa d’Avorio, è stato possibile disegnare delle vere e pro- prie mappe della povertà utilizzando i dati dei cellulari. In Benin, i dati raccolti tramite GPS hanno consentito di geolocalizzare le famiglie prive di indirizzo negli agglomerati urbani. Le tecnologie digitali servono anche a fornire aiuto e assistenza in aree a rischio. In Libano, grazie all’adozione dei voucher elettronici (e-card), 125.000 famiglie di rifugiati hanno accesso alle derrate alimentari. La tecnologia migliora l’attendibilità dei sistemi di identificazione personale, sistemi che rappresentano un elemento prioritario nell’erogazione di servizi di protezione sociale. In Africa Sub-Sahariana, la quota di popolazione in possesso di una forma ufficiale di identificazione varia dal 90% circa in Ruanda a meno del 10% in Nigeria. Inoltre, la tecnologia migliora l’accesso ai “social registry” [sistemi informativi di supporto al processo di assistenza e inclusione nei programmi], che a loro volta migliorano il coordinamento tra i vari programmi. Un miglior coor- dinamento non solo genera risparmi, ma riduce anche le probabilità di errore nel processo di inclusione dei beneficiari in un determinato programma. In Pakistan, il “social registry”, che include l’85% della popolazione e funge da piattaforma per ben 70 programmi diversi ha contribuito a far risparmiare 248 milioni di dol- lari. Analogamente, sono stati risparmiati 157 milioni di dollari in Sudafrica e 13 milioni di dollari in Guinea. In Argentina, collegando 34 database di programmi Consolidare la protezione sociale | 113 assistenziali all’identificativo univoco dei beneficiari, è stato possibile rilevare errori di inclusione in vari programmi di soggetti non aventi diritto, e di con- seguenza risparmiare in otto anni 143 milioni di dollari. Nel 2016, in Tailandia, grazie all’analisi comparativa dei database avvalendosi dell’identificativo univoco, è stato possibile rimuovere dalle liste 660.000 richiedenti su 8,4 milioni. La tecnologia fa la differenza anche nei pagamenti. Nell’ambito del programma di lavoro ad alta intensità di manodopera (Labor Intensive Public Works) nel set- tore delle opere pubbliche avviato in Ghana, il passaggio dal cartaceo al digitale e un uso più esteso dei sistemi di identificazione biometrica ha ridotto i tempi di pagamento dei salari da quattro mesi a una settimana. Nello stato indiano di Chhattisgarh, l’uso di dispositivi elettronici da parte del Public Distribution System, l’ente preposto all’assistenza alimentare, ha contribuito a ridurre le “dispersioni” nella distribuzione di generi alimentari dal 52% nel 2005 al 9% nel 2012.15 Previdenza sociale Nel giugno del 2011, dopo sei anni di crescita a doppia cifra, l’Etiopia ha varato una normativa di portata storica in materia di previdenza sociale. Per la prima volta, alle aziende del settore privato è stato esteso l’obbligo di erogazione di prestazioni pensionistiche e di invalidità. (Tuttavia, le aziende operanti al di fuori dell’ambito di applicazione della norma riuscivano ad eludere la legge non fornendo ai lavo- ratori alcuna prestazione.) L’intento della norma era quello di estendere la prote- zione sociale e ridurre la povertà. Tuttavia, il conseguente aumento del costo del lavoro, associato ad altri fattori, ha indotto le aziende a puntare sulla tecnologia facendo crollare l’occupazione tra i lavoratori meno qualificati e accentuando il divario tra le due sfere, formale e informale, sul mercato del lavoro. Il modello previdenziale bismarckiano caratterizzato dal finanziamento attra- verso i contributi si fonda sul lavoro fisso retribuito, su una chiara definizione dei concetti di datore di lavoro e dipendente, e su un’età pensionabile predefi- nita, nonché sul prelievo di un’imposta ad hoc sui salari. Nei paesi ricchi, questo sistema si è rivelato efficace per estendere la copertura a quei lavoratori che FIGURA 6.4 L’estensione del sistema previdenziale è ancora insufficiente nella maggior parte dei paesi in via di sviluppo 30 20 Percento 10 0 lo co es a u o lip r El i La ne Ni lvad a ra r Gu P a ù Co Ca du a st mb ras Av ia Bo rio do via Za esia In a Gh ia ad M a a i r nz a ki ia Bu stan ng Cia i la d Ni esh ria ag al nd Fi ado ca o Ru sca M bi Sa nk gu n al bi an Ta and at er Ec sic d’ g d Pa an Co roc Sr pi ge o Ho em In li m a o m ru d n a M Ba M Fonte: team WDR 2019, sulla base del “pension database” e degli Indicatori di sviluppo mondiale della Banca Mondiale. 114 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 venivano assunti nelle fabbriche, e successivamente nel settore dei servizi dell’e- conomia formale. Tuttavia, il sistema contributivo non costituisce la soluzione ideale per i paesi in via di sviluppo, dove formalità e stabilità nell’occupazione sono rare. In effetti, essendo l’obbligo contributivo condizione necessaria ai fini dell’eleggibilità, questa forma di previdenza esclude i lavoratori informali, che nei paesi in via di sviluppo rappresentano oltre i due terzi della forza lavoro; in India sono 1 su 10 così come in molti paesi dell’Africa Sub-Sahariana (figura 6.4). Questo modello diventa sempre meno adatto anche in virtù della natura del lavoro in continua evoluzione in cui le relazioni industriali non si fondano più sul tradizionale rapporto datore di lavoro-dipendente. Il tradizionale modello di finanziamento del sistema previdenziale si traduce spesso in un maggiore costo del lavoro, come illustra l’esperienza etiope, qui descritta. È fondamentale, pertanto, una nuova concezione di questo modello in chiave evolutiva. La riforma del sistema deve garantire ai lavoratori a basso reddito l’accesso a strumenti efficaci di gestione del rischio. Al fine di consentire ai lavoratori di far fronte a eventuali danni dovuti a eventi improvvisi in grado di minare la sus- sistenza, quali malattia, disabilità e morte prematura, sono indispensabili stru- menti adeguati, e agevolati per le fasce più povere. Sono, altresì, fondamentali strumenti a sostegno di modelli di consumo stabili o costanti nel corso della vita. Un pacchetto completo di tutele che volesse raggiungere questi obiettivi conter- rebbe innanzitutto, la garanzia di un regime assicurativo minimo agevolato contro eventuali perdite di benessere e eventi distortivi (a guaranteed minimum insu- rance with subsidized coverage) che andrebbe ad integrarsi a misure di assistenza sociale e fornirebbe un’ulteriore copertura contro perdite troppo ingenti per essere sostenute attraverso i trasferimenti. In secondo luogo, un piano assicurativo e di risparmio obbligatorio faciliterebbe la stabilizzazione dei profili temporali del consumo. Infine, altre opzioni di risparmio reperibili sul mercato a carattere pura- mente volontario o “indirizzato” consentirebbero a chi lo volesse di contribuire in misura maggiore. Già molti paesi applicano in parte questo modello. Questo approccio, oltre alla garanzia di un reddito minimo, può ridurre la dimensione e la valenza di pura tassa associata ai contributi obbligatori. A vari livelli, gli attuali regimi di previdenza sociale amalgamano le funzioni redistribu- tive alle funzioni di ripartizione del rischio e richiedono pertanto il versamento di contributi maggiori percepiti da molti come imposte sul lavoro. La dimen- sione della redistribuzione intrinseca ad alcuni modelli previdenziali attuali è bassa in paesi come Indonesia e Vietnam, mentre è sostanziale in paesi come Cina e Filippine. Le simulazioni effettuate suggeriscono che in un paese come le Filippine un cambio di passo come quello esposto nel presente documento potrebbe ridurre l’aliquota dell’imposta sui salari dal 18% al 14%.16 Alcuni paesi si stanno già muovendo in questa direzione, ne è un esempio il notevole ampliamento del regime pensionistico per i residenti rurali in Cina. Attualmente, il sistema si avvale dei contributi di circa 360 milioni di lavoratori informali urbani e rurali. Circa 150 milioni di anziani ricevono il loro assegno (o: rendita/pensione).17 Parimenti, il governo del Costa Rica si fa carico di coprire parte dei contributi pensionistici per i lavoratori autonomi e la Tailandia fa lo stesso per i lavoratori del settore informale che decidono di aderire a un piano pensionistico speciale dedicato ai lavoratori a basso reddito. I sussidi/sovven- zioni potrebbero essere erogati a tutti oppure esclusivamente ai poveri, o ancora potrebbero essere gradualmente ridotti in rapporto all’aumento di reddito. Il sistema assicurativo sanitario turco predilige l’ultima opzione. In Tailandia, oltre a garantire una pensione di anzianità quasi a tutti, il sistema prevede anche il pagamento di parte dei contributi per la previdenza sociale dei cittadini in età Consolidare la protezione sociale | 115 lavorativa del settore informale. Il costo delle sovvenzioni statali dipende dal livello delle medesime e dal numero delle persone aventi diritto. In molte economie emergenti, l’assoggettamento al sistema previdenziale è limitato perché il tasso di copertura è basso. In paesi come il Bangladesh, la Repubblica Popolare Democratica del Laos, la Namibia, la Somalia, e il Suda- frica le pensioni non sono finanziate tramite il prelievo fiscale sul lavoro, ma attraverso le risorse generali dello Stato. In questi casi, potrebbe essere possibile disancorare le imposte dai salari. Una quota significativa potrebbe essere sostitu- ita con altre imposte ampliando la copertura anche ai lavoratori che non hanno un contratto regolare o un rapporto di lavoro tradizionale. Oltre alla garanzia di una copertura previdenziale di base, è auspicabile e neces- sario un ulteriore supporto politico al fine di raggiungere adeguati livelli di prote- zione. Un ulteriore obbligo contributivo consentirebbe la stabilizzazione dei profili temporali del consumo, ma spesso nei paesi i cui i mercati assicurativi o dei capi- tali non sono sufficientemente sviluppati mancano gli strumenti necessari. Questa operazione andrebbe a coprire i lavoratori formali. Tuttavia, fissare per legge un livello assicurativo (della copertura assicurativa?) non è cosa di poco conto, in quanto un obbligo maggiore produce imposte sul lavoro più elevate. In alcuni paesi, queste imposte sono già alte, e gravano sull’occupazione formale. Nelle economie avanzate l’aliquota media sui salari necessaria a finanziare i contributi si aggira al 23%18 e supera il 20% in paesi come la Cina, la Repubblica Araba d’E- gitto e il Perù. Si potrebbe rendere l’obbligo meno stringente riducendo l’aliquota fiscale o abbassando il tetto sui compensi soggetti ai contributi obbligatori. L’alternativa prevalente per integrare i contributi obbligatori potrebbe essere l’adesione a piani assicurativi o di risparmio. Alcune misure includono un processo di adesione automatica o consenso preventivo (“opt-in”) all’atto della registrazione dell’impresa e nella dichiarazione dei redditi. Queste misure ridurrebbero poten- zialmente i costi di transazione. In alcuni casi, gli approcci incentrati sul comporta- mento umano possono essere altrettanto indicativi. In Kenya, è stato possibile rad- doppiare il tasso di risparmio della popolazione distribuendo una moneta color oro numerata per ciascuna settimana, con cui monitorare i relativi depositi di denaro.19 Un altro modo per indirizzare al risparmio potrebbe essere quello di utilizzare i cosiddetti “commitment devices” [dispositivi di impegno] attraverso i quali, ad esem- pio, una persona accetta di subire una perdita se non raggiunge un obiettivo di risparmio. La tecnologia aumenta notevolmente le opportunità di stimolo al rispar- mio, facilitando, tra l’altro, l’arrotondamento automatico delle transazioni effet- tuate con moneta elettronica o carta di credito e creando un salvadanaio digitale. Occorre citare anche iniziative nazionali di indirizzo e stimolo più estese già in corso, volte a promuovere il risparmio e incrementare la partecipazione al sistema pre- videnziale indipendentemente dalle modalità lavorative degli aderenti. Il programma neozelandese KiwiSaver prevede l’adesione automatica e offre una serie limitata di scelte di investimento. Nel Regno Unito, il piano di previdenza complementare, NEST [National Employment Savings Trust], opera più o meno allo stesso modo. In entrambi i programmi i lavoratori possono esercitare l’opzione di uscita e ritirare i propri risparmi, ma i meccanismi incentivanti fungono da deterrente positivo. Regolamentazione del lavoro In molti paesi in via di sviluppo, le norme che regolano il lavoro sono state adot- tate in epoca coloniale. Le conquiste hanno consentito la diffusione del diritto del lavoro in Europa occidentale e nelle colonie dell’Africa settentrionale e occidentale, 116 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 ma anche in America Latina e in alcune regioni dell’Asia. Questa dinamica ha avuto ripercussioni ancora in atto nel XXI secolo: i paesi di civil law dispongono di norme in materia di lavoro decisamente più restrittive rispetto ai paesi di common law, e pongono più vincoli al rapporto datore di lavoro-dipendente.20 L’approccio più rigido è inadeguato per i mercati del lavoro di molti paesi in via di sviluppo, poiché presume una capacità amministrativa superiore a quella della maggior parte dei governi di quei paesi. Le norme in materia di lavoro, essendo state ideate sulla base delle economie dell’era industriale, in un’epoca in cui i sistemi di protezione sociale erano piuttosto deboli, spesso non arrivano a tutelare la maggior parte dei lavoratori, soprattutto laddove l’informalità rap- presenta la norma e il lavoro sfugge al controllo delle autorità. Nella grande maggioranza dei paesi, le regolamentazioni sono concepite per un mercato del lavoro in cui si presume che la maggior parte dei lavoratori abbiano un posto di lavoro stabile, retribuito e a tempo indeterminato. In molti paesi in via di svi- luppo, queste tipologie di lavoro sono un’eccezione, e si trovano solo nel settore pubblico oppure sono appannaggio di lavoratori altamente qualificati. Eventuali interventi di riforma dovrebbero affrontare tre questioni stretta- mente legate alla regolamentazione del mercato del lavoro. Innanzitutto, queste norme riguardano solo i lavoratori del settore formale e quindi visibile e rego- lamentabile da parte dello Stato; eppure più della metà della forza lavoro mon- diale è rappresentata da lavoratori informali. In secondo luogo, i governi stanno tentando di percorrere troppe strade in materia di norme del lavoro, nell’intento di trovare un surrogato alla protezione sociale, vedasi la garanzia di un reddito minimo o la sostituzione delle prestazioni di disoccupazione. E in terzo luogo, come evidenziato nel World Development Report 2013: Jobs, se da un lato la rego- lamentazione cerca di risolvere le imperfezioni del mercato del lavoro, dall’altro rende spesso l’economia meno dinamica, influenzando i flussi del mercato del lavoro e aumentando la permanenza in un’attività lavorativa, ma anche in una condizione di disoccupazione. Norme troppo rigide che escludono molti lavo- ratori, soprattutto i giovani poco qualificati, riducono la capacità delle aziende di attuare i dovuti adeguamenti nella composizione della forza lavoro. Questa capacità di adattamento è un requisito importante, affinché un’azienda sia in grado di adottare nuove tecnologie e incrementare la produttività.21 In un campione di 60 paesi, il passaggio dal 20° all’80° percentile relativa- mente alla sicurezza del mantenimento di un posto di lavoro (in paesi con un forte stato di diritto) riduce di un terzo la rapidità di adeguamento ai contrac- colpi nell’occupazione e fa scendere di 1 punto percentuale la crescita della produttività su base annua.22 La rigidità di alcune norme che regolamentano il lavoro pesa negativamente sul processo di adozione e adattamento tecnologico utile ad aumentare la produttività, nella fattispecie le norme che prevedono procedure particolarmente gravose in materia di licenziamenti.23 Pertanto, i settori ad alto tasso tecnologico sono meno sviluppati nei paesi dove vige una più severa legislazione di protezione dell’occupazione.24 La stretta normativa è, inoltre, associata a una minore capacità delle aziende, soprattutto le piccole imprese, di entrare e uscire da settori industriali in cui la mobilità da un posto di lavoro all’altro si registra con maggior frequenza;25 analogamente questa ten- denza emerge anche all’interno dello stesso paese.26 Per far fronte a questa sfida, il legislatore dovrebbe ripensare le norme in materia di lavoro. Alcuni paesi stanno avviando riforme con l’obiettivo di aiutare aziende e lavoratori ad adattarsi alla traiettoria evolutiva del lavoro. Le recenti riforme avviate in Italia sono associate alla creazione di un maggior numero Consolidare la protezione sociale | 117 di posti di lavoro a tempo indeterminato.27 In questo esercizio è fondamentale trovare un equilibrio tra sicurezza e flessibilità. Molti governi hanno reso più flessibili i rispettivi mercati del lavoro. Tuttavia, solo pochi stanno facendo gli investimenti necessari per garantire sostegno al reddito e assistenza al reinseri- mento lavorativo. Una maggiore flessibilità per le aziende si associa a una prote- zione sociale più forte, a programmi di intermediazione e assistenza nella ricerca di un lavoro, nonché a provvedimenti volti a rafforzare la voce dei lavoratori. Al di là delle norme di base, le tutele si estenderebbero a tutti i lavoratori indipen- dentemente dalle modalità di partecipazione al mercato del lavoro, nell’ambito di un approccio organico alla protezione sociale e alle istituzioni del lavoro, volto a fornire ulteriori tutele ai tanti lavoratori —spesso i più vulnerabili—che di fatto restano esclusi. Con un tale approccio non sarebbero protetti solo alcuni posti di lavoro, ma le tutele sarebbero estese a tutti i lavoratori. Esistono importanti misure per contrastare il potere di mercato del datore di lavoro, come la definizione di un periodo di preavviso ragionevole e forme di tutela contro i licenziamenti discriminatori. Tuttavia, quando grava sul datore di lavoro una disciplina troppo onerosa in materia di assunzioni e licenziamenti si creano rigidità strutturali con conseguenti costi sociali di fronte al cambiamento improvviso. In Bolivia, Oman, e nella Repubblica Bolivariana del Venezuela non è consentita la risoluzione unilaterale del contratto di lavoro per ragioni economiche; il licenziamento è previsto solo per questioni di natura discipli- nare e personale. In 32 paesi, il datore di lavoro deve ottenere l’approvazione di terzi anche in materia di licenziamenti individuali. In Indonesia per procedere al licenziamento, è necessaria l’approvazione da parte dell’Industrial Relations Dispute Settlement Board. In Messico, il datore di lavoro deve ottenere l’approva- zione del Conciliation and Arbitration Labor Board mentre in Sri Lanka, occorre il consenso del dipendente o l’approvazione del Commissario del lavoro. Le aziende potrebbero godere di una maggiore flessibilità nella gestione delle risorse umane, fermo restando il rispetto della legge sull’obbligo di preavviso, sulla presenza di un sistema adeguato di protezione del reddito e di meccanismi efficienti contro ogni forma di discriminazione. Tuttavia, la maggiore flessibilità nelle procedure di licenziamento dovrebbe essere bilanciata da tutele crescenti al di fuori del rapporto di lavoro e misure attive di sostegno al reinserimento lavorativo a favore di chi ha perso il lavoro. Diversamente, un allentamento dei vincoli in capo al datore di lavoro, in materia di assunzioni e licenziamenti, com- porterebbe un elemento di rischio pressoché ingestibile a carico dei lavoratori. Tuttavia, l’approccio praticato attualmente in molti paesi, fa gravare quasi tutto l’onere del rischio sulle aziende e non abbastanza sullo Stato per via diretta. Per ridurre il rischio di abusi da parte delle aziende, i governi potrebbero sottoporle a procedure di audit sulla base del rischio associato a future violazioni della norma e applicare, quindi, delle sanzioni alle aziende riscontrate inadempienti. È arrivato il momento di considerare forme di protezione finanziaria per quei lavoratori che si trovano a gestire le difficoltà quotidiane (legate alla perdita del lavoro). L’indennità per lo scioglimento del rapporto di lavoro è la forma preva- lente di protezione posta in essere nella maggior parte delle economie a basso e medio reddito. Trattasi, tuttavia, del retaggio di un’epoca in cui i governi non erano in grado di offrire sostegno al reddito in caso di disoccupazione. Alcuni paesi hanno, sulla carta, politiche di attribuzione di indennità molto generose. Per esempio, l’indennità di fine rapporto dopo 10 anni di servizio continuativo è pari a 132 settimane di salario in Sierra Leone, 130 settimane a Mauritius e 120 settimane in Bahrain. 118 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 Eppure l’indennità di fine rapporto è uno strumento di tutela del reddito inef- ficace, poiché pone l’onere del rischio a livello di impresa o settore industriale, dove contraccolpi e perdite sono correlati. Anche i dipendenti corrono il rischio di non ricevere le somme dovute nel caso in cui l’azienda abbia problemi di liqui- dità o cessi l’attività. I lavoratori avrebbero alternative più sicure, se potessero contare maggiormente su un sistema nazionale di prestazioni di disoccupazione. Accordi di portata nazionale in luogo di accordi aziendali garantirebbero questa forma di tutela a tutti i lavoratori, indipendentemente da dove e come lavorano. Al fine di garantire un sufficiente livello di tutela preservando nello stesso tempo gli incentivi al lavoro, i regimi delle prestazioni di disoccupazione potreb- bero avvalersi sia dello strumento del risparmio individuale, sia della redistribu- zione. I risparmi potrebbero servire in caso di disoccupazione o per interventi di riqualificazione e laddove non venissero utilizzati interamente, il rimanente sarebbe disponibile al momento della pensione. I lavoratori che non dispones- sero di risparmi sufficienti avrebbero la garanzia di un reddito minimo finan- ziato attraverso le risorse generali dello Stato. Il Cile e la Giordania dispongono di strumenti quali i conti di risparmio individuali per la disoccupazione, mentre a Singapore sono previsti conti di risparmio individuali per la casa e l’istruzione. L’esame delle tipologie di tutela del lavoro nell’era industriale deve andare di pari passo con una valutazione della rigidità, forse obsolescenza delle norme, sulle modalità e sulle forme di lavoro. Nuove forme di lavoro sfumano la distin- zione tra l’essere un dipendente e l’essere un lavoratore autonomo “dipendente” – per esempio, un autista di Yandex.Taxi a Mosca può configurarsi come un dipendente di Yandex.Taxi? Al fine di garantire l’insieme di tutele fondamentali descritte poc’anzi, i codici del lavoro dovrebbero fornire una definizione più chiara sul significato di “lavoratore dipendente” nei mercati attuali del lavoro, considerando, ad esempio, in che misura i lavoratori determinano le condizioni FIGURA 6.5 I tassi di sindacalizzazione sono bassi e continuano a scendere in molti paesi in via di sviluppo 1.0 Cambiamenti annuali medi nel tasso di sindacalizzazione 40 % di dipendenti sindacalizzati nel 2018 30 dal 1993 (punti percentuali) 0 20 –1.0 10 0 –2.0 Ro nia ail a a do ù Fi sia Co ine Et a ia M na o Br a ile Ta a Ar ania M ina de Su tius Ar ssa ia ne ica Th al di bi di an r sic Do iop en Pe as ica ne a zio fr em nt p an m In Ru ri Gh es nz m m lip ra da au ge lo in at m In Gu a lic bb Fe pu Re Tasso di sindacalizzazione Cambiamenti nel tempo Nessun cambiamento nel tasso di sindacalizzazione Fonte: team WDR 2019, dati tratti dal database ILOSTAT dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro su un gruppo sele- zionato di paesi. Consolidare la protezione sociale | 119 di lavoro (per es. quando svolgere il lavoro). Ciò che importa è la garanzia di una convergenza nei tipi di prestazioni e tutele a favore dei lavoratori, indipendente- mente dal tempo trascorso presso un determinato datore di lavoro. Infine, un ulteriore obiettivo degno di essere realizzato mira a rafforzare l’appli- cazione delle normative sul lavoro e dei meccanismi atti a potenziare la partecipa- zione dei lavoratori. Passare a un contratto-tipo più semplice esigerebbe strutture di contrattazione collettiva più forti, poiché il diritto prestabilisce meno tutele. Tuttavia, queste strutture stanno perdendo terreno: nei paesi a alto reddito la per- centuale di lavoratori tutelati da un contratto collettivo nazionale è scesa, passando in media, dal 37% nel 2000 al 32% nel 2015, anno in cui tra l’altro la percentuale di affiliazione sindacale si attestava al 24% contro il 30% del 1985. Nei paesi in via di sviluppo, dove il tasso di informalità è elevato, il ruolo dei sindacati e della con- trattazione collettiva tende a essere limitato (figura 6.5). I tassi di sindacalizzazione variano tra il 15% e il 20% dei lavoratori in Brasile, Moldavia, Senegal e Tunisia fino a meno del 10% in paesi come l’Etiopia, il Guatemala, l’Indonesia e la Turchia. Le tecnologie digitali sono, altresì, utili all’attuazione delle normative sul lavoro e dei meccanismi atti a potenziare la partecipazione dei lavoratori. Queste consentono di ridurre i costi di attuazione, garantendo un monitoraggio efficacie ed economico del rispetto delle leggi. In Brasile, l’Annual Social Information Report consente di monitorare l’adempimento degli obblighi previsti dalla Lei do Apren- diz [legge sull’apprendistato]. In Oman, il Worker Protection Scheme [programma di tutela dei lavoratori] consente di monitorare il versamento dei salari. Anche i social media sono uno strumento importante con cui i lavoratori possono espri- mere le proprie rimostranze nei confronti dei datori di lavoro o delle condizioni di lavoro, esercitando pressioni non solo sulle autorità, ma anche sui datori di lavoro esposti a conseguenti rischi reputazionali. La gestione dei rischi connessi ai mercati del lavoro presenti e futuri esige da parte dei governi una rivisitazione dei sistemi di protezione sociale. L’assistenza sociale potrebbe essere ottimizzata, se associata alla garanzia di un minimo sociale potenzialmente su base universale a seconda delle condizioni contestuali e preferenziali di un paese. L’estensione di tali misure dal basso verso l’alto potrebbe fondarsi sulla nozione di universalismo progressivo. In tale contesto, spetterà alla previdenza sociale svolgere una funzione preponderante. Eppure, il modello bismarckiano sta tramontando o rimane troppo ambizioso per molti paesi, soprattutto in ragione della pervasività dell’informalità. Mentre da un lato aumentano gli investimenti in protezione sociale, dall’altro, attraverso un approccio equilibrato alla regolamentazione del mercato del lavoro si potreb- bero raggiungere più efficacemente gli obiettivi di equità e produttività. Note   1. Banca Mondiale (2018).   2.  Bastagli et al. (2016).   3.  Akee et al. (2018).   4.  Ralston, Andrews, e Hsiao (2017).   5.  Eurofound (2015).   6.  López-Calva e Ortiz-Juárez (2011).   7.  Dang e Dabalen (2018).   8.  Economic Times (2018).   9.  Browne e Immervoll (2017). 10.  IMF (2017). Cfr. Harris et al. (2018) in merito al dibattito sul finanziamento dell’UBI attraverso l’imposta sul valore aggiunto. 120 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 11.  Ministero delle Finanze, India (2017). 12.  Khosla (2018). 13.  Marinescu (2018). 14.  Salehi-Isfahani e Mostafavi-Dehzooei (2018). 15.  Alderman, Gentilini, e Yemtsov (2018). 16.  Banca Mondiale (2018). 17.  Dorfman et al. (2013). 18.  OCSE (2017). 19.  Akbas et al. (2016). 20.  Botero et al. (2004). 21.  Banca Mondiale (2012). 22.  Caballero et al. (2013). 23.  Packard e Montenegro (2017). 24.  Bartelsman, Gautier, e De Wind (2016). 25.  Bottasso, Conti, e Sulis (2017). 26.  Brambilla e Tortarolo (2018). 27.  Sestito e Viviano (2016). Riferimenti bibliografici Akbas, Merve, Dan Ariely, David A. Robalino, and Michael Weber. 2016. “How to Help Poor Informal Workers to Save a Bit: Evidence from a Field Experiment in Kenya.” IZA Discussion Paper 10024, Institute of Labor Economics, Bonn, Germania. Akee, Randall, William Copeland, E. 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Una valutazione dell’impatto delle politiche del mercato del lavoro nel 2015.” Questioni di Economia e Finanza (Occasional Paper) 325, Banca d’Italia, Roma, marzo. Banca Mondiale. 2012. World Development Report 2013: Jobs. Washington, DC: Banca Mondiale. ———. 2018. The State of Social Safety Nets 2018. Washington, DC: Banca Mondiale. CAPITOLO 7 Idee di inclusione sociale U n contratto sociale sancisce gli obblighi dello Stato verso i cittadini e i doveri dei cittadini verso lo Stato. Questo concetto di base si è evoluto nel tempo. A lungo, nel corso della storia i contratti sociali sono stati imposti con la coercizione o la minaccia. Oggigiorno, la sostenibilità dei contratti sociali dipende dalla percezione di equità che riescono a trasmettere. Nella sua opera del 1762 Del Contratto Sociale; o, Principi di diritto politico, il filosofo francese Jean-Jacques Rousseau postula che tutti saranno liberi, poiché tutti accetteranno di rinunciare alla medesima quantità di diritti e saranno disposti a essere soggetti ai medesimi doveri. Il presente capitolo si propone di mettere in risalto tale aspetto del contratto sociale, che si configura, dunque, come un pacchetto di misure politiche volte alla costruzione di una società più equa. Retaggi del passato e fattori del presente impongono la ricerca di nuove idee per il contratto sociale. L’inaccessibilità a servizi pubblici efficienti, per gran parte dei cittadini meno abbienti, ha ingenerato crepe profonde nell’odierno patto sociale. Nel frattempo, l’evoluzione della natura del lavoro ha generato timori sulla disoccupazione di massa. Queste tendenze stanno mettendo a dura prova il rapporto tra cittadini, imprese e governi in tutto il mondo e sebbene possano sembrare in parte un’esagerazione, le preoccupazioni non sono affatto infondate. I progressi tecnologici dell’era digitale devono essere supportati da un’in- fusione di nuove idee all’interno del dibattito pubblico sull’inclusione sociale; un’inclusione intesa come fattore abilitante, creatore di opportunità e dignità per le fasce sociali più disagiate. Occorre rivolgere un’attenzione particolare a due elementi: primo, con l’ausilio della tecnologia i governi possono avvicinarsi ai poveri e a tutti i cittadini che non hanno accesso a servizi di qualità o stru- menti di gestione dei rischi. Molti di loro sono lavoratori informali occupati in attività a bassa produttività, che non hanno accesso ad alcuna forma di pro- tezione e che difficilmente riescono a sfuggire o sottrarsi a una condizione di povertà. L’informalità limita l’ambito di applicazione dei regimi previdenziali basati sul versamento obbligatorio di contributi sui salari percepiti e dichiarati nell’ambito dell’economia formale. Secondo, l’evoluzione della natura del lavoro implica costi di adattamento per i lavoratori. La tecnologia ha impatti variabili sulle competenze e sulla domanda di competenze. Nel mondo del lavoro, la tecnologia premia alcune competenze (e i lavoratori che ne sono provvisti) rispetto ad altre. Le competenze avanzate – come la capacità di risoluzione dei problemi complessi e il pensiero critico – sono molto ricercate e apprezzate e coloro che le possiedono hanno maggiori possibilità di sfruttare efficacemente le nuove tecnologie nel mondo del lavoro. Le capacità socio-comportamentali quali l’empatia, il lavoro di squadra e la riso- luzione di conflitti sono competenze difficilmente riproducibili dalle macchine, ragion per cui sono sempre più apprezzate sul mercato del lavoro. I tempi per avviare il dibattito su una migliore inclusione sociale sono, ormai, maturi. Alcuni tentativi di riforma sono il frutto di una politica complessa, che considera ad esempio il potenziale rapporto costi-benefici (o: i potenziali tra- de-off) tra la possibilità di investire sulle generazioni presenti di lavoratori e sulle generazioni future. Occorre rendere efficiente la spesa pubblica e identificare ulteriori fonti di reddito da dedicare al miglioramento dell’inclusione sociale. I social media e il fenomeno dell’urbanizzazione, almeno in parte, fanno crescere sempre di più le aspirazioni dei giovani. Quando queste aspirazioni vengono soddisfatte si aprono le porte dell’opportunità e della prosperità, ma quando, in alcuni paesi, rimangono irrealizzate diventano fonte di frustrazione, se non addirittura di disordine sociale. 124 Idee di inclusione sociale | 125 Il presente capitolo analizza tre questioni. Innanzitutto, come può la società riscrivere un nuovo contratto sociale alla luce dell’alto tasso di informalità e delle trasformazioni del lavoro? In secondo luogo, se venisse affidato a un governo il compito di riformulare un contratto sociale il cui scopo è quello di costruire una società più equa, quali sarebbero gli elementi di base di tale contratto? E in terzo luogo, con quali risorse lo Stato finanzierebbe le eventuali riforme proposte? Que- sto esercizio ha lo scopo di tratteggiare elementi contestuali che i politici sono chia- mati a considerare nell’ambito dei processi legislativi e delle consultazioni nazionali. Un “New Deal” mondiale “Viviamo in una cultura della non partecipazione, della mancanza di interesse, del silenzio. Il patto sociale si è rotto,” ha affermato nel 2017 un cittadino messicano residente in una zona in cui la questione della sicurezza è un problema sociale.1 Le crepe nell’attuale contratto sociale erano già evidenti durante gli eventi che hanno caratterizzato la Primavera Araba nel 2010/2012 e nella sfiducia verso la globalizzazione che si riflette in un crescente protezionismo. In molti paesi in via di sviluppo, un contratto sociale compromesso potrebbe indurre i cittadini a sol- lecitare meno lo Stato a migliorare i servizi pubblici. In effetti, alcuni osservatori hanno notato che nei paesi in via di sviluppo la classe media “manda i propri figli nelle scuole private, si rivolge alla sanità privata, si occupa di scavare i pozzi per l’acqua e di acquistare i generatori per la corrente elettrica.”2 Spesso i meccanismi che dovrebbero garantire l’uguaglianza di opportunità, che si traduce a sua volta in inclusione sociale, si rivelano inadeguati. I paesi non investono nella prima infanzia, in particolare nell’infanzia svantaggiata. In America Latina, la spesa pubblica pro capite complessiva per i bambini al di sotto dei 5 anni è pari a un terzo di quella per i bambini di età compresa tra i 6 e gli 11 anni. In Africa Sub-sahariana, solo il 2% delle risorse di bilancio stanziate dai vari paesi per l’istruzione, è destinato in media, all’istruzione pre-primaria.3 Nei paesi in via di sviluppo, gli ordinamenti fiscali e di protezione sociale hanno una capacità limitata di redistribuzione del reddito. In alcuni paesi, ciò è dovuto alla mancanza di una progressività fiscale; in molti altri invece, è semplicemente la risultanza di un gettito fiscale troppo basso. La persistenza di livelli elevati di informalità è sintomo di uno sgretolamento del patto sociale. L’occupazione informale supera il 70% in Africa Sub-Saha- riana e il 60% in Asia meridionale, mentre in America Latina è oltre il 50%. I lavoratori informali restano esclusi dall’intervento statale in materia di eroga- zione di servizi sociali, regimi di protezione sociale solidi e misure redistributive. Coloro che operano nell’economia informale disattendono i loro obblighi nei confronti dello Stato non pagando le tasse. Per certi versi, l’informalità riflette una mancanza di fiducia nei confronti dello Stato.4 In tempi recenti, alcuni paesi come la Danimarca, hanno rinnovato comple- tamente il contratto sociale, includendovi il concetto di “flexicurity,” le cui origini risalgono al XIX secolo. Questi nuovi contratti sociali mirano a coniugare la fles- sibilità del mercato del lavoro con un’alta protezione sociale e con l’attuazione di politiche attive del lavoro. Altri esempi includono le riforme economiche inau- gurate in Cina nel 1978 che hanno introdotto i principi di mercato, il piano Bal- cerowicz in Polonia del 1989, e la riforma Hartz in Germania del 2003. Tuttavia, quando si parla di contratti sociali che implicano ingenti riforme associate alla natura del lavoro, il New Deal del presidente americano Franklin D. Roosevelt è comunemente considerato il modello a cui ambire. Il new deal evoca la possibilità 126 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 di creare occupazione sovvenzionata o finanziata dallo Stato (o di tassare i robot) per far fronte al progresso tecnologico, ma il riferimento non regge. Durante la Grande Depressione del 1929–1933, il tasso di disoccupazione negli Stati Uniti raggiunse livelli drammatici passando dal 3% al 25% e la pro- duzione industriale si dimezzò. Nel 1932, per far fronte agli effetti disastrosi della crisi sull’economia, Franklin Roosevelt accettò la nomina a candidato pre- sidenziale del suo partito, impegnandosi a sancire “un nuovo patto con il popolo americano”. Alla fine, il New Deal prese forma nei vari programmi e riforme che l’amministrazione Roosevelt attuò tra il 1933 e il 1938 per risollevare gli Stati Uniti dalla Grande Depressione. Sebbene audace e completo, il New Deal, rappresentava la risposta a un pro- blema diverso da quello che i governi sono chiamati ad affrontare nel 2018, ovvero l’economia informale nei paesi in via di sviluppo e le trasformazioni del lavoro a livello mondiale. Occorre notare, infatti, che mentre la Grande Depressione si con- figura principalmente come una crisi momentanea che sconvolse l’economia statu- nitense, le trasformazioni del lavoro e la persistenza dell’informalità sono fenomeni tutt’altro che transitori. Alcune delle misure previste dal New Deal—quali la Federal Deposit Insurance Corporation e il Supplemental Nutrition Assistance Program—avevano il duplice scopo di mitigare gli effetti temporanei della crisi e rispondere al bisogno di garantire tutele permanenti anche dopo la crisi. Tuttavia, le misure più ampie, soprattutto in materia di occupazione o salari sovvenzionati, avevano un carattere temporaneo, che per le circostanze dell’epoca sono servite allo scopo. Le attività nel settore delle opere pubbliche possono andare oltre la realiz- zazione di infrastrutture. Attualmente, numerose attività socio-assistenziali vengono svolte grazie al contributo volontario dei singoli; l’assistenza informale o la presa in carico di un familiare con gravi disabilità o malattie croniche è ampiamente diffusa. Secondo stime recenti, oltre 2 milioni di persone nel Regno Unito usufruiscono di forme di assistenza informale. Le donne hanno maggiori probabilità degli uomini di trovarsi improvvisamente a dover svolgere il ruolo di prestatrici di cure, con conseguenti difficoltà nel conciliare questo ruolo con la partecipazione al mercato del lavoro. Oltre alla perdita di reddito, queste forme di lavoro possono avere risvolti socio-comportamentali e influire negativamente sul benessere di chi opera nel settore socio-assistenziale informale. La creazione di un modello socio-assistenziale efficace esige un ricollocamento del ruolo dello Stato in quanto soggetto erogatore di servizi in una molteplicità di ambiti, al fine di ridurre la cosiddetta disoccupazione involontaria. Questi ambiti includono l’assistenza all’infanzia, l’assistenza agli anziani e ai disabili, il supporto psicologico ai disoccupati di lungo periodo, il sostegno alle social kitchen [cucine sociali] e i percorsi riabilitativi da tossicodipendenza e violenza. Kinofelis in Grecia e l’Expanded Public Works Programme in Sudafrica sono esempi di possi- bili interventi di questo tipo. Un altro ambito in cui può esprimersi la capacità dello Stato di migliorare i servizi pubblici è quello dell’assistenza sanitaria primaria di comunità, che si estende al di là delle tradizionali strutture sanitarie, collocando i servizi di cura e prevenzione all’interno delle singole comunità e vicino alle famiglie. Una revisione condotta su studi empirici rivela che questo approccio è efficace per migliorare nutrizione e livelli vaccinali, controllare patologie come la polmonite o la malaria, prevenire e trattare l’HIV. Pur disponendo di una formazione meno completa rispetto al personale sanitario professionale, gli operatori di comunità sono in grado di fornire cure mediche di base e di fungere da rete referenziale, creando un clima di fiducia nelle comunità in cui operano. Idee di inclusione sociale | 127 Riformulazione del contratto sociale L’uguaglianza di opportunità svolge un ruolo preponderante all’interno della traiettoria evolutiva della natura del lavoro. Investire nello sviluppo della prima infanzia contribuisce a creare opportunità. Secondo alcune stime, negli Stati Uniti, l’ampliamento di politiche di sviluppo della prima infanzia potrebbe ridurre la disuguaglianza del 7% e incrementare del 30% l’elasticità intergene- razionale del reddito.5 Creare pari opportunità vuol dire dare maggior impulso all’intero impianto di protezione sociale, incluse previdenza e assistenza sociale, secondo una visione che sia compatibile con il lavoro. Questi aspetti del con- tratto sociale riflettono le tre libertà enunciate dal premio Nobel Amartya Sen nell’opera Lo sviluppo è libertà: libertà politiche e trasparenza nei rapporti con gli altri, libertà di opportunità e protezione economica dalla miseria abietta.6 Al di là di alcuni elementi di base comuni, qualsiasi nuovo patto sociale dovrebbe essere articolato in base al contesto specifico del paese. Un’articola- zione contestualizzata deve chiaramente basarsi sulle tendenze demografiche. Entro il 2050, più del 50% dell’espansione demografica mondiale avverrà in Africa subsahariana, dove, stando alle proiezioni, i tassi di crescita annui della popolazione attiva supereranno il 2,7%.7 Al contrario, si assiste a un progres- sivo invecchiamento delle popolazioni dell’Asia orientale e del Pacifico: in que- sta regione del mondo vivono oltre 211 milioni di persone di età superiore ai 65 anni, ovvero il 36% della popolazione mondiale in questa fascia d’età. Entro il 2040, la popolazione attiva si sarà ridotta del 10–15% in Cina, nella Repubblica di Corea e in Thailandia.8 Pertanto, per garantire la sostenibilità del contratto sociale, i paesi dell’Africa sub-sahariana e dell’Asia meridionale dovrebbero essere adeguatamente preparati a rispondere ai bisogni di un elevato numero di giovani che si affaccia al mercato del lavoro. I contratti sociali in Europa dell’Est e Asia orientale dovrebbero prevedere dei meccanismi sostenibili di finanzia- mento della protezione e dell’assistenza agli anziani. Una società in cui prevale l’uguaglianza di opportunità è spesso percepita come una società capace di garantire pari opportunità, in termini di benessere sociale ed economico a tutti i suoi membri. Tuttavia, ciò accade solo se tutti i membri della società hanno garanzia di accesso a un minimo sociale nelle sfere della salute, dell’istruzione e della protezione sociale. Tale minimo garantirebbe a ciascuno il capitale umano di base necessario per concorrere al raggiungi- mento dei propri obiettivi in condizioni di parità. Il mercato del lavoro ricerca e apprezza sempre di più le competenze cognitive avanzate e le capacità socio-comportamentali che si integrano alla tecnologia rendendo più versatili i lavoratori. Il che significa che se una vera opportunità di acquisire tali competenze non viene offerta a tutti, la disuguaglianza è destinata ad aumentare. Di fatto, un nuovo contratto sociale dovrebbe cercare di offrire a tutti le stesse opportunità di acquisire un bagaglio di competenze, poiché in virtù della trasformazione del lavoro, la mancanza di istruzione si configura come uno dei meccanismi più temibili di propagazione intergenerazionale della disugua- glianza. Il sostegno allo sviluppo della prima infanzia è la modalità più diretta per costruire l’uguaglianza; solo garantendo a ogni bambino l’accesso a un’adeguata nutrizione, salute, istruzione e protezione, soprattutto nei primissimi anni di vita, è possibile porre basi solide a sostegno dello sviluppo futuro di competenze. Pertanto, data la valenza cumulativa delle competenze acquisite nel tempo, la tempestività dell’investimento consente di ottenere i ritorni più elevati. 128 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 L’evoluzione della natura del lavoro sta trasformando le competenze alfabe- tiche e matematiche di base in strumenti di sopravvivenza indispensabili per orientarsi nella vita quotidiana: andare in farmacia, presentare una domanda di lavoro, interpretare le promesse di una campagna (elettorale/pubblicitaria?). La capacità di leggere e lavorare con i numeri è, altresì, un requisito necessario all’acquisizione di competenze avanzate. Sfortunatamente per troppi bambini, la scolarizzazione non si traduce in apprendimento. Milioni di bambini nei paesi a basso e medio reddito, dopo quattro o cinque anni di scolarizzazione, non hanno ancora acquisito le competenze alfabetiche e matematiche di base; da ciò si evince che non basta garantire l’accesso all’istruzione di base. Un contratto sociale calibrato sullo sviluppo della prima infanzia dovrebbe idealmente essere fondato su tre pilastri. Garantire, innanzitutto, ai bambini le componenti essenziali per vivere sani, ricevere una corretta nutrizione e stimoli adeguati durante i primi mille giorni di vita (dal concepimento fino ai 24 mesi di età) e garantire alle madri un adeguato accesso ai servizi di assistenza prenatale, ai vaccini e ai micronutrienti, infine, entrambi i genitori dovrebbero ricevere le informazioni relative all’importanza dell’allattamento al seno e della stimolazione del bambino nei primissimi mesi di vita. Il secondo pilastro verte sulla garanzia di accesso all’istruzione prescolare durante i successivi mille giorni di vita del bam- bino (dai 25 ai 60 mesi di età), ovvero almeno un anno di scuola dell’infanzia di qualità per preparare il bambino all’ingresso nella scuola primaria, attraverso pro- grammi prescolari opportunamente calibrati sull’età dei discenti e affidati a docenti qualificati. Il terzo pilastro concerne, invece, l’importanza della registrazione delle nascite presso l’anagrafe civile, al fine di conferire al bambino il riconoscimento necessario per accedere ai servizi essenziali nel corso della vita. Nell’insieme, tutti questi elementi—assistenza sanitaria prenatale, assistenza alla nascita, vaccini, micronutrienti, informazione dei genitori, scuola dell’infanzia di qualità e registro delle nascite—compongono un pacchetto di interventi di base, atti ad affrontare i fabbisogni dell’infanzia nelle prime fasi di sviluppo e di apprendimento. Un pac- chetto di interventi più ampio includerebbe anche investimenti sull’accesso all’ac- qua potabile e sulle strutture igienico-sanitarie. Diventa, altresì, sempre più impor- tante investire in programmi volti a migliorare la qualità dell’aria, a tal riguardo, sono in atto studi e ricerche sull’efficacia economica di tali programmi. Alcuni paesi stanno già cercando di realizzare questo tipo di contratto sociale. Nell’ambito del programma cubano di sviluppo della prima infanzia, viene effettuato un monitoraggio costante della crescita e dello sviluppo dei bambini. All’inizio di ogni anno scolastico, il settore educativo identifica quelle famiglie oggetto di attenzione specifica. Il progetto cileno Crece Contigo include un pro- grama de acompañamiento familiar, [programma di coaching familiare] che coin- volge le famiglie, le donne in gravidanza e i bambini al di sotto dei 9-10 anni a rischio di problematiche sociali o sanitarie. Il Perù ha semplificato il processo di registrazione delle nascite al fine di facilitare l’accesso ai servizi di sviluppo della prima infanzia, il programma supporta i genitori nel monitoraggio della crescita e della salute dei propri figli e li coinvolge in attività volte a stimolare il bambino fin dai primissimi anni di vita. Nel 2018, la Francia ha varato una legge per garantire a tutti i bambini l’accesso alla scuola dell’infanzia a partire dai 3 anni. Un contratto sociale a garanzia dell’acquisizione delle competenze alfabetiche e matematiche di base consentirebbe agli studenti di possedere una padronanza di tali competenze entro la terza elementare (più o meno all’età di 10 anni). Entro questo livello scolastico, gli allievi dovrebbero essere in grado di leggere per seguire il programma didattico. I bambini che non sanno ancora leggere in Idee di inclusione sociale | 129 terza elementare tentano in tutti i modi di recuperare, ma alla fine rischiano di restare così indientro da non riuscire ad apprendere nulla. Gli ingredienti essenziali di questo pacchetto di interventi includerebbero attività di valuta- zione alla fine della terza elementare, volte a identificare i bambini a rischio, e un’assistenza specifica in lettura e matematica agli allievi dalla prima fino alla terza elementare che necessitano di ulteriore sostegno. Un pacchetto ancora più completo includerebbe anche la garanzia di un rapporto numerico allievo-in- segnante non superiore a 40:1 nel ciclo della scuola primaria e la fornitura di materiale didattico in quantità adeguata, con l’obiettivo di garantire a ciascun allievo un libro di testo durante tutto il ciclo scolastico. Anche in quei paesi dove le risorse sono limitate, esistono modelli validi, eco- nomicamente efficaci e scalabili, a supporto dell’apprendimento delle competenze alfabetiche e matematiche di base entro il terzo anno di scuola elementare. In Liberia e Malawi, la formazione degli insegnanti a una migliore metodologia di valutazione degli studenti associata all’apporto di ulteriore materiale didattico, ha migliorato notevolmente il livello di apprendimento degli allievi delle elementari. A Singapore, all’inizio del primo anno, tutti gli allievi vengono valutati, i bambini che non raggiungono un adeguato livello di competenze alfabetiche di base ven- gono inseriti nel Learning Support Programme [programma di sostegno all’appren- dimento]. Si tratta di approcci piuttosto semplici, fondati sulla formazione degli insegnanti alla corretta valutazione dei propri allievi attraverso semplici misura- zioni delle capacità di lettura, scrittura, comprensione e calcolo di base. I bambini che necessitano di ulteriore supporto ricevono materiale didattico specifico e ven- gono inseriti in attività mirate. Questi modelli sono stati testati con successo in Ghana, India, Giordania e Kenya e fungono da base di partenza per l’elaborazione di previsioni indicative di bilancio e la concezione puntuale di programmi. Il nuovo contratto sociale includerebbe anche elementi di protezione sociale. I rischi crescenti a cui si accompagna la trasformazione del lavoro esigono adeguamenti in materia di protezione dei lavoratori. Un nuovo patto sociale potrebbe prevedere l’erogazione di un reddito minimo, associato a una previ- denza sociale universale, che non dipenda più dalla modalità o dal luogo di lavoro. La garanzia di un minimo sociale potrebbe assumere svariate forme ed essere raggiunta attraverso una serie di programmi o l’ampliamento di singoli interventi. Ciascuna di queste modalità presenta vantaggi comparativi diversi e reca implicazioni di natura politica, amministrativa e di bilancio. I paesi a basso e medio reddito hanno compiuto progressi significativi nel campo dell’assistenza sociale. In Tanzania, la spesa per i trasferimenti monetari condizionati si è decuplicata tra il 2013 e il 2016. Attualmente, il programma serve il 16% della popolazione e assorbe lo 0,3% del prodotto interno lordo (PIL). Nelle Filippine, la spesa per i trasferimenti monetari condizionati si è quin- tuplicata tra il 2009 e il 2015: il programma Pantawid si estende al 20% della popolazione con un costo pari allo 0,5% del PIL. Queste tendenze riflettono una crescita nella platea degli aventi diritto a programmi categoriali o per fascia d’età come nel caso del Child Support Grant in Sudafrica. La platea dei beneficiari del programma è passata da 1 milione nel 2001 a 11 milioni nel 2014, con un costo rispettivamente dello 0,2% e dell’1,2% del PIL. Le esperienze attualmente in corso offrono un’ampia gamma di programmi collaudati, che potrebbero essere ulteriormente estesi. Qualsiasi programma, che sia vecchio o nuovo, dovrebbe sancire la nozione di universalismo progressivo. Questo principio mira deliberatamente a livelli di copertura più elevati, garan- tendo nel contempo maggiori benefici e priorità di accesso per i meno abbienti. 130 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 Spetterà ai governi e ai paesi decidere a quale livello di distribuzione del reddito un cittadino sia da considerarsi beneficiario netto, anziché pagatore netto. I sistemi di previdenza sociale, che coprono il pagamento delle pensioni di anzianità e invalidità, si basano su un rapporto datore di lavoro-dipendente di tipo tradizionale, la cui applicazione nei paesi in via di sviluppo è di fatto limi- tata. Tuttavia, anche nelle economie avanzate le nuove forme di lavoro stanno facendo vacillare sempre di più questo modello, come dimostra il fatto che i lavo- ratori informali spesso non hanno accesso a questa forma di sostegno. Il sistema è finanziato da imposte sul lavoro, che fanno aumentare i costi a carico del datore di lavoro che assume personale. La riforma del contratto sociale potrebbe consi- derare anche una previdenza sociale di base sovvenzionata, specialmente per le fasce più povere, che consentirebbe di equiparare i costi a carico di diversi fattori di produzione, come il capitale e il lavoro, finanziando almeno in parte il sistema attraverso la fiscalità generale e non solo attraverso le imposte sul lavoro. I contratti sociali devono, altresì, fornire opportunità economiche ai giovani adulti, ma spesso per coloro che si affacciano al mercato del lavoro occorre del tempo, affinché si crei occupazione. Per molti giovani, le persistenti disparità in termini di accesso alle competenze appropriate rappresentano altrettanti ostacoli all’occupazione. L’esperienza internazionale dell’“inclusione produttiva” di giovani appartenenti alle fasce sociali più povere e vulnerabili rivela l’esistenza di una vasta gamma di programmi volti ad avvicinare questi giovani a opportunità di lavoro retribuito o autonomo. Interventi di questo tipo possono includere forme di inte- grazione salariale, programmi di lavoro nella realizzazione di opere pubbliche, sov- venzioni all’imprenditorialità e trasferimenti di attività (spesso nell’ambito dei cosid- detti “graduation model”), coaching, stage, tirocini, e varie modalità di formazione. Dall’evidenza empirica si evince che questi programmi producono effetti misti e che il rapporto costo-efficacia dipende dalla profilazione dell’utenza, dalla concezione del programma e dalle specificità dei contesti. Per esempio, le integrazioni salariali potrebbero essere una misura appropriata in contesti peri-urbani dove esistono grandi parchi industriali, mentre i graduation scheme sono in larga misura destinati alle popolazioni rurali (associati ai trasferimenti di attività come il bestiame). Finanziare l’inclusione sociale L’inclusione sociale comporta una spesa elevata. Le simulazioni mostrano che i buil- ding block del capitale umano, incluso lo sviluppo della prima infanzia e il sostegno all’apprendimento delle competenze alfabetiche e matematiche di base entro la terza elementare, costerebbero circa il 2,7% del PIL nei paesi a basso reddito e l’1,2% del PIL nei paesi a reddito medio-basso. Si stima che il costo di un pacchetto più completo di interventi volti a costruire il capitale umano sia pari all’11,5% del PIL nei paesi a basso reddito e al 2,3% del PIL nei paesi a reddito medio-basso. Queste stime si basano su un modello relativo ai paesi in via di sviluppo che tiene conto di tutte le componenti di spesa, oltre a ipotesi fondate sui dati. I costi stimati riguardano la realizzazione degli interventi relativi alla costruzione del capitale umano, indipen- dentemente dal livello di reddito o dal tasso di copertura dei programmi esistenti. I costi effettivi potrebbero essere inferiori per quei paesi che scelgono di avvalersi dei programmi esistenti. La figura 7.1 riporta le stime effettuate su tre scenari: un paese a basso reddito (Mali), un paese a reddito medio-basso (Indonesia), e un paese a reddito medio-alto (Colombia). I costi necessari a garantire un minimo sociale varierebbero in base al contesto e alle scelte di progettazione dell’intervento. Un pacchetto di misure assistenziali Idee di inclusione sociale | 131 FIGURA 7.1 La realizzazione di alcuni elementi specifici del nuovo contratto sociale avrebbe un costo maggiore per i paesi a basso reddito rispetto ai paesi a reddito medio-basso e ai paesi a reddito medio-alto 20 15 % del PIL 10 5 0 Basso reddito Reddito medio-basso Reddito medio-alto Pacchetto di base Pacchetto più completo Interventi a favore della costruzione Interventi a favore della costruzione del capitale umano del capitale umano Interventi socio-assistenziali Interventi socio-assistenziali (sotto forma di UBI) (sotto forma di UBI) Interventi a favore dei giovani adulti Interventi a favore dei giovani adulti (inclusione produttiva) (inclusione produttiva) Fonte: team WDR 2019. Cfr. Zheng e Sabarwal (2018) sul pacchetto di interventi a favore della costruzione del capitale umano. Nota: Il pacchetto di interventi di base a favore della costruzione del capitale umano include (1) sostegno allo sviluppo della prima infanzia, compresa l’assistenza sanitaria prenatale, l’assistenza alla nascita, le vaccinazioni, i micronutrienti, gli interventi di informazione/formazione per i genitori, la registrazione delle nascite, e almeno un anno di scuola dell’infanzia di qualità per tutti i bambini; (2) valutazioni dell’apprendimento alla fine della terza elementare per identificare gli allievi a rischio; e (3) attività di assistenza allo studio in lettura e matematica per gli allievi dal primo al terzo anno di elementari che hanno bisogno di un ulteriore supporto. Il pacchetto più completo, include, oltre agli interventi compresi nel pac- chetto di base, i seguenti elementi: (1) accesso all’acqua potabile e a servizi igienico-sanitari adeguati; (2) un rapporto numerico allievo-insegnante non superiore a 40:1 nel ciclo della scuola primaria; e (3) un libro di testo per ciascun allievo durante il ciclo scolastico della scuola primaria. I costi unitari specifici per elemento sono tratti da studi rigorosi sui relativi programmi attuati nei paesi, dove disponibili. In alternativa, sono state considerate le stime dei costi più recenti adatte al livello di reddito del paese. I calcoli sugli aventi diritto si basano sui dati di popolazione dei World Population Prospects dell’ONU, mentre altri dati relativi al contesto-paese come il prodotto interno lordo (PIL), l’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari e ai tassi di competenza prevalenti sono tratti dal database degli Indicatori di sviluppo mondiale della Banca Mondiale e da altri studi. Il pacchetto base di interventi socio-assistenziali comprende il reddito universale di base (UBI) destinato agli adulti e fissato al livello medio del poverty gap. Il pacchetto più completo di interventi socio-as- sistenziali include l’UBI per la totalità della popolazione fissato al livello medio del poverty gap. Per maggiori dettagli sulla determinazione dei costi dell’UBI si veda il capitolo 6. Le stime si basano su paesi specifici per ciascun gruppo di reddito (basso reddito, Mali; reddito medio-basso, Indonesia; reddito medio-alto, Colombia). I risultati in quanto tali sono da rite- nersi indicativi. In relazione al metodo di elaborazione delle stime sui giovani adulti, si veda la nota 11 del presente capitolo. di base costerebbe il 9,6% del PIL nei paesi a basso reddito, il 5,1% nei paesi a reddito medio-basso e il 3,5% nei paesi a reddito medio-alto. Le stime si avval- gono del reddito di base universale (UBI), fissato al livello medio del poverty gap e destinato agli adulti. Un intervento più ambizioso, in cui l’UBI sia destinato a tutta la popolazione, bambini inclusi, costerebbe il 9% del PIL nei paesi a red- dito medio-basso e il 5,2% del PIL nei paesi a reddito medio-alto. Nei paesi più poveri, una tale misura avrebbe un costo a due cifre.9 A seconda dei contenuti dei provvedimenti per la costruzione del capitale, il costo medio di un intervento a favore di 1 miliardo di giovani adulti presenti nel mondo, tra i 20 e i 29 anni, sarebbe compreso tra 831 e 1.079 dollari a par- ticipante.10 Per attuare la misura in favore dei giovani adulti vulnerabili, pari al 12,8% del gruppo di età,11 il costo complessivo si situerebbe tra il 2,9% e il 3,8% del valore medio del PIL nei paesi a basso reddito, tra lo 0,9% e l’1,1% nei paesi a reddito medio-basso e tra lo 0,2% e lo 0,3% nei paesi a reddito medio-alto. 132 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 FIGURA 7.2 I paesi ad alto reddito Pertanto, un nuovo contratto realizzano una percentuale molto più sociale richiederebbe un’ingente elevata del prodotto nazionale attraverso mobilizzazione di risorse da parte le imposte, soprattutto le imposte dirette della maggior parte dei governi in rispetto ai paesi a basso reddito tutto il mondo. Gli attuali modelli 25 fiscali rivelano differenze consistenti, soprattutto tra i paesi a basso, medio e alto reddito. Rispetto ai paesi a 20 basso reddito, i paesi ad alto reddito 11 realizzano una percentuale molto 15 6 % del PIL più elevata del prodotto nazionale 5 attraverso le imposte, soprattutto 10 5 5 le imposte dirette, mentre i paesi a 4 basso e medio reddito traggono più 5 risorse dalle imposte indirette, come 7 7 5 le imposte sulle attività produttive e 0 sui consumi (figura 7.2). Basso reddito Medio reddito Alto reddito La mobilizzazione di ulteriori Imposte generiche sulle vendite e IVA risorse è praticabile nella maggior Altre imposte indirette Imposte dirette parte dei paesi; infatti, come suggeri- scono le stime, attraverso una com- Fonte: team WDR 2019, sulla base del Data Set dell’International Centre for Tax and Development’s Government Revenue. binazione di interventi di riforma Nota: valori medi per gruppo di reddito. Dati relativi a 113 paesi 2015 volti ad aumentare l’efficienza, a circa. PIL = prodotto interno lordo; IVA = imposta sul valore aggiunto. sfruttare le nuove tecnologie per favorire l’obbligo degli adempimenti tributari e a creare nuove fonti di gettito fiscale, i paesi dell’Africa Sub-sahariana potrebbero ricavare risorse aggiuntive comprese tra il 3% e il 5% del PIL.12 I governi potrebbero ridurre le disparità in materia di politiche e adempimenti fiscali agendo su una serie di dispositivi fiscali (figura 7.3), quali l’imposta sul valore aggiunto, le accise, le imposte sui redditi delle società e delle persone fisiche e sul patrimonio immobiliare, ma anche attraverso l’implementazione di regimi fiscali per le industrie del settore estrattivo nei paesi ricchi di risorse naturali. L’IVA è potenzialmente una consistente fonte di reddito e rientra spesso tra i primi interventi di riforma nei paesi in via di sviluppo. Tuttavia, in alcuni paesi, come le Maldive e il Myanmar, l’IVA non viene applicata. Molti altri, in partico- lare in Africa sub-sahariana, continuano a trarre risorse dalle imposte generiche sulle vendite come accade in Angola, nelle Comore, in Guinea-Bissau, in Libe- ria e nelle isole di São Tomé e Príncipe. L’introduzione dell’IVA in luogo delle imposte generiche sulle vendite evita l’effetto della tassazione a cascata (ovvero il pagamento di imposte su altre imposte) tassando solo il valore aggiunto in ciascun segmento della value chain. Detto ciò, nelle economie emergenti un’eventuale introduzione dell’IVA, produrrebbe solo un impatto limitato nella generazione di risorse finanziarie. Una scarsa capacità fiscale spesso crea problemi nella riscossione delle imposte a causa di una applicazione lacunosa. L’aumento delle aliquote IVA in paesi che già impongono questa tassa, l’eliminazione delle esenzioni fiscali e la conver- genza verso un’aliquota uniforme potrebbero generare notevoli risorse, sempli- ficando, in parte, l’intero sistema. Il Sudafrica e i paesi dell’Africa sub-sahariana come il Lesotho, Mauritius, e il Senegal non applicano molte esenzioni fiscali. Invece il Camerun, il Malawi e lo Zambia vantano una lunga lista di esenzioni. In America Latina, in paesi come il Costa Rica, la Repubblica Dominicana, Idee di inclusione sociale | 133 l’Honduras e l’Uruguay, le detra- FIGURA 7.3 L’imposta sul valore zioni e le esenzioni relative all’IVA aggiunto è una potenziale risorsa di rappresentano, stando alle stime, finanziamento dell’inclusione sociale un mancato gettito fiscale pari a soprattutto per i paesi a basso reddito oltre il 3% del PIL.13 In Vietnam, la 6 transizione a un’aliquota IVA uni- forme pari al 10% associata a una 5 consistente riduzione delle esen- zioni fiscali potrebbe far aumen- 4 % del PIL tare il gettito fiscale dell’11%.14 3 Con ogni probabilità, anche le imprese informali verserebbero 2 l’IVA, se l’obbligo di pagamento dell’imposta fosse accompagnato 1 da misure incentivanti, servizi di 0 assistenza, strategie di sensibiliz- IVA Accise Imposte Abolizione zazione mirata e incentivi all’as- catastali delle sovvenzioni solvimento degli obblighi tributari. energetiche L’estensione della portata dell’IVA Basso reddito Medio reddito consentirebbe, altresì, di ridurre Fonti: team WDR 2019, sulla base del Data Set dell’International le distorsioni tra i settori dell’eco- Centre for Tax and Development’s Government Revenue; Norre- gaard (2013); FMI (2015). nomia assoggettati all’imposta e Nota: In relazione all’imposta sul valore aggiunto (IVA) e alle quelli che ne sono esenti, miglio- accise, le stime si basano sulla differenza tra il gettito fiscale medio riscosso in termini di percentuale del prodotto interno rando, in ultima istanza, anche la lordo (PIL) per i tre paesi che occupano le prime posizioni nel produttività economica e aumen- gruppo di reddito e la percentuale media per tutti i paesi nel gruppo. La categoria IVA include le imposte sul valore aggiunto tando ulteriormente le risorse e sulle vendite. In relazione alle imposte catastali, l’attenzione viene incentrata sull’imposta sui beni immobili. Le stime per i finanziarie dello Stato. paesi a medio reddito sono state tratte da Norregaard (2013), L’imposta sul valore aggiunto il cui metodo è simile a quello utilizzato nel presente studio per le imposte sul valore aggiunto e le accise. Per i paesi a basso è spesso considerata un’impo- reddito, che non dispongono di dati sistematici, si utilizza una stima conservativa dello 0,5% del PIL che riflette la minore capa- sta regressiva rispetto al reddito, cità di questi paesi di tassare la proprietà immobiliare in ragione della scarsità e incompletezza dei registri catastali. Il potenziale in ragione del fatto che i poveri gettito fiscale derivante da un miglioramento dell’adempimento spendono una quota maggiore del spontaneo è tratto da dati del FMI (2015), che segnala potenziali incrementi di circa il 15%, ovvero circa l’1% del PIL, derivanti dal loro reddito per i consumi rispetto miglioramento dell’adesione spontanea agli obblighi tributari in materia di IVA. Questa cifra è utilizzata come miglior soluzione ai ricchi. Sebbene le imposte sui fattibile [lower bound] per ottenere potenziali risorse da un consumi appaiano regressive se miglioramento dell’adesione spontanea agli obblighi tributari all’interno della totalità del sistema fiscale. In relazione alle sov- commisurate al reddito familiare, venzioni energetiche, le stime si basano sulla serie di dati del 2015 relativi alle stime per paese del Fondo Monetario Interna- le medesime, se commisurate alla zionale (FMI 2015). A differenza delle imposte, le risorse deri- vanti dall’abolizione delle sovvenzioni energetiche sarebbero spesa delle famiglie, sono propor- disponibili solo in quei paesi dove esistono tali sovvenzioni. zionali o leggermente progressive. In molti paesi, alcuni prodotti alimentari di base come il latte e il pane e alcuni farmaci sono esenti IVA, per garantire alle fasce meno abbienti di acquistare que- sti prodotti a costi inferiori. Le simulazioni effettuate su quattro paesi a basso e medio reddito, nella fattispecie, Etiopia, Ghana, Senegal e Zambia, mostrano che, sebbene aliquote IVA preferenziali riducano la povertà, queste tuttavia non offrono soluzioni efficaci per le famiglie povere. Ne consegue che, un UBI (reddito universale di base) finanziato con il 75% di gettito fiscale riscosso attraverso una base imponibile IVA più ampia, pur non essendo una misura categoriale, potrebbe comunque generare consistenti vantaggi economici netti per le famiglie povere.15 Un’ulteriore fonte di possibili entrate tributarie relativamente accessibile è rappresentata dalle accise, una tipologia di imposte facilmente applicabili e com- patibili con la maggior parte degli ordinamenti fiscali. Nel 2015, i paesi dell’Africa 134 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 sub-sahariana hanno riscosso meno della metà (pari all’1,4% del PIL) delle accise riscosse in Europa. Tra i paesi dell’Africa sub-sahariana esistono grandi differenze nelle modalità di riscossione delle accise, ragion per cui, in molti paesi come il Benin, la Costa d’Avorio, il Madagascar, il Mozambico, la Nigeria e la Sierra Leone, le risorse provenienti dalla riscossione delle accise non arrivano all’1% del PIL. I governi spesso si servono delle accise per porre in essere interventi di social welfare o di sostenibilità ambientale, aggiungendo il costo di esternalità negative derivanti dal consumo di prodotti come alcool, tabacco o cibi non sani, nonché dalle emissioni inquinanti. Talune accise sono considerate regressive, perché le famiglie più povere tendono a spendere di più per i beni di consumo. Occorre, tuttavia, ponderare questa percezione rispetto ai benefici derivanti da tali impo- ste su un orizzonte temporale più esteso in termini di spese mediche inferiori e una vita lavorativa più lunga, in condizioni di salute migliori. Le imposte sul carbonio acquisiscono una valenza sempre più rilevante dal momento che politiche efficaci di fissazione del prezzo del carbonio a livello nazionale potrebbero far aumentare sostanzialmente le entrate dello Stato con stime che superano il 6% del PIL in Cina, nella Repubblica Islamica dell’Iran, nella Federazione Russa e in Arabia Saudita.16 Secondo uno studio sui 20 paesi maggiormente responsabili delle emissioni di biossido di carbonio, una valida politica nazionale di fissazione del prezzo del carbonio potrebbe generare, potenzialmente, entrate aggiuntive pari a quasi il 2% del PIL.17 Se le risorse derivanti da tali misure venissero utilizzate per alleggerire il regime fiscale nella sua totalità, i vantaggi netti della fissazione del prezzo del carbonio aumentereb- bero considerevolmente. Oggi, ad eccezione del Brasile e degli Stati Uniti, quasi tutte le grandi economie applicano le imposte sul carbonio, sebbene le rispettive aliquote in essere varino sensibilmente.18 Un incremento graduale dei prezzi del carbonio potrebbe attenuare gli effetti a breve termine sulla competitività produttiva delle economie in via di sviluppo. Le imposte sul carbonio potrebbero accompagnarsi all’abolizione delle sovven- zioni alle fonti energetiche utilizzate direttamente dai consumatori. A livello mon- diale, la spesa pubblica per queste sovvenzioni ammonta a 333 miliardi di dollari. La soppressione delle sovvenzioni energetiche recherebbe vantaggi sostanziali al bilancio dello stato: in molti paesi la spesa generale per le sovvenzioni supera la spesa pubblica media per l’assistenza (i paesi a destra della retta 45° rappresentati nella figura 7.4). La spesa media per le sovvenzioni energetiche nel Medio Oriente e nella regione del nord Africa è tre volte superiore alla spesa per l’assistenza sociale. Tuttavia, l’abolizione delle sovvenzioni energetiche deve essere preceduta da un’analisi di impatto sulla povertà, soprattutto in relazione alle fonti combusti- bili maggiormente utilizzate dai ceti sociali più poveri, come il cherosene. Oltre alle imposte sui beni e servizi, le tasse sul reddito delle persone fisiche e delle imprese possono svolgere una funzione importante al fine di incrementare le entrate nei paesi in via di sviluppo. La tecnologia non serve solo a migliorare le modalità di erogazione e fruizione degli interventi assistenziali, ma può anche facilitare la riscossione delle imposte ampliando la platea di contribuenti regolar- mente registrati e la quantità di contributi previdenziali versati. L’erosione della base imponibile delle imprese è un problema che coinvolge molti paesi e che deriva principalmente dal connubio tra esenzioni (agevolazioni fiscali) e scappa- toie fiscali previste dal sistema internazionale di tassazione dei redditi societari, generando in tal modo comportamenti elusivi. Un’imposta effettiva maggiorata sui redditi delle società potrebbe limitare l’erosione della base imponibile e le pra- tiche di trasferimento dei profitti, affrontando nello stesso tempo il fenomeno del Idee di inclusione sociale | 135 FIGURA 7.4 In alcuni paesi la spesa per le sovvenzioni energetiche supera la spesa per l’assistenza sociale Ucraina 4 Spesa in assistenza sociale (% del PIL) Sudafrica Namibia Repubblica del Kirghizistan Bielorussia Iraq Angola Bolivia 2 Burkina Faso Capo Verde Kazakhstan Malawi Mozambico Marocco Giordania Arabia Saudita Tunisia Tajikistan Tanzania Libano Gibuti Zambia Myanmar Costa d’Avorio Repubblica del Congo 0 0 2 4 6 8 Spesa per le sovvenzioni energetiche (% del PIL) Fonti: team WDR 2019, dati tratti dal database della Banca Mondiale (2018a) e del Fondo Monetario Internazionale (2015) relativo alle stime per paese. Nota: La figura riporta le ultime stime disponibili. PIL = prodotto interno lordo. crescente potere di mercato delle aziende. Si potrebbe ipotizzare di aumentare le aliquote fiscali effettive, razionalizzando le agevolazioni e le esenzioni, introdu- cendo rigide norme anti-elusione come la disciplina delle CFC [controlled foreign corporation], limiti alla deducibilità degli interessi, e tassando il pagamento di servizi. Il prelievo alla fonte sta diventando una forma di tassazione sempre più importante in ragione della crescente presenza, a livello mondiale, di piattaforme e di aziende prevalentemente digitali prive o quasi di beni materiali. Le imposte sul patrimonio immobiliare rappresentano un’altra forma ricor- rente di tassazione che potrebbe essere sfruttata nella maggior parte dei paesi in via di sviluppo per incrementare le risorse. Queste imposte non hanno effetti distortivi sul mercato del lavoro, sull’accumulo di capitale umano o su decisioni relative a percorsi di innovazione; producono, altresì, una fonte di reddito sta- bile e sono meno suscettibili alle fluttuazioni economiche nel breve periodo, oltre a essere delle imposte difficili da eludere. È improbabile che le imposte 136 | RAPPORTO SULLO SVILUPPO MONDIALE 2019 sul patrimonio immobiliare confluiscano automaticamente nella realizzazione di programmi nazionali di protezione sociale (essendo generalmente riscosse dalle amministrazioni locali), ciò nonostante potrebbero essere utilizzate per finanziare servizi sociali a livello regionale o comunale o per ridurre la quota di trasferimenti statali alle amministrazioni locali. In media, attraverso le imposte sui beni immobili, i paesi ad alto reddito ricavano risorse pari all’1,1% del PIL, mentre nei paesi a medio reddito il gettito derivante da queste imposte si attesta attorno allo 0,4% del PIL.19 Eppure, per tutti i paesi queste imposte rappresen- tano un potenziale di reddito inutilizzato. Si stima che tale potenziale inutilizzato sia pari allo 0,9% del PIL nei paesi a medio reddito e arrivi fino al 2,9% nei paesi ad alto reddito.20 Si calcola anche che per i governi dell’Africa sub-sahariana l’assenza totale delle imposte sui beni immobili o la loro limitata applicazione, si traduce in un mancato gettito compreso tra lo 0,5% e l’1% del PIL. Anche se alcuni paesi prevedono per legge le imposte sul patrimonio immobi- liare, le risorse derivanti dalla riscossione di tali imposte sono limitate a causa della scarsa applicazione delle norme e dell’informalità. È quasi impossibile assicurare il rispetto degli obblighi tributari relativi alle imposte sui beni immobili in paesi dove non esistono chiare leggi in materia di proprietà immobiliare e catasto. In Camerun e in Ruanda, i terreni regolarmente registrati al catasto rappresentano meno dell’1% della totalità delle terre. Tuttavia, nonostante l’esiguo numero di terre regolarmente registrate è stato possibile, comunque, introdurre imposte catastali specifiche nella maggior parte dei paesi dell’Africa sub-sahariana. Per esempio, si potrebbero applicare imposte catastali sui diritti di godimento, come in Zambia, o su altri diritti di proprietà limitata come nel caso delle concessioni in Camerun e nella Repubblica Democratica del Congo. Tuttavia, anche se tutti i patrimoni immobiliari venissero tassati e registrati al catasto, le aliquote sareb- bero ancora troppo basse, oppure la rivalutazione degli immobili sarebbe troppo sporadica da generare un impatto significativo sulle entrate. Sebbene le imposte catastali si stiano diffondendo sempre di più in Africa sub-sahariana, alcuni paesi tra cui il Botswana, il reame di eSwatini (l’ex Swaziland), il Lesotho, il Malawi e lo Zimbabwe, adottano ancora la formula del pagamento una tantum. Altri paesi stanno introducendo misure volte a estendere la base imponibile: nel 2010 il Vie- tnam ha introdotto un’imposta sui terreni non agricoli e la Cina sta prendendo in considerazione l’applicazione della tassa sulla casa. La tecnologia contribuisce a migliorare la riscossione delle imposte sugli immobili attraverso la digitalizzazione del catasto e se coadiuvata da un’applica- zione severa delle norme, consentirà di aumentare le entrate in maniera signi- ficativa. Nel 2010, le tasse riscosse sulla proprietà immobiliare urbana a Lahore, in Pakistan, erano tra le più basse del mondo, pari allo 0,03% del PIL dello Stato. La media relativa alle grandi città nei paesi in via di sviluppo si attesta allo 0,6%. Tra il 2012 e il 2013, grazie alla digitalizzazione dei registri catastali nella città di Lahore è stato possibile aggiungere 1,7 milioni di proprietà precedentemente non censite, con un conseguente aumento del gettito derivante dall’imposta comunale sui beni immobili del 102%. Infine, alcuni paesi in via di sviluppo ricchi di risorse potrebbero essere in grado di mobilizzare queste risorse, introducendo o migliorando i regimi applicabili alle industrie estrattive. La tassazione delle risorse naturali e le royalties su petrolio, gas e risorse minerarie potrebbero contribuire sostanzialmente a soddisfare il fab- bisogno finanziario di molte economie emergenti. È stato calcolato che l’impatto di una maggiore produzione sulle entrate statali si aggira attorno all’1% del PIL del 2011 per l’Africa sub-sahariana (presupponendo che il governo detenga il Idee di inclusione sociale | 137 50% delle rendite). Il potenziale di reddito è addirittura maggiore in altri paesi: il 27% del PIL in Mozambico per attività di prospezione del gas e il 147% del PIL in Liberia per esplorazioni petrolifere e di materiali ferrosi.21 Per prepararsi e adattarsi al lavoro che cambia occorre un contratto sociale forte. Gli elementi specifici di tali contratti possono variare, ma ciò che conta è che essi garantiscano gli opportuni investimenti in istruzione e protezione sociale. È noto, tuttavia, che per supportare un’azione di rilancio in questi settori, il bilancio dello Stato deve dotarsi di cospicue risorse. Il legislatore ha davanti a sé molte- plici opzioni di finanziamento, la cui praticabilità richiederà attente valutazioni di natura tecnica, unite a una leadership politica di respiro nazionale e mondiale. Note   1. Fisher e Taub (2017).   2.  Desai e Kharas (2017).   3.  Banca Mondiale (2018b).   4.  Saavedra e Tommasi (2007).   5.  Daruich (2018).   6.  Sen (1999).   7.  Canning, Raja, e Yazbeck (2015).   8.  Trotsenburg (2015).   9. Il livello internazionale della soglia di povertà utilizzato nelle simulazioni varia a seconda della categoria di reddito per paese. 10.  Il costo massimo includerebbe un tipico graduation package multiprogramma, il cui costo (1.079 dollari) è calcolato come costo medio di sei interventi in paesi in via di sviluppo (Banerjee et al. 2015). Il pacchetto meno costoso si basa su programmi di formazione professionale, il cui costo medio (831 dollari) è basato sulle esperienze di otto paesi in via di sviluppo che applicano tali programmi (McKenzie 2017). 11.  In mancanza di dati sulla povertà giovanile, la figura si riferisce al tasso globale di disoccupazione giovanile stimato al 12,8% nel 2016, ovvero 135 milioni di giovani adulti nei paesi a basso e medio reddito (O’Higgins 2016). 12.  FMI (2018). 13.  Banca Mondiale (2017a). 14.  Banca Mondiale (2017b). 15.  Harris et al. (2018). 16.  Parry, Veung, e Heine (2014). 17.  Parry, Veung, e Heine (2014). 18.  Djankov (2017). 19.  Norregaard (2013). 20.  Norregaard (2013). 21.  FMI (2012). 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